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La speranza dell’uomo - Contents
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    Capitolo 33: “Chi sono i miei fratelli?”

    I figli di Giuseppe non approvavano l’opera di Gesù. Le notizie che ricevevano sulla sua vita e sulla sua missione li riempivano di stupore e sgomento. Sapevano che consacrava notti intere alla preghiera e che durante il giorno era talmente assediato dalla folla che non aveva neppure il tempo per mangiare. I suoi amici temevano che si esaurisse per quel lavoro continuo; non riuscivano a comprendere il suo atteggiamento nei confronti dei farisei, e alcuni temettero persino per il suo equilibrio psichico.SU 236.1

    I suoi fratelli vennero a conoscenza di queste cose e anche dell’accusa dei farisei secondo cui cacciava i demoni con il potere di Satana. E sentirono che la parentela con Gesù costituiva un pericolo per la loro reputazione. Seppero dell’agitazione prodotta dalle sue parole e dalle sue azioni; si allarmarono per le sue dichiarazioni esplicite e si indignarono per le accuse che rivolgeva agli scribi e i farisei. Allora decisero, con la persuasione o con la forza, di indurlo a cambiare modo di agire, e convinsero Maria a unirsi a loro per far leva sul suo amore filiale e indurlo a una maggiore prudenza.SU 236.2

    Non molto tempo prima Gesù aveva guarito per la seconda volta un indemoniato, cieco e sordo, e i farisei avevano ripetuto la loro accusa: “Egli caccia i demoni per l’aiuto del principe dei demoni”. Matteo 9:34. Gesù disse chiaramente che attribuendo a Satana l’opera dello Spirito Santo, si separavano dalla fonte della grazia. Coloro che avevano parlato contro Gesù senza conoscerne il carattere divino potevano essere perdonati, perché lo Spirito Santo poteva rivelare i loro errori e spingerli al pentimento. Qualsiasi peccato, se un uomo si pente e crede, viene purificato tramite il sacrificio del Cristo. Ma se qualcuno respinge l’opera dello Spirito Santo, si pone dove il pentimento e la fede non possono giungere. Dio opera nei cuori attraverso lo Spirito Santo, e quando gli uomini lo respingono volontariamente, attribuiscono la sua opera a Satana e interrompono l’unico canale tramite il quale Dio può comunicare con loro. Quando alla fine lo Spirito è completamente respinto, Dio non può fare più nulla.SU 236.3

    I farisei a cui Gesù rivolse questo avvertimento, non credevano all’accusa che avevano rivolto a Gesù. Tutti si erano sentiti attratti dal Salvatore. Avevano udito nei loro cuori la voce dello Spirito testimoniare che egli era l’Unto d’Israele e che li invitava a diventare suoi discepoli. Davanti a lui si erano resi conto delle loro colpe e avevano desiderato una giustizia che da soli non riuscivano a realizzare. Ma dopo averlo respinto sarebbe stato troppo umiliante riceverlo come Messia. Avendo ormai iniziato a percorrere la via dell’incredulità, erano troppo orgogliosi per confessare il loro errore. Per evitare di riconoscere la verità, cercarono con disperata violenza di confutare gli insegnamenti del Salvatore. La sua potenza e la sua misericordia li esasperavano. Non potevano impedire al Salvatore di compiere dei miracoli; non potevano ridurre al silenzio i suoi insegnamenti; ma fecero il possibile per screditare la sua persona e alterare le sue parole. Lo Spirito di Dio operava ancora in loro ed essi dovevano erigere molte barriere per resistere al suo potere. La più grande potenza che possa operare nel cuore dell’uomo era al lavoro, ma essi non volevano cedere.SU 236.4

    Non è Dio che acceca gli occhi degli uomini e che indurisce i loro cuori. Egli offre la luce per correggere i loro errori e condurli per la via più sicura. Gli occhi si chiudono e i cuori si induriscono quando questa luce viene rigettata. Spesso questo processo è graduale e quasi impercettibile. La luce giunge allo spirito mediante la Parola di Dio, attraverso i suoi messaggeri e per azione diretta del suo Spirito. Ma quando anche un solo raggio viene respinto, si verifica un parziale intorpidimento della sensibilità spirituale, e il secondo raggio di luce viene avvertito meno chiaramente. Così le tenebre si addensano finché si fa notte nell’anima. Tutto ciò stava avvenendo per i capi del popolo. Essi erano convinti che una potenza divina operasse attraverso il Cristo, ma resistettero alla potenza della verità e attribuirono a Satana l’opera dello Spirito Santo. Agendo così scelsero volontariamente l’inganno, si consegnarono a Satana e da quel momento caddero completamente sotto il suo controllo.SU 237.1

