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Profeti e re - Contents
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    Capitolo 37: La deportazione a Babilonia

    Il nono anno del regno di Sedecia, “...Nabucodonosor arrivò sotto Gerusalemme con tutto il suo esercito” (2 Re 25:1) e assediò la città. La situazione di Giuda era disperata. Cfr. Ezechiele 21:8, 10-12, 36.PR 230.1

    Gli egiziani tentarono di soccorrere la città assediata e i caldei, per respingerli, abbandonarono momentaneamente l’assedio della capitale giudaica. Nel cuore di Sedecia rinacque la speranza e mandò un suo messaggero da Geremia chiedendogli di pregare Dio in favore della nazione. Il profeta rispose con parole terribili: i caldei sarebbero ritornati e avrebbero distrutto la città. Il decreto era stato emesso, la nazione non si era pentita e non poteva più scongiurare i giudizi divini. Il Signore avvertì il suo popolo: “Vi illudete se pensate che i babilonesi non torneranno più indietro. Quelli non se ne andranno affatto. Anche se voi riusciste a sconfiggere l’esercito babilonese e lasciaste in vita solo qualche ferito, questi si alzerà nella propria tenda e distruggerà la città col fuoco...”. Geremia 37:9, 10.PR 230.2

    Il rimanente di Giuda sarebbe stato deportato e avrebbe imparato tramite la sofferenza le lezioni che aveva rifiutato di imparare in circostanze più favorevoli. Il decreto divino era inappellabile.PR 230.3

    Fra coloro che abitavano ancora a Gerusalemme, ai quali era stato rivelato il piano di Dio, alcuni decisero di sottrarre alle mani sacrileghe l’arca sacra che conteneva le tavole di pietra sulle quali erano stati scritti i precetti del Decalogo. Essi riuscirono a realizzare il loro progetto. Con estrema sofferenza e tristezza occultarono l’arca in una caverna dove sarebbe rimasta nascosta al popolo d’Israele e di Giuda a causa dei suoi peccati e non sarebbe stata mai più restituita. Quell’arca sacra è tuttora nascosta e non è mai stata riesumata.PR 230.4

    Per molti anni Geremia si era presentato al popolo come fedele testimone di Dio; ora, mentre la città stava per cadere nelle mani dei pagani, egli ritenne di aver adempiuto la sua opera e cercò di andarsene, ma il figlio di uno dei falsi profeti glielo impedì. Egli riferì che Geremia stava per unirsi ai babilonesi ai quali, secondo le sue ripetute esortazioni, gli uomini di Giuda avrebbero dovuto sottomettersi. Il profeta respinse questa falsa accusa ma “...Ieria non volle sentir ragioni, prese Geremia e lo consegnò ai suoi superiori. Questi si infuriarono contro Geremia, lo bastonarono e lo fecero rinchiudere nella casa di Gionata...”. Geremia 37:14, 15.PR 230.5

    Le speranze nate nei cuori dei capi e del popolo quando gli eserciti babilonesi si diressero verso sud per affrontare gli egiziani svanirono ben presto. Dio aveva detto: “Agirò contro di te faraone, re d’Egitto”. La potenza egiziana era solo una canna rotta. La parola ispirata aveva dichiarato: “Allora tutti gli abitanti dell’Egitto riconosceranno che io sono il Signore. Il sostegno che hai dato agli Israeliti è stato fragile come quello di una canna... Mentre le braccia del Faraone penderanno senza forza, io darò più forza a quelle del re di Babilonia... Allora tutti riconosceranno che io sono il Signore. Quando disperderò gli egiziani fra popoli e nazioni straniere, allora riconosceranno che io sono il Signore”. Ezechiele 29:3, 6; Ezechiele 30:25, 26.PR 231.1

