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Contemplare La Vita Di Cristo - Contents
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    La fedeltà di Giuseppe verso Dio, 8 novembre

    Non temete... Voi avete macchinato del male contro di me... ma DIO ha voluto farlo servire al bene, per compiere quello che oggi avviene: conservare in vita un popolo numeroso.CC 322.1

    Genesi 50:19,20CC 322.2

    La carovana che portava Giuseppe prigioniero si dirigeva verso sud, in Egitto, e lungo il percorso passò vicino ai confini di Canaan, Giuseppe intravide in lontananza le colline sulle quali si trovava il suo accampamento. Al pensiero di suo padre così affettuoso, ormai solo e angosciato, il giovane pianse amaramente. Ripensò alla terribile esperienza di Dotan, ai suoi fratelli infuriati e ai loro sguardi crudeli, fissi su di lui. Nelle sue orecchie risuonava ancora le risposte offensive e pungenti alle sue suppliche angosciate. Il futuro lo spaventava. Com’era cambiata la sua situazione: da figlio teneramente amato, a schiavo disprezzato e senza speranza. Solo e senza amici, quale sarebbe stato il suo destino nel paese straniero verso cui stava andando? Per qualche tempo Giuseppe si abbandonò al dolore e alla paura.CC 322.3

    Tuttavia, Dio si prese cura di lui. Questa esperienza si sarebbe trasformata, infatti, in una benedizione. In poche ore Giuseppe aveva già imparato una lezione che non avrebbe compreso altrimenti, neppure in tanti anni di vita. Il padre spinto da un affetto profondo e tenero, aveva peccato di parzialità e condiscendenza eccessiva nei suoi confronti. La sua incauta predilezione aveva provocato la collera dei fratelli e li aveva portati a compiere un’azione crudele, che lo aveva allontanato dalla sua casa. Le conseguenze della debolezza paterna erano evidenti nel carattere di Giuseppe. Le tendenze negative che Giacobbe aveva incoraggiato dovevano essere corrette. Il ragazzo, infatti, sarebbe diventato vanitoso ed esigente. Abituato alle premure del padre, si sentì impreparato ad affrontare le difficoltà della vita solitaria e dura che lo attendeva, come straniero e schiavo.CC 322.4

    Allora Giuseppe si ricordò del Dio di suo padre. Da Ragazzo aveva imparato ad amarlo e a rispettarlo. Nella tenda di Giacobbe, aveva spesso udito il racconto della visione che egli aveva avuto durante la sua fuga verso esilio. Conosceva le promesse del Signore e sapeva che si erano adempiute: nei momenti difficili gli angeli di Dio erano stati vicini a suo padre per consolarlo, avvisarlo e proteggerlo. Sapeva inoltre, che Dio, nel Suo amore, avrebbe offerto all’uomo un Redentore. Tutte queste preziose lezioni gli ritornarono in mente proprio in quei momenti. Giuseppe sapeva che il Dio di Giacobbe sarebbe stato anche il suo Dio. Perciò egli si affidò completamente a Protettore d’Israele e lo pregò di rimanere con lui nella sua terra d’esilio. Aveva deciso di ubbidire all’Eterno, in ogni circostanza. Egli avrebbe servito il Signore con tutto il cuore e avrebbe affrontato ogni prova con coraggio, compiendo il suo dovere con fedeltà. L’esperienza di quel giorno fu decisiva per la vita di Giuseppe. Una terribile disgrazia aveva trasformato un ragazzino viziato in un uomo riflessivo, coraggioso e padrone di sé.CC 322.5

    Patriarchs and Prophets, pp. 213,214CC 322.6

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