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Gli uomini che vinsero un impero - Contents
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    Capitolo 42: Viaggio e naufragio

    Finalmente Paolo era in viaggio per Roma. “Quando fu determinato che — scrive Luca — faremmo vela per l’Italia, Paolo e certi altri prigionieri furon consegnati a un centurione, per nome Giulio, della coorte Augusta. E montati sopra una nave adramittina, che doveva toccare i porti della costa d’Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, Macedone di Tessalonica”. Atti 27:1-2 (Luzzi).UVI 275.1

    Nel primo secolo dell’èra cristiana, viaggiare per mare era particolarmente difficile e pericoloso. I marinai si orientavano primariamente osservando la posizione delle stelle e del sole; e quando questi non apparivano e c’erano delle tempeste, i propietari delle navi erano timorosi di avventurarsi in mare aperto. Durante un certo periodo dell’anno una tranquilla navigazione era quasi impossibile.UVI 275.2

    L’apostolo Paolo avrebbe affrontato difficili esperienze come prigioniero in catene durante il lungo e tedioso viaggio per l’Italia. Una circostanza alleviò la sua triste condizione: gli fu permessa la compagnia di Luca e Aristarco. Nella sua lettera ai Colossesi, egli si riferisce a quest’ultimo come al suo “compagno di prigione”; ma fu per libera scelta che Aristarco condivise l’afflizione di Paolo, per poterlo assistere nelle sue sofferenze. Colossesi 4:10.UVI 275.3

    Il viaggio iniziò favorevolmente. Il giorno seguente essi gettarono l’ancora nel porto di Sidone. Qui, Giulio, il centurione, “usando umanità verso Paolo”, ed essendo stato informato che in quel luogo c’erano dei cristiani, “gli permise d’andare dai suoi amici per ricevere le loro cure”. Atti 27:3 (Luzzi). Questa concessione fu grandemente apprezzata dall’apostolo, il quale era di debole salute.UVI 275.4

    Lasciata Sidone, la nave incontrò venti contrari; ed essendo stata deviata dal suo percorso, avanzava lentamente. A Mira, nella provincia della Licia, il centurione trovò una grande nave di Alessandria diretta verso l’Italia e immediatamente trasferì i suoi prigionieri su di essa. Ma i venti furono ancora contrari e la nave avanzava con difficoltà. Luca scrive: “E navigando per molti giorni lentamente, e pervenuti a fatica, per l’impedimento del vento, di faccia a Gnido, veleggiammo sotto Creta, di rincontro a Salmone; e costeggiandola con difficoltà, venimmo a un certo luogo, detto Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea”. Atti 27:7, 8 (Luzzi).UVI 275.5

    Essi furono costretti a rimanere a Beiporti per qualche tempo, nell’attesa di venti favorevoli. L’inverno si stava avvicinando rapidamente. La navigazione era “ormai pericolosa”. Gli ufficiali della nave dovettero rinunciare alla speranza di raggiungere la loro destinazione prima che la stagione dei viaggi giungesse a termine. La sola questione da decidere ora era se rimanere lì o tentare di raggiungere un luogo più favorevole per trascorrervi l’inverno.UVI 276.1

    Questa questione fu animatamente discussa e alla fine il centurione informò Paolo, il quale aveva conquistato il rispetto sia dei marinai che dei soldati. Senza esitare l’apostolo lo avvertì di rimanere dove erano. “Io veggo — egli disse — che la navigazione si farà con pericolo e grave danno, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre persone”. Ma il proprietario della nave, il pilota e la maggioranza dei passeggeri e dell’equipaggio non vollero accettare questo avvertimento. Visto che il porto dove essi avevano ancorato” non era adatto a svernare, i più furono di parere di partir di là per cercare d’arrivare a Fenice, porto di Creta che guarda a Libeccio e a Maestro”. Atti 27:10-12 (Luzzi).UVI 276.2

    Il centurione decise di seguire la decisione della maggioranza. Così quando si levò” un leggero scirocco” essi salparono da Beiporti nella speranza di poter presto raggiungere il porto desiderato. “Ma poco dopo si scatenò giù dall’isola un vento turbinoso” e la nave fu travolta “non potendo reggere al vento”. Atti 27:13-15 (Luzzi).UVI 276.3

    Trasportata dalla bufera, la nave si avvicinò alla piccola isola di Clauda mentre i marinai si stavano preparando al peggio. La scialuppa di salvataggio, la loro unica salvezza se la nave fosse affondata, era rimorchiata e c’era il pericolo che si rompesse in pezzi da un momento all’altro. Allora decisero di issare a bordo la scialuppa. Poi furono prese tutte le precauzioni per rafforzare la nave e per prepararla a sopportare la tempesta. La scarsa protezione offerta dalla piccola isola non servì per molto tempo. Presto si trovarono di nuovo esposti alla terribile violenza della tempesta.UVI 276.4

