Loading...
Larger font
Smaller font
Copy
Print
Contents
Parole di vita - Contents
  • Results
  • Related
  • Featured
No results found for: "".
  • Weighted Relevancy
  • Content Sequence
  • Relevancy
  • Earliest First
  • Latest First
    Larger font
    Smaller font
    Copy
    Print
    Contents

    Capitolo 17: “Lascialo ancora quest’anno”

    Nei suoi insegnamenti Cristo collegava sempre i moniti sul giudizio ai richiami della misericordia divina: “Conciossiaché il Figliuol dell’uomo non sia venuto per perder le anime degli uomini, anzi per salvarle”. Luca 9:56 (Diodati). “Infatti Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Giovanni 3:17. Egli illustra la funzione della sua grazia in rapporto alla giustizia ed al giudizio di Dio con la parabola del fico sterile.PV 143.1

    Annunciando al popolo l’imminenza del regno di Dio denunciava severamente la sua ignoranza e indifferenza. La gente sapeva interpretare senza difficoltà i segnali meteorologici del cielo, ma non era in grado di intendere i chiari segni dei tempi che preannunciavano la sua missione.PV 143.2

    Allora come oggi gli uomini si ritenevano i beniamini del cielo e concludevano che quei moniti non riguardavano loro ma gli altri! Dai suoi ascoltatori Gesù apprese una vicenda che proprio in quei giorni aveva suscitato grande scalpore: alcune misure restrittive adottate da Ponzio Pilato, governatore della Giudea, avevano esasperato la popolazione. A Gerusalemme si era scatenata una sommossa popolare e Pilato aveva tentato di reprimerla con la violenza. In una certa occasione i suoi soldati avevano fatto irruzione nel cortile del tempio trucidando alcuni pellegrini galilei intenti ad offrire i loro sacrifici. I Giudei consideravano ogni sciagura una punizione divina per i peccati commessi, e quanti riferivano questo atto di violenza lo facevano con una segreta soddisfazione in quanto l’essere scampati dimostrava che erano migliori e quindi più favoriti da Dio di quei galilei. Si aspettavano che Gesù condannasse quei pellegrini uccisi che, secondo loro, avevano ampiamente meritato la loro triste sorte.PV 143.3

    I discepoli non si azzardarono ad esprimere la loro opinione prima di sentire quella del Maestro. Gesù li aveva infatti diffidati dall’esprimere giudizi sul carattere altrui, né essi dovevano misurare le punizioni secondo il loro giudizio limitato. Nondimeno si aspettavano che Cristo confermasse la particolare malvagità e colpevolezza di quei disgraziati, ma la sua risposta li sorprese non poco.PV 143.4

    Rivolgendosi alla folla il Salvatore chiese: “Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, tutti similmente perirete”. Luca 13:2, 3. Quelle tragiche sciagure dovevano spingerli ad umiliarsi e a pentirsi dei propri peccati, perché già si stava addensando il turbine della vendetta che doveva abbattersi su tutti coloro che non avrebbero cercato rifugio in Cristo.PV 144.1

    Mentre parlava ai discepoli e alla folla, Gesù vedeva con l’occhio profetico Gerusalemme assediata dagli eserciti, sentiva il clamore dei nemici che avanzavano contro la città eletta, vedeva le centinaia e migliaia di esseri umani che sarebbero periti durante l’assedio. Come questi galilei, molti giudei sarebbero stati abbattuti nei cortili del tempio proprio nell’atto di offrire i sacrifici. Con la morte di alcuni Dio voleva avvertire tutto il popolo, ugualmente colpevole: “Se non vi ravvedete, tutti similmente perirete”, ammoni Gesù. C’era ancora un po’ di tempo di grazia per loro, un po’ di respiro per riconoscere che cosa avrebbe dato loro pace.PV 144.2

    Continuando Egli raccontò questa parabola: “Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna; e andò a cercarvi del frutto, e non ne trovo. Disse dunque al vignaiolo: Ecco, sono ormai tre anni che vengo a cercar frutto da questo fico e non ne trovo; taglialo; perché sta lì a rendere improduttivo il terreno?” Luca 13:6, 7.PV 144.3

