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Il gran conflitto - Contents
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    Composizione dell’opera

    Per tentare di offrire qualche risposta, dobbiamo iniziare facendo riferimento all’autrice, Ellen G. White, e al periodo storico in cui visse. È necessario chiarire subito che Il gran conflitto è per certi aspetti un’opera collettiva, non è il frutto di un’elaborazione personale, ma la sintesi, se così possiamo dire, di un giudizio storico di studiosi protestanti della prima metà del XIX secolo. Studi recenti2Cfr. W.T. Rea, The White Lie, M. e R. Publication, 1982; D.R. McAdams, “Shifting view of Ispiration: Ellen G. White Studies in the 1970’s?” in Spectrum n. 10, March 1980, 27-41; I. Linden, The Last Trump. hanno dimostrato il profondo influsso di autori quali Daniel March, James A. Wylie, J.H. Merle d’Aubigné e di studiosi Avventisti del 7° Giorno (cioè appartenenti alla stessa denominazione religiosa dell’autrice) come Uriah Smith e John N. Andrews. Anche se spesso non sono citati (l’idea del “copyright” si affermò definitivamente solo nel XX secolo), il pensiero e le valutazioni di questi autori permeano tutta la prima parte del libro. La genesi di quest’opera è piuttosto elaborata. Infatti essa inizia con il quarto volume di The Spirit of Prophecy (1884), lavoro ampliato nel 1888 con il titolo originale di The Great Controversy between Christ and Satan. È proprio nel corso di questo ampliamento che fu inserito molto materiale tratto dalle opere degli autori citati.3Cfr. J.N. Andrews, History of the Sabbath, Battle Creek, Stean Press, 1862; D. March, Night Scenes in the Bible, Zeigler, McCurdy, Philadelphia, 1868-1870; D. March, Walks and Homes of Jesus, Presbyterian Pub. Committee, 1856; J.H. Merle d’Aubigné, History of the Reformation, vol. 4, bk 9, Collins, Glasgow and London, 1841. Nell’edizione finale del 1911 alcuni di questi prestiti letterari (circa 400 riferimenti a 88 autori) furono esplicitamente riconosciuti; di altri invece (soprattutto per quanto riguarda la loro consistenza) siamo venuti a conoscenza solo recentemente.GC 6.1

    Il pensiero dell’autrice si colloca all’interno della teologia dei movimenti di risveglio evangelico che fanno riferimento al ritorno del Cristo. Il movimento avventista, di cui Ellen G. White fu certamente tra i maggiori protagonisti, si distinse per l’enfasi che poneva sui “segni dei tempi” e cioè sull’attenzione alla storia come scenario del conflitto fra il bene e il male, fra Cristo e Satana.GC 6.2

    L’avventismo si riconosceva come erede del protestantesimo classico e non come fenomeno settario e marginale. È proprio per questa rivendicazione di ortodossia e di continuità storica che l’autrice sorvolò per esempio sull’avversione di Lutero e Melantone all’osservanza del sabato (nonostante il recupero del sabato biblico avesse un’enorme importanza per gli Avventisti del 7° Giorno), così come ignorò il rifiuto di Miller di aderire al movimento religioso a cui lei stessa apparteneva. Nonostante ciò, sia Lutero, sia Miller, sia Calvino (di cui la White non condivideva l’idea della predestinazione) sono presentati in quest’opera come eroi della fede. Questo recupero del passato fu possibile perché gli Avventisti del 7° Giorno non ritenevano di essere gli unici beneficiari della grazia di Dio e non pensavano che la salvezza fosse riservata unicamente al loro piccolo gruppo.GC 7.1

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