    L’uragano infuriò tutta la notte, e nonostante le precauzioni prese, la nave faceva acqua. “Il giorno dopo cominciarono a far getto del carico”. Giunse di nuovo la notte, ma il vento non cessò. La nave sballottata dalla tempesta, con il suo albero distrutto e le vele lacerate veniva scaraventata qui e là dalla furia del vento. La struttura di legno scricchiolante sembrava dover cedere da un momento all’altro mentre la nave oscillava e traballava sotto la violenza della tempesta. La falla che faceva acqua si ingrandì rapidamente. I passeggeri e l’equipaggio lavorarono costantemente per eliminare l’acqua ch’era entrata. Non ci fu un attimo di respiro. “Il terzo giorno — scrive Luca — con le loro proprie mani, buttarono in mare gli arredi della nave. E non apparendo né sole né stelle già da molti giorni, ed essendoci sopra non piccola tempesta, era ormai tolta ogni speranza di scampare”. Atti 27:18-20 (Luzzi).UVI 276.5

    Per quattordici giorni essi furono portati alla deriva sotto un cielo senza sole e senza stelle. L’apostolo, sebbene stesse soffrendo fisicamente, ebbe delle parole di speranza per quell’oscuro momento e diede una mano di aiuto in ogni emergenza. Egli afferrò per fede il braccio dell’Infinita Potenza, e il suo cuore confidò in Dio. Non temette per se stesso perché sapeva che Dio lo avrebbe preservato per testimoniare la verità di Cristo a Roma. Ma si dispiaceva per le povere anime che lo circondavano, per quegli uomini peccatori, degradati e impreparati a morire. Mentre Paolo supplicava ardentemente Dio di risparmiare le loro vite, gli fu rivelato che la sua preghiera era stata esaudita.UVI 277.1

    Approfittando di un intervallo di calma, l’apostolo salì sul ponte della nave, e disse a voce alta: “Uomini, bisognava darmi ascolto, non partire da Creta, e risparmiar così questo pericolo e questa perdita. Ora però vi esorto a star di buon cuore perché non vi sarà perdita della vita d’alcun di voi ma solo della nave. Poiché un angelo dell’Iddio al quale appartengo e ch’io servo, m’è apparso questa notte, dicendo: Paolo, non temere; bisogna che tu comparisca dinanzi a Cesare ed ecco, Iddio ti ha donato tutti coloro che navigano teco. Perciò, o uomini, state di buon cuore, perché ho fede in Dio che avverrà come mi è stato detto. Ma dobbiamo esser gettati sopra un’isola”. Atti 27:21-26 (Luzzi).UVI 277.2

    A queste parole, la speranza rinacque. I passeggeri e l’equipaggio si risvegliarono dalla loro apatia. C’era ancora molto da fare, e ogni loro sforzo doveva essere usato per evitare la distruzione.UVI 277.3

    La quattordicesima notte dopo l’inizio della tempesta, verso la mezzanotte, i marinai udendo il rumore dei frangenti “sospettavano d’esser vicini a terra; e calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; poi, passati un po’ più oltre e scandagliato di nuovo, trovarono quindici braccia. Temendo allora — scrive Luca — di percuotere in luogo scogliosi, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando ansiosamente che facesse giorno”. Atti 27:27-29 (Luzzi).UVI 277.4

    Con le prime luci i contorni della costa erano appena visibili. Nessuno era riuscito a riconoscere quella terra. I marinai pagani erano così pessimisti che persero tutto il coraggio e cercarono di “fuggir dalla nave”. Col pretesto di “calare le ancore dalla prua” essi avevano già calato la scialuppa di salvataggio in mare quando Paolo, intuendo le loro vili intenzioni, disse al centurione e ai soldati: “Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare. Allora i soldati tagliaron le funi della scialuppa e la lasciaron cadere”. Atti 27:30-32 (Luzzi).UVI 277.5

    Il peggio doveva ancora venire. L’apostolo nuovamente rivolse loro parole di incoraggiamento e invitò tutti, sia i marinai che i passeggeri a mangiare qualcosa. Egli disse: “Oggi son quattordici giorni che state aspettando, sempre digiuni, senza prender nulla. Perciò io v’esorto a prender cibo, perché questo contribuirà alla vostra salvezza; poiché non perirà neppure un capello del capo d’alcun di voi”. Atti 27:33, 34 (Luzzi).UVI 278.1