    Il senso di queste parole era inequivocabile per gli ascoltatori. Davide aveva decantato Israele paragonandolo ad una vite tratta fuori dall’Egitto e Isaia aveva scritto: “Or la vigna dell’Eterno degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda son la piantagione ch’era la sua delizia”. Isaia 5:7. Il fico piantato nella vigna del Signore rappresenta la generazione contemporanea del Salvatore, oggetto delle sue cure e benedizioni particolari.PV 144.4

    Già il profeta Isaia aveva descritto con queste belle parole quale piano Dio avesse in mente per il suo popolo e le grandiose possibilità che gli si schiudevano: “...saranno chiamati: Querce di giustizia, piante che il Signore ha piantato, per glorificar sé stesso”. Isaia 61:3 (Diodati). Sul letto di morte, mosso dallo Spirito Santo, Giacobbe aveva detto del figlio prediletto: “Giuseppe è un ramo d’albero fruttifero; un ramo d’albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro ... le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate ... dall’Iddio dì tuo padre che t’aiuterà, e dall’Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell’abisso che giace di sotto”. Genesi 49:22, 24, 25. Così Dio aveva piantato Israele come un’ottima vite vicino alla sorgente della vita, aveva collocato la sua vigna “sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti di scelta ... Ei s’aspettava ch’essa gli facesse dell’uva, e gli ha fatto invece delle lambrusche”. Isaia 5:1, 2. Ai giorni di Cristo gli Ebrei ostentavano la loro religiosità maggiormente che in passato pur mancando più che mai della dolce grazia dello Spirito divino. I preziosi tratti di carattere che avevano reso bella e fragrante la vita di Giuseppe erano assenti nel popolo d’Israele.PV 145.1

    Dio, nella persona del Figlio, era venuto a cercar il frutto ma non ne aveva trovato. Israele ingombrava inutilmente il terreno, la sua esistenza stessa si rivelava una maledizione in quanto occupava nella vigna il posto che poteva servire ad un albero fruttifero. Privava il mondo delle benedizioni che Dio voleva elargirgli. Gli Israeliti avevano trasmesso ai pagani una falsa concezione di Dio. Non solo erano inutili, ma costituivano addirittura un ostacolo. La loro religione si era trasformata per la maggior parte in mistificazione e conduceva alla rovina piuttosto che alla salvezza.PV 145.2

    Il vignaiolo della parabola non contesta la sentenza di abbattere la pianta se rimarrà infruttifera, tuttavia egli conosce e condivide l’interesse del padrone per quell’albero. Niente gli farebbe più piacere del vedere il fico crescere e fruttificare, perciò propone, nutrendo il medesimo desiderio del proprietario: “Signore, lascialo ancora quest’anno, finch’io l’abbia scalzato e concimato; e forse darà frutto in avvenire”. Luca 13:8, 9.PV 145.3

    Il vignaiolo non rifiuta dunque di occuparsi di una pianta così poco promettente, anzi è pronto a curarla più di prima, a creare le condizioni più favorevoli perché prosperi, a dedicarle ogni attenzione possibile.PV 146.1

    Sia il padrone che il vignaiolo hanno interesse che il fico prosperi, così anche il Padre ed il Figlio erano unanimi nell’amare il popolo eletto. Cristo voleva far capire agli ascoltatori che avrebbero avuto occasioni migliori di portare frutti spirituali; nel suo amore Dio non avrebbe risparmiato mezzi ed energie per fare di loro alberi di giustizia che maturassero dei frutti per il bene del mondo.PV 146.2

    Anche questa parabola rimane in sospeso e Cristo conclude senza dirci l’esito del lavoro svolto dal vignaiolo. Il risultato dipendeva dalla generazione che ascoltava le sue parole. Proprio a lei era rivolto l’avvertimento: “...se no, lo taglierai”. Luca 13:9. Dipendeva da lei se quelle parole irrevocabili sarebbero state pronunciate o no. Il giorno dell’ira divina si approssimava e tramite le sciagure che aveva già colpito Israele il padrone della vigna l’avvertiva, nella sua misericordia, dell’imminente distruzione che minacciava il fico sterile.PV 146.3

