La pecora smarrita
Invece di rifarsi alle parole della Scrittura Cristo fece ricorso in questa parabola all’esperienza stessa degli ascoltatori. I vasti altopiani situati ad est del Giordano offrivano ricchi pascoli alle greggi, e capitava spesso che una pecora si smarrisse fra le gole e le colline boscose dove solo un pastore premuroso e infaticabile riusciva a ritrovarla e riportarla all’ovile. Fra gli ascoltatori di Gesù c’erano pastori e proprietari di greggi e armenti che intendevano il suo paragone: “Chi è l’uomo fra voi, che, avendo cento pecore, se ne perde una, non lasci le novantanove nel deserto e non vada dietro alla perduta finché non l’abbia ritrovata?” Luca 15:4.PV 123.2
Anche queste persone che voi disprezzate, voleva dire Gesù, appartengono a Dio, sono sue perché le ha create e redente e rimangono preziose ai suoi occhi. Come il pastore ama le pecore e non si dà pace se gliene manca una sola, così il Padre ama gli esseri più abietti ed emarginati, ma in misura infinitamente più grande. L’individuo può ribellarsi contro questo amore, allontanarsi da lui e scegliersi un altro maestro, nondimeno egli resta proprietà di Dio che vuole assolutamente recuperare il suo. Dio dice: “Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore, e le ritrarrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre”. Ezechiele 34:12.PV 123.3
Il pastore della parabola va alla ricerca di un’unica pecora, il minimo numero possibile, e anche Cristo sarebbe morto per una sola anima perduta.PV 124.1
La pecora smarrita e lontana dal gregge è la creatura più sprovveduta ed il pastore deve andare a cercarla perché da sola non saprebbe ritrovare la via del ritorno. Similmente chi si allontana da Dio è debole come la pecora smarrita e non saprebbe ritornare a Dio senza l’intervento dell’amore divino.PV 124.2
Quando il pastore si accorge che una pecora manca, non sta a guardare con noncuranza il gregge che è rimasto al sicuro, dicendo “Ne ho altre novantanove e mi costerebbe troppo andarne a cercare una che si è smarrita. Aspetterò che torni indietro, e quando sarà arrivata, le aprirò la porta dell’ovile e la farò entrare”. Niente affatto! Non appena nota l’assenza dell’animale, comincia a preoccuparsi e a rattristarsi, conta e riconta il gregge, e quando è sicuro che una pecora non c’è, invece di mettersi a dormire, lascia le novantanove nell’ovile e va in cerca di quella perduta. Man mano che la notte si fa più buia e tempestosa e la via più pericolosa, cresce la sua ansia ed il suo fervore nel ricercarla, non bada a sforzi e a fatiche finché non la ritrova.PV 124.3
Con quale sospiro di sollievo ascolta in lontananza il suo primo tenue lamento! Lo segue, si arrampica per i pendii più ripidi, avanza fino all’orlo del precipizio a rischio della propria vita. Continua le sue ricerche, mentre il belato sempre più flebile gli fa capire che la sua povera bestia sta morendo. Ma alla fine i suoi sforzi sono premiati e ritrova la pecorella! Non la sgrida per avergli procurato tanti guai, non la caccia davanti a sé con la frusta, non tenta nemmeno di ricondurla all’ovile: dalla gioia si carica sulle spalle quella creatura tremante, la prende fra le braccia se è ferita o contusa, se la stringe al petto per rianimarla col calore del suo corpo. Grato per non averla cercata invano, la riporta al gregge.PV 124.4
Grazie a Dio Cristo non ci presenta qui l’immagine di un pastore che deve ritornarsene triste e a mani vuote. La parabola non ci parla di un fallimento, bensì di successo e gioia per il ritrovamento! Ecco la garanzia che Dio non ignorerà una sola pecora smarrita del suo gregge, né che l’abbandonerà in balia di se stessa. Cristo trarrà dall’abisso della corruzione e dai rovi del peccato chiunque accetti la salvezza.PV 124.5
Se sei depresso, fatti coraggio, qualunque sia la gravità del tuo peccato! Non pensare che forse Dio perdonerà la tua colpa ammettendoti alla sua presenza... Dio ha già fatto il primo passo: quando tu eri in rivolta aperta contro dì lui, è venuto a cercarti. Commosso come il pastore della parabola, ha lasciato le novantanove pecore per andare nel deserto alla ricerca di quella perduta. Stringendo affettuosamente fra le braccia l’uomo ferito e vicino alla morte, lo riporta con gioia alla fida dimora.PV 125.1
I Giudei insegnavano che Dio ama il peccatore solo dopo che si è pentito. Secondo loro bisognava fare penitenza per guadagnarsi il favore celeste. Ecco perché i Farisei esclamavano stupiti e scandalizzati: “Costui accoglie i peccatori”! Secondo loro Cristo avrebbe dovuto tollerare intorno a sé solo quanti si erano pentiti, ma nella parabola della pecora smarrita il Salvatore insegna che noi non siamo salvati perché cerchiamo Dio, bensì perché Dio cerca noi: “Non v’è alcuno che abbia intendimento, non v’è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati”. Romani 3:11, 12. Noi non ci pentiamo affinché Dio ci ami, piuttosto Egli ci manifesta il suo amore per indurci a pentimento.PV 125.2
Quando la pecora smarrita è di nuovo al sicuro, il pastore esprime la sua riconoscenza con melodiosi canti di gioia, e invitando vicini e amici esclama: “Rallegratevi meco, perché ho ritrovato la mia pecora ch’era perduta”. Luca 15:6. Similmente quando il supremo Pastore ritrova un peccatore errante, il cielo e la terra intonano un inno di lode e di ringraziamento.PV 125.3
