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Gli uomini che vinsero un impero - Contents
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    Capitolo 41: “Per poco non mi persuadi”

    Paolo si era appellato a Cesare e Festo non poteva fare altro che mandarlo a Roma. Passò comunque qualche tempo prima che si trovasse la nave adatta e fossero considerati i casi degli altri prigionieri che dovevano essere mandati insieme a Paolo. Questo ritardo diede a Paolo l’opportunità di presentare le ragioni della sua fede ai principali uomini di Cesarea e anche a re Agrippa II, l’ultimo della casa di Erode.UVI 271.1

    “E dopo alquanti giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutar Festo. E trattenendosi essi quivi per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: V’è qui un uomo che è stato lasciato in prigione da Felice, contro il quale, quando fui a Gerusalemme, i capi sacerdoti e gli anziani de’ Giudei mi sporsero querela, chiedendomi di condannarlo”. Atti 25:13-15 (Luzzi). Egli raccontò le circostanze che avevano condotto il prigioniero ad appellarsi a Cesare, e il suo recente processo. Disse che i giudei non avevano portato contro Paolo alcuna delle accuse che lui aveva immaginato, “ma aveano contro lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente”. Atti 25:18, 19 (Luzzi).UVI 271.2

    Quando Festo concluse la sua storia, Agrippa essendo interessato, disse: “Anch’io vorrei udir cotesto uomo”. Esaudendo il suo desiderio, fu fissato un incontro per il giorno seguente. “Il giorno seguente, dunque, essendo venuti Agrippa e Berenice con molta pompa, ed entrati nella sala d’udienza coi tribuni e coi principali della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato quivi”. Atti 25:22-25 (Luzzi).UVI 271.3

    Festo aveva approfittato di quest’occasione per esibire la pompa della sua corte. Gli pareva questo il modo migliore per onorare i suoi ospiti. Il lussuoso abbigliamento del procuratore e dei suoi ospiti, le spade dei soldati e le lucenti armature dei loro comandanti, inondavano la scena di splendore.UVI 271.4

    Ed ora Paolo, ancora ammanettato, stava dinanzi al gruppo. Quale grande contrasto si presentò agli occhi degli intervenuti. Agrippa e Berenice possedevano potere e autorità e per questo erano ammirati dal popolo. Ma erano privi dei tratti di carattere che Dio stima. Essi erano trasgressori della sua legge, corrotti nel cuore e nella vita. La loro condotta era detestata dal cielo.UVI 271.5

    Il prigioniero invecchiato e incatenato ai suoi soldati di guardia, non aveva nulla nella sua apparenza che potesse spingere il popolo a rendergli omaggio. Tuttavia, il cielo era interessato a quest’uomo apparentemente senza amici, senza ricchezza né posizione, tenuto prigioniero per la sua fede nel Figlio di Dio. Gli angeli erano i suoi compagni. E se la gloria di uno di questi luminosi messaggeri fosse stata visibile, la pompa e l’orgoglio dei monarchi sarebbero svaniti. Re e cortigiani sarebbero crollati al suolo, come avvenne alle guardie romane davanti al sepolcro di Cristo.UVI 272.1

    Festo stesso presentò Paolo all’assemblea con queste parole: “Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi, voi vedete quest’uomo, a proposito del quale tutta la moltitudine de’ Giudei s’ è rivolta a me, e in Gerusalemme e qui, gridando che non deve viver più oltre. Io però non ho trovato che avesse fatto cosa alcuna degna di morte, ed essendosi egli stesso appellato all’imperatore, ho deliberato di mandarglielo. E siccome non ho nulla di certo da scriverne al mio signore, l’ho menato qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo esame, io abbia qualcosa da scrivere. Perché non mi par cosa ragionevole mandare un prigioniero, senza notificar le accuse che gli son mosse contro”. Atti 25:24-27 (Luzzi).UVI 272.2

    Re Agrippa diede ora a Paolo la libertà di parlare a sua difesa. L’apostolo non fu sconcertato dalla pompa di quella corte, né dall’alto rango dei personaggi che lo avrebbero ascoltato. Egli sapeva quanto poco valore hanno la ricchezza e la posizione mondana. La pompa e il potere terreno non potevano affievolire il suo coraggio né privarlo del suo autocontrollo.UVI 272.3

    “Re Agrippa, io mi reputo felice di dovermi oggi scolpare dinanzi a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, principalmente perché tu hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che son fra i Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente”. Atti 26:2, 3 (Luzzi).UVI 272.4

    Paolo raccontò la storia della sua conversione, dal tempo della sua ostinata incredulità alla sua fede nel Gesù di Nazareth come Salvatore del mondo. Egli descrisse la celeste visione che inizialmente lo aveva riempito di indicibile terrore, ma che dopo si era dimostrata essere una sorgente della più grande consolazione. Una visione della gloria divina, in mezzo alla quale seduto su un trono, stava Colui che era stato disprezzato e odiato, e i cui seguaci lui stesso aveva cercato di distruggere. Da allora in poi Paolo era divenuto un uomo nuovo, un sincero e fervente credente in Gesù. La grazia di Dio aveva cambiato la sua vita.UVI 272.5