    “Detto questo, prese del pane, rese grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò a mangiare”. Allora quel gruppo di duecentosettantacinque persone affaticate e scoraggiate, che se non fosse stato per Paolo avrebbero perso ogni speranza, si unirono all’apostolo e mangiarono del cibo. “E saziati che furono, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare”. Atti 27:35-37 (Luzzi).UVI 278.2

    Era ora pieno giorno, ma essi non poterono vedere nulla che permettesse loro di riconoscere dove si trovavano. Comunque, “scorsero una certa baia che aveva una spiaggia, e deliberarono, se fosse loro possibile, di spingervi la nave. E staccate le ancore, le lasciarono andare in mare: sciolsero al tempo stesso i legami dei timoni, e alzato l’artimone al vento, traevano al lido. Ma essendo incorsi in un luogo che avea il mare d’ambo i lati, vi fecero arrenar la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza delle onde”. Atti 27:39-41 (Luzzi).UVI 278.3

    Paolo e gli altri prigionieri erano ora minacciati da un più terribile destino del naufragio. I soldati compresero che nel tentare di raggiungere la terraferma essi non avrebbero potuto controllare i loro prigionieri. Ogni uomo avrebbe dovuto mettercela tutta per salvare se stesso. Ma se qualcuno dei prigionieri fosse scappato i loro guardiani sarebbero stati condannati a morte. Per questo motivo i soldati avevano pensato di uccidere tutti i prigionieri. La legge romana aveva stabilito questa crudele regola. Il piano sarebbe stato eseguito immediatamente se non fosse stato per Paolo, al quale tutti si sentivano profondamente obbligati. Giulio, il centurione, sapeva che Paolo era stato uno strumento per la salvezza di tutti quelli che erano a bordo. Egli era inoltre convinto che il Signore era con quell’uomo e temeva di fargli del male. Perciò “comandò che quelli che sapevan nuotare si gettassero in mare per andarsene i primi a terra, e gli altri vi arrivassero, chi sopra tavole e chi sopra altri pezzi della nave. E così avvenne che tutti giunsero salvi a terra”. Atti 27:43, 44 (Luzzi). Tutti i prigionieri furono presenti all’appello.UVI 278.4

    I naufraghi furono accolti con gentilezza dal popolo barbaro di Malta. Questi, scrive Luca, “accesero un gran fuoco, ... a motivo della pioggia che cadeva e del freddo”. Paolo fu tra quelli che erano attivi nel servire per il bene comune. Egli raccolse “una quantità di legna secche e avendole poste sul fuoco, una vipera, sentito il caldo, uscì fuori, e gli si attaccò alla mano”. Quelli che gli stavano attorno furono terrorizzati. Viste le catene compresero che era un prigioniero e dicevano l’uno all’altro: “Certo, quest’uomo è un omicida, perché essendo scampato dal mare, pur la Giustizia divina non lo lascia vivere”. Ma Paolo scosse via la creatura ed essa cadde nel fuoco senza che ne avesse alcun danno. Sapendo che era una vipera velenosa, le persone guardavano Paolo aspettando di vederlo cadere da un momento all’altro in terribile agonia. “Ma dopo aver lungamente aspettato, veduto che non gliene avveniva alcun male, mutarono parere, e cominciarono a dire ch’egli era un dio”. Atti 28:2-6 (Luzzi).UVI 279.1

    Durante i tre mesi in cui i naufraghi rimasero a Malta, Paolo e i suoi compagni colsero molte opportunità per predicare il Vangelo. Il Signore operò abbondantemente mediante loro. Per amor di Paolo, tutti i naufraghi furono trattati con grande gentilezza e tutti i loro bisogni furono soddisfatti. Quando lasciarono Malta, furono generosamente provvisti di qualsiasi cosa che necessitassero per il viaggio. Luca così riferisce gli eventi principali del periodo trascorso a Malta:UVI 279.2

    “Or ne’ dintorni di quel luogo v’erano dei poderi dell’uomo principale dell’isola, chiamato Publio, il quale ci accolse, e ci albergò tre giorni amichevolmente. E accadde che il padre di Publio giacea malato di febbre e di dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e dopo aver pregato, gl’impose le mani e lo guarì. Avvenuto questo, anche gli altri che aveano delle infermità nell’isola, vennero, e furono guariti; ed essi ci fecero grandi onori; e quando salpammo, ci portarono a bordo le cose necessarie”. Atti 28:7-10 (Luzzi).UVI 279.3

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