    Mentre i capi di Giuda stavano ancora aspettando invano l’aiuto dell’Egitto, il re Sedecia, pervaso da tristi presentimenti, pensava al profeta di Dio che era stato messo in prigione. Dopo molto tempo il re lo mandò a chiamare, lo interrogò di nascosto in casa sua e gli disse: “Hai qualche messaggio del Signore per me?” Geremia rispose: “Tu sarai consegnato prigioniero al re di Babilonia”. Geremia inoltre domandò a re Sedecia: “Quale colpa ho commesso contro di te e i tuoi ufficiali o contro questo popolo? Perché mi avete messo in prigione? Piuttosto, dove sono finiti i vostri profeti che annunziavano: “Il re di Babilonia non verrà a combattere né contro di voi né contro questa terra?” Ed ora, re mio signore, ascolta la richiesta che ti rivolgo: non farmi tornare nella casa di Gionata, segretario di corte, se no io ci muoio. Allora il re Sedecia ordinò di rinchiudere Geremia nell’atrio della prigione e di dargli ogni giorno un pane. Così Geremia mentre era rinchiuso nell’atrio della prigione ricevette la sua razione di pane che gli veniva portata dalla via dei Fornai, finché in città non furono esaurite tutte le scorte”. Geremia 37:17-21.PR 231.2

    Il re non osava manifestare apertamente la sua fiducia in Geremia. La paura lo aveva spinto a consultare segretamente il profeta ma era troppo debole per sfidare la disapprovazione dei prìncipi e del popolo sottomettendosi alla volontà di Dio rivelatagli dal profeta.PR 231.3

    Dal cortile del carcere Geremia continuò a consigliare sottomissione al dominio babilonese. Resistere significava votarsi a morte sicura. Il messaggio del Signore per Giuda fu: “Chi vuol rimanere in città, morirà in guerra, o di fame o di peste... Questa città cadrà certamente in mano all’esercito del re di Babilonia e sarà occupata”. Geremia 38:3. Alla fine i capi, irritati per i ripetuti consigli di Geremia contrari alla loro politica di resistenza, protestarono vigorosamente con il re affermando che il profeta era un nemico della nazione, che le sue parole scoraggiavano il popolo e attiravano su di loro la sventura. Doveva essere condannato a morte.PR 231.4

    Il re, codardo, sapeva che queste accuse erano false. Ma per placare coloro che occupavano posizioni importanti nel regno finse di credere alle loro menzogne e consegnò loro Geremia affinché decidessero di farne ciò che volevano. Il profeta fu quindi gettato “...nella cisterna di uno della famiglia reale, Malchia, che era situata nell’atrio della prigione. Lo calarono con delle corde nella cisterna. Non c’era acqua ma solo fango e Geremia vi sprofondò”. Geremia 37:6. Dio allora ispirò ai suoi amici di supplicare il re ad agire in favore del profeta che fu ricondotto nella corte della prigione.PR 232.1

    Ancora una volta il re mandò a cercare privatamente Geremia e gli chiese di riferirgli fedelmente quali erano i piani di Dio per Gerusalemme; in risposta Geremia domandò: “Se ti dico la verità, tu certamente mi farai uccidere; se ti do un consiglio tu non ne terrai conto! Ma Sedecia fece in segreto questo giuramento a Geremia: “Davanti al Signore vivente che ci ha donato la vita, ti giuro che non ti farò morire né ti consegnerò nelle mani di quegli uomini che cercano di ucciderti””. Geremia 38:15, 16.PR 232.2

    Il re aveva dunque ancora un’occasione per prendere in considerazione gli avvertimenti di Dio e attenuare così, con la misericordia, i giudizi che già stavano abbattendosi sulla città e sulla nazione. “Se andrai ad arrenderti agli ufficiali del re di Babilonia, tu e la tua famiglia avrete salva la vita e questa città non sarà data alle fiamme. Ma se non ti arrenderai, questa città sarà data in potere ai Babilonesi: la distruggeranno col fuoco e anche tu non riuscirai a sfuggire alle loro mani”. Il re rispose: “Ho paura degli abitanti di Giuda che sono passati dalla parte dei babilonesi. C’è pericolo che cada nelle loro mani e che mi maltrattino”. Ma il profeta promise: “Ascolta piuttosto quel che ti dico da parte del Signore e ti andrà tutto bene: avrai salva la vita”. Geremia 38:17-20.PR 232.3