    Egli riferì ad Agrippa, con chiarezza e forza, i principali eventi connessi con la vita di Cristo sulla terra. Testimoniò che il Messia della profezia era già apparso nella persona di Gesù di Nazareth. Mostrò come le scritture dell’Antico Testamento avessero predetto che il Messia doveva apparire come un uomo fra gli uomini e come ogni predizione fatta da Mosè e dai profeti si fosse adempiuta nella vita di Gesù. Per redimere il mondo, il divino Figlio di Dio aveva sopportato la croce, tollerato la vergogna, ed era asceso al cielo trionfando sulla morte.UVI 273.1

    Perché, argomentò Paolo, sembrava incredibile che Cristo fosse risorto dai morti? Nel passato anche a lui era sembrato impossibile, ma ora come poteva non credere a quello che lui stesso aveva visto e udito? Alle porte di Damasco egli aveva veramente visto il Cristo crocifisso risorto, lo stesso che aveva camminato per le vie di Gerusalemme, che era morto sul Calvario e che aveva rotto le catene della morte ed era asceso al cielo. Come era accaduto a Cefa, Giacomo, Giovanni e a qualsiasi altro dei discepoli, anche lui lo aveva visto e aveva parlato con lui. La Voce gli aveva ordinato di proclamare il Vangelo di un Salvatore risorto, come poteva egli disubbidire? In Damasco, in Gerusalemme, attraverso tutta la Giudea e nelle regioni lontane, aveva testimoniato di Gesù il crocifisso. “A tutti dicevo di cambiar vita volgendosi all’unico Dio e di mostrare con le loro azioni la sincerità della loro conversione”. Atti 26:20.UVI 273.2

    “Per questo — dichiarò l’apostolo — i Giudei, avendomi preso nel tempio, tentavano d’uccidermi. Ma per l’aiuto che vien da Dio, son durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a grandi, non dicendo nulla all’infuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto dover avvenire, cioè: che il Cristo soffrirebbe, e che Egli, il primo a risuscitar dai morti, annunzierebbe la luce al popolo ed ai Gentili”. Atti 26:21-23 (Luzzi).UVI 273.3

    L’intero gruppo ascoltò incantato il racconto delle meravigliose esperienze di Paolo. L’apostolo stava parlando del suo soggetto preferito. Nessuno di quelli che lo ascoltavano poterono dubitare della sua sincerità. Ma quando arrivò al culmine del suo eloquente discorso, fu interrotto da Festo, il quale gridò: “Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuor di senno”. Atti 26:24 (Luzzi).UVI 273.4

    L’apostolo rispose: “Io non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno. Poiché il re, al quale io parlo con franchezza, conosce queste cose; perché son persuaso che nessuna di esse gli è occulta; poiché questo non è stato fatto in un cantuccio”. Poi rivolgendosi direttamente ad Agrippa, affermò: “O re Agrippa, credi tu ai profeti? Io so che tu ci credi”. Atti 26:25-27 (Luzzi).UVI 273.5

    Profondamente colpito, Agrippa per un momento dimenticò la situazione e la dignità della sua posizione. Conscio solo delle verità che aveva udito, vedendo solo l’umile prigioniero che gli stava dinanzi come ambasciatore di Dio, egli rispose quasi senza volere: “Per poco non mi persuadi a diventar cristiano”. Atti 26:28 (Luzzi).UVI 274.1

    Rapidamente l’apostolo replicò: “Piacesse a Dio che per poco o per molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi m’ascoltano, diventaste tali, quale sono io” e alzando le sue mani incatenate, aggiunse: “All’infuori di questi legami”. Atti 26:29 (Luzzi).UVI 274.2

    Festo, Agrippa e Berenice, per giustizia, avrebbero dovuto avere ai polsi le catene dell’apostolo. Tutti erano colpevoli di gravi crimini. Questi trasgressori avevano udito l’offerta della salvezza mediante il nome di Cristo. Uno di loro almeno era stato quasi persuaso ad accettare la grazia e il perdono offerti. Ma Agrippa rigettò la grazia offerta rifiutando di accettare il sacrificio di un Redentore esposto all’ignominia della croce.UVI 274.3

    La curiosità del re era stata soddisfatta. Egli si alzò; a quel punto tutti compresero che la seduta si era conclusa. I presenti, avviandosi verso l’uscita, si erano detti: “Quest’uomo non fa nulla che meriti morte o prigione”. Atti 26:31 (Luzzi).UVI 274.4

    Sebbene Agrippa fosse un giudeo non condivideva lo zelo bigotto e il cieco pregiudizio dei farisei. “Quest’uomo — egli disse a Festo poteva esser liberato, se non si fosse appellato a Cesare”. Atti 26:32 (Luzzi). Ma il caso era stato assegnato a quella più alta autorità ed era ormai al di fuori della giurisdizione sia di Festo che di Agrippa.UVI 274.5

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