“Così vi sarà in cielo più allegrezza per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento”. Luca 15:7. Voi Farisei, voleva dire Cristo, vi ritenete i favoriti del cielo e fate affidamento sulla vostra giustizia personale, ma sappiate che, se credete di non aver bisogno di pentimento, io non sono venuto per voi! Sono venuto a salvare questi poveri esseri che sentono la loro miseria ed il loro peccato. Gli stessi angeli celesti s’interessano di queste anime perdute che voi disprezzate. Trovate da ridire e vi fate beffe quando qualcuno di loro si unisce a me, ma sappiate che gli angeli si rallegrano ed un canto di trionfo echeggia nei cortili celesti!PV 125.4
I rabbini avevano il “detto” che il cielo si rallegra quando un peccatore viene annientato, ma Cristo insegnava che l’opera della distruzione è estranea a Dio. Piuttosto tutto il cielo gioisce quando vede restaurata nelle creature l’immagine del Creatore.PV 126.1
Chi si e smarrito nei profondi abissi del peccato e vorrebbe ritornare a Dio, incontrerà sicuramente critiche e diffidenza. Metteranno in dubbio la sincerità del suo pentimento sussurrando: “È troppo instabile, non durerà molto”. Invece di collaborare con Dio queste persone assecondano l’opera di Satana, l’accusatore dei fratelli. Tramite le loro critiche il maligno cerca di scoraggiare il peccatore spingendolo sempre più alla disperazione e lontano da Dio. Ma il peccatore pentito pensi quale gioia regna in cielo per il ritorno anche di un solo individuo che sembrava perduto! Abbia fiducia nell’amore di Dio e in nessun caso si lasci prendere dallo scoraggiamento in seguito al disprezzo ed alle insinuazioni di quanti si sentono giusti.PV 126.2
I rabbini pensavano che questa parabola di Cristo si applicasse ai pubblicani e ai peccatori, ma essa ha un significato più ampio. Con la pecora smarrita Cristo non rappresenta soltanto il singolo peccatore ma tutta questa terra, lontana da Dio e rovinata dal peccato. Il nostro mondo è nient’altro che un minuscolo atomo dell’immenso universo sul quale Dio regna, eppure questo piccolo mondo caduto — la pecora smarrita — ai suoi occhi è più prezioso degli altri novantanove rimasti nel gregge. Cristo, l’amato sovrano della famiglia celeste, ha abbandonato la sua alta posizione e deposto la gloria che godeva presso il Padre, per salvare questo mondo perduto. Lasciando i mondi immacolati dell’universo, i novantanove che lo amavano, è venuto in questa terra per essere “trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità”. Isaia 53:5. Dio si è sacrificato nella persona del Figlio per avere la gioia di riguadagnare la pecora perduta.PV 126.3
“Vedete di quale amore ci è stato largo il Padre, dandoci d’esser chiamati figliuoli di Dio!” 1 Giovanni 3:1. E Cristo aggiunge: “Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo” (Giovanni 17:18), per compiere “ciò che resta ancora a compiere delle afflizioni di Cristo, per lo corpo d’esso, che è la chiesa”. Colossesi 1:24 (Diodati). Tutti coloro che hanno trovato salvezza in Cristo sono chiamati ad operare nel suo nome per la salvezza dei perduti. Israele aveva trascurato questo compito, e i cosiddetti seguaci di Cristo oggi non fanno altrettanto?PV 127.1
Quante pecore smarrite hai già ritrovato tu, caro lettore, e riportato all’ovile? Quando hai messo da parte quelle persone che non ti facevano un’impressione molto promettente, ti rendevi conto di trascurare coloro che invece Cristo ricerca? Forse avevano maggiormente bisogno della tua pietà quando hai voltato loro le spalle. In ogni culto ci sono persone che bramano pace e riposo, e anche se ci sembrano indifferenti non sono insensibili all’influenza dello Spirito Santo, e molte si potrebbero guadagnare a Cristo.PV 127.2
Se nessuno la riporta all’ovile, la pecora smarrita continuerà a vagare fino alla morte. Similmente, quanti vanno in rovina perché nessuno tende loro una mano d’aiuto! Potranno sembrare duri o leggeri, ma se avessero goduto gli stessi vantaggi di altri forse avrebbero sviluppato un carattere più nobile e sarebbero stati più utili per la società. Gli angeli hanno pietà di questi esseri erranti e li compiangono, mentre gli occhi umani rimangono asciutti ed i cuori chiusi ad ogni moto di compassione.PV 127.3
Oh come ci manca quell’autentica comprensione per quanti sono tentati ed erranti! Ah se coltivassimo di più il sentimento di Gesù e meno, molto meno il nostro io!PV 127.4
I Farisei interpretarono questa parabola di Cristo come un rimprovero rivolto a loro. Invece di accettare le critiche che muovevano alla sua opera, Cristo condannava loro perché mettevano da parte pubblicani e peccatori. Non lo faceva apertamente, per non indurli ad una chiusura definitiva nei suoi confronti, ma la sua similitudine illustrava chiaramente quale opera Dio si attendeva da loro e che invece avevano ignorato. Se questi conduttori d’Israele erano dei veri pastori, dovevano anche svolgere il compito del pastore: manifestare l’amore e la misericordia di Cristo e collaborare con lui in questa missione. Il rifiuto di farlo dimostrava che la loro presunta religiosità non era altro che ipocrisia. A questo punto molti respinsero il rimprovero di Cristo, ma alcuni rimasero convinti da quelle parole e dopo l’ascensione del Salvatore ricevettero lo Spirito Santo e si unirono ai discepoli per compiere l’opera illustrata dalla parabola della pecora smarrita.
PV 127.5