    Fino alla fine Dio espresse la sua disponibilità a manifestare misericordia nei confronti di coloro che avessero scelto di sottomettersi alla sua volontà. Se il re avesse scelto di ubbidire, la vita dei suoi sudditi sarebbe stata risparmiata e la città salvata dalla catastrofe. Egli però ritenne di essersi spinto troppo lontano per ritornare sui suoi passi. Temeva gli ebrei, temeva il ridicolo, non voleva rischiare la sua vita. Dopo anni di ribellione a Dio, Sedecia pensava che sarebbe stato troppo umiliante per lui dire al popolo: “Accetto le parole del Signore, trasmesse dal profeta Geremia, e non oso far guerra al nemico dopo tutti questi avvertimenti”.PR 232.4

    Con le lacrime agli occhi il profeta supplicò Sedecia di salvare se stesso e il popolo. Con tono angosciato gli assicurò che se non avesse ascoltato i consigli di Dio avrebbe perso la vita e tutti i suoi possedimenti sarebbero stati requisiti dai babilonesi. Il re però aveva intrapreso la via sbagliata e non voleva tornare indietro: decise di seguire il consiglio dei falsi profeti e di quegli uomini che in realtà disprezzava perché mettevano in ridicolo la sua debolezza nel cedere facilmente ai loro desideri. Rinunciò alla sua libertà per diventare schiavo dell’opinione pubblica. Indeciso nei confronti del male, Sedecia non aveva il coraggio di lottare per il bene. Convinto del valore del messaggio di Geremia non aveva però la forza per adeguarvisi e quindi si incamminò nella direzione opposta.PR 232.5

    Il re aveva una paura tale che non osava neanche dire agli uomini della corte e ai suoi sudditi che aveva parlato con Geremia. Se avesse dichiarato apertamente che credeva alle parole del profeta, già in parte adempiute, quante sofferenze sarebbero state risparmiate! Se avesse detto: “Ubbidirò al Signore e così risparmierò Gerusalemme dalla rovina totale; non voglio disprezzare gli ordini di Dio per paura degli uomini o per garantirmi la loro approvazione; amo la verità, odio il peccato, seguirò i consigli dell’Onnipotente” allora il coraggio del re sarebbe stato rispettato e coloro che esitavano fra le fede e l’incredulità si sarebbero schierati dalla parte del bene. Questo atteggiamento coraggioso e imparziale avrebbe suscitato l’ammirazione e la lealtà dei suoi sudditi. Il re avrebbe potuto contare sul loro appoggio e Giuda non avrebbe subito i flagelli del massacro, della fame e del fuoco.PR 233.1

    La debolezza di Sedecia fu un peccato che egli pagò con una terribile punizione. Il nemico dilagò come una valanga inarrestabile devastando la città. L’esercito israelita fu sconfitto e disperso e la nazione vinta. Il re fu fatto prigioniero e i suoi figli sgozzati sotto i suoi occhi. Egli fu deportato, gli furono strappati gli occhi e morì miseramente in Babilonia. Neanche il bel tempio che per oltre quattro secoli aveva coronato la cima del monte di Sion fu risparmiato dai caldei. Essi “incendiarono il tempio, abbatterono le mura di Gerusalemme, bruciarono tutti gli edifici e distrussero ogni cosa di valore”. 2 Cronache 36:19.PR 233.2

    Quando Nabudonosor distrusse Gerusalemme un gran numero di israeliti che erano sfuggiti agli orrori del lungo assedio furono uccisi con la spada. Fra coloro che sopravvissero, in particolare i capi dei sacerdoti e i prìncipi del regno, qualcuno fu condotto a Babilonia dove venne giustiziato come traditore. Altri furono deportati e resi schiavi di Nabucodonosor e dei suoi figli “...fino a quando sorse l’impero persiano. In questo modo si realizzò la parola del Signore annunziata dal profeta Geremia...”. 2 Cronache 36:20, 21.PR 233.3