    Quest’avvertimento riecheggia attraverso i secoli per giungere fino a noi. Somigli anche tu, lettore spensierato, ad un albero infruttifero nella vigna del Signore? Il giudizio di condanna sarà pronunciato ben presto anche su dite? Da quanto tempo ricevi i suoi doni? Da quanto tempo Egli attende che tu ricambi il suo amore? Piantato nella sua vigna, circondato dalle premure del vignaiolo, hai coscienza dei privilegi che hai goduto? Quante volte l’affettuoso messaggio evangelico ti ha fatto palpitare il cuore di felicità? Tu ti dici cristiano e formalmente fai parte della chiesa, eppure sai benissimo che ti manca un rapporto vivente con la fonte dell’amore, la sua linfa vitale non t’inonda, nella tua vita manca la dolce grazia del suo carattere, mancano i “frutti dello Spirito”. Galati 5:22.PV 146.4

    Il fico sterile riceve la pioggia, il sole e le cure del giardiniere, il terreno gli fornisce le sostanze nutritive necessarie, tuttavia i suoi rami inutili fanno solo ombra, impedendo di prosperare alle piante fruttifere circostanti. Altrettanto avviene dei ricchi doni che Dio ti fa: non producono alcun beneficio per il mondo. Tu privi gli altri dei privilegi che potrebbero sicuramente godere se non fosse per te.PV 146.5

    Anche se vagamente, ti rendi conto di ingombrare inutilmente il terreno, eppure Dio nella sua misericordia non ti ha ancora abbattuto. Egli non ti guarda con freddezza o indifferenza né ti abbandona semplicemente alla tua triste sorte. Anzi esclama, come esclamò molti secoli fa rivolto a Israele: “Come farei a lasciarti, o Efraim? come farei a darti in mano altrui, o Israele? ... Io non sfogherò l’ardente mia ira, non distruggerò Efraim di nuovo, perché sono Dio, e non un uomo”. Osea 11:8, 9. Il Salvatore interviene pietosamente in tuo favore esclamando: “Lascialo ancora quest’anno, finch’io l’abbia scalzato e concimato”.PV 147.1

    Con quale amore instancabile Cristo servì il popolo d’Israele in quell’ulteriore periodo di grazia! Fin sulla croce pregò: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Luca 23:34. Dopo la sua ascensione, il Vangelo fu proclamato dapprima a Gerusalemme. Lì avvenne l’effusione dello Spirito Santo e la chiesa primitiva manifestò la potenza del Salvatore risorto; là, con la “faccia simile alla faccia d’un angelo” (Atti 6:15), Stefano sigillò la sua testimonianza con la morte. Israele aveva ricevuto tutti i tesori che il cielo poteva elargire. Cristo chiede: “Che più si sarebbe potuto fare alla mia vigna di quello che io ho fatto per essa?” Isaia 5:4. Invece di diminuire, le sue cure e preoccupazioni per te aumentano, e tutt’oggi Egli soggiunge: “Io, l’Eterno, ne sono il guardiano, io l’adacquo ad ogni istante; la custodisco notte e giorno, affinché nessuno la danneggi”. Isaia 27:3.PV 147.2

    “...forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai”.PV 147.3

    Il cuore che non si apre agli appelli divini finisce per indurirsi al punto da non reagire più all’influenza dello Spirito Santo, e allora viene pronunciata la sentenza: “Taglialo; perché sta li a rendere improduttivo anche il terreno”.PV 147.4

    Ma oggi Egli ti invita ancora: “O Israele, torna all’Eterno, al tuo Dio!... Io guarirò la loro infedeltà, io li amerò di cuore... Io sarò per Israele come la rugiada; egli fiorirà come il giglio, e spanderà le sue radici come il Libano... Quelli che abiteranno alla sua ombra faranno di nuovo crescere il grano, e fioriranno come la vite... da me verrà il tuo frutto”. Osea 14:1-8.PV 147.5

    Larger font
    Smaller font
    Copy
    Print
    Contents