    Di Geremia leggiamo: “Il re di Babilonia, Nabucodonosor, aveva dato al comandante generale Nabuzaradan le disposizioni seguenti nei confronti di Geremia: “Va’ a cercarlo e abbi cura di lui. Bada che nessuno gli faccia del male, anzi concedigli tutto quel che vuole””. Geremia 39:11, 12. Liberato dal carcere dagli ufficiali babilonesi il profeta scelse di condividere la sorte del debole rimanendo “tra i poveri del paese” lasciati dai caldei per coltivare la terra. I babilonesi nominarono Godolia come governatore, ma soltanto pochi mesi dopo venne assassinato a tradimento. La popolazione, dopo aver attraversato prove dolorose, alla fine si lasciò convincere dai suoi capi a rifugiarsi in Egitto. Geremia protestò contro questa decisione: “Il Signore dice a voi, ultimi superstiti del regno di Giuda, di non andare in Egitto”. Geremia 42:19. Ma il consiglio ispirato non fu ascoltato e “...gli ultimi superstiti del regno di Giuda... Portarono con sé anche Geremia e Baruc. Andarono tutti in Egitto senza tener conto della proibizione del Signore e giunsero nella città di Tafni”. Geremia 43:5-7.PR 233.4

    Le profezie di Geremia relative al giudizio e rivolte a coloro che si erano ribellati a Nabucodonosor fuggendo in Egitto, contenevano anche delle promesse di perdono per tutti coloro che si fossero pentiti e fossero stati disposti a ritornare nel loro paese. Dio non avrebbe risparmiato coloro che trascurando i suoi consigli si sarebbero lasciati influenzare dall’idolatria egiziana, ma avrebbe dimostrato misericordia per coloro che sarebbero rimasti fedeli. Cfr. Geremia 44:28.PR 234.1

    Il dolore del profeta per la malvagità di coloro che dovevano essere la luce spirituale del mondo, per la sorte di Sion e del popolo deportato in Babilonia è espresso nelle lamentazioni da lui lasciate come memoriale della follia manifestata nell’aver abbandonato i consigli dell’Eterno per seguire la saggezza umana. Fra i cumuli di rovine, poté ancora dichiarare: “Di che cosa si lamenta, allora, l’uomo se, malgrado i suoi peccati, è ancora in vita?” Egli pregava costantemente dicendo: “Esaminiamo con attenzione il nostro comportamento e torniamo al Signore”. Lamentazioni 3:22, 40.PR 234.2

    La grande fede del profeta nei progetti eterni di Dio — piani che avrebbero dovuto portare ordine nella confusione e testimoniare nei confronti delle nazioni e di tutto l’universo gli attributi divini della giustizia e dell’amore — lo condusse a pregare con fiducia per coloro che avrebbero potuto abbandonare il male.PR 234.3

    Sion era completamente distrutta e il popolo di Dio era stato condotto in cattività. Sopraffatto dalla tristezza il profeta esclamò: “È stata proprio abbandonata da tutti la città prima tanto popolata! Era così rinomata tra le nazioni, e ora è come una vedova. Era signora e dominava tra le province e ora è costretta ai lavori forzati. Passa le notti a piangere e le lacrime rigano le sue guance. Tra quelli che l’amavano più nessuno ora la consola. Tutti i suoi amici l’hanno tradita, anzi sono diventati suoi nemici. Giuda va in esilio deportata, soffre per la miseria e la più dura schiavitù. Vive tra le nazioni, ma non trova dove stabilirsi. Quando era in difficoltà, è stata raggiunta dai suoi persecutori. Le strade di Sion sono in lutto perché nessuno va più alle feste, le sue piazze sono deserte. I suoi sacerdoti sospirano, le sue ragazze sono tristi. In Sion c’è solo amarezza...”. Cfr. Lamentazioni 1:1-4; 2:1-4, 13; 5:1-3, 7, 8, 17, 19-22.PR 234.4

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