    Intimamente connesso con l’esortazione di Gesù a proposito del peccato contro lo Spirito Santo, è l’insegnamento sulle parole oziose e malvagie. Le parole manifestano i sentimenti del cuore. “Poiché dall’abbondanza del cuore la bocca parla”. Matteo 12:34. Le parole, però, sono qualcosa di più di una manifestazione del carattere: esse agiscono sul carattere. Gli uomini subiscono l’influsso delle loro parole. Accade spesso che, momentaneamente indotti da Satana, esprimano sentimenti di invidia e gelosia senza nemmeno credervi; ma le parole pronunciate agiscono a loro volta sui loro pensieri. Così sono ingannati dalle loro stesse parole e giungono a credere vero ciò che hanno detto per istigazione di Satana. Avendo espresso un’opinione o manifestato una decisione, gli uomini sono spesso troppo orgogliosi per cambiarla, e cercano così di mostrare che è giusta, sino a convincersi che lo è realmente. È pericoloso esprimere parole di dubbio sulla luce divina e criticarla. L’abitudine a una critica leggera e irriverente reagisce sul carattere e alimenta la mancanza di rispetto e l’incredulità. Molti, indulgendo in questa abitudine, si sono posti in una situazione pericolosa, arrivando a criticare e a rigettare l’opera dello Spirito Santo. Gesù ha detto: “Or io vi dico che d’ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderan conto nel giorno del giudizio; poiché dalle tue parole sarai giustificato, e dalle tue parole sarai condannato”. Matteo 12:36, 37.SU 237.2

    In seguito Gesù rivolse un’esortazione a coloro che erano stati colpiti dalle sue parole, che lo avevano ascoltato con piacere, ma che non avevano accolto nel loro cuore lo Spirito Santo. L’uomo si perde non solo resistendo, ma anche essendo negligente. “Or quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, va attorno per luoghi aridi, cercando riposo e non lo trova. Allora dice: Ritornerò nella mia casa donde sono uscito; e giuntovi, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora va e prende seco altri sette spiriti peggiori di lui, i quali, entrati, prendon quivi dimora”. Matteo 12:43-45.SU 238.1

    Molti, ai giorni di Gesù — come anche oggi — sembravano essere sfuggiti al potere di Satana. Mediante la grazia di Dio si erano liberati dagli spiriti malvagi che avevano preso possesso del loro spirito. Si rallegrarono dell’amore di Dio ma, simili agli uditori del terreno pietroso della parabola, non restarono legati al suo amore. Non si consacrarono a Dio tutti i giorni in modo che il Cristo potesse ispirarli; e quando lo spirito malvagio tornò con “altri sette spiriti peggiori di lui”, ricaddero completamente in balia della potenza del male.SU 238.2

    Quando un uomo si consacra al Cristo, un potere nuovo prende possesso del suo cuore. Si verifica un cambiamento che l’uomo non potrebbe mai produrre da solo. Si tratta di un’opera soprannaturale che introduce nell’uomo un elemento soprannaturale. L’uomo che si è consacrato al Cristo diventa come una fortezza di cui il Signore ha il dominio in questo mondo in rivolta e non permette che nessun’altra autorità, oltre la sua, venga accettata. Quando lo spirito è guidato dagli agenti divini non può essere conquistato dagli assalti di Satana. Ma se non accettiamo il dominio del Cristo saremo in balia del male. Non possiamo sfuggire al controllo di uno dei due grandi poteri che si contendono il dominio del mondo. Non è necessario decidere di servire il regno delle tenebre per essere sotto il suo dominio: è sufficiente trascurare di schierarsi con il regno della luce. Se non collaboriamo con gli agenti divini Satana prenderà possesso del nostro cuore e ne farà la sua dimora. L’unica salvaguardia contro il male è far dimorare il Cristo nel cuore mediante la fede nella sua giustizia. Se non ci uniamo intimamente con Dio, non possiamo resistere agli effetti dell’egoismo e dell’indulgenza verso noi stessi, e non possiamo resistere alla tentazione di peccare. Possiamo separarci da Satana e abbandonare molte cattive abitudini, ma senza una vitale comunione con Dio e una continua consacrazione a lui saremo inevitabilmente sopraffatti. Privi di una diretta conoscenza del Cristo e di una comunione continua, resteremo in balia del nemico e soggetti alla sua volontà.SU 238.3

    “E l’ultima condizione di cotest’uomo divien peggiore della prima. Così avverrà anche a questa malvagia generazione”. Matteo 12:45. Nessuno ha il cuore più indurito di quelli che hanno disprezzato l’invito della misericordia e hanno opposto resistenza allo Spirito della grazia. La più frequente manifestazione del peccato contro lo Spirito Santo consiste nel rifiuto di accettare l’invito del cielo al pentimento. Ogni passo compiuto nel rigetto del Cristo è un passo verso il rigetto della salvezza e verso il peccato contro lo Spirito Santo.SU 239.1

    Gli ebrei, quando rigettarono il Cristo, commisero questo peccato imperdonabile. Noi, rifiutando l’invito della misericordia, possiamo commettere lo stesso errore. Quando ci rifiutiamo di ascoltare i suoi messaggeri e prestiamo invece attenzione agli agenti di Satana che vogliono strappare gli uomini al Cristo, insultiamo il Principe della vita e lo esponiamo alla vergogna davanti alla sinagoga di Satana e davanti all’intero universo. Chi agisce così non può nutrire speranze di perdono e perderà infine ogni desiderio di riconciliazione con Dio.SU 239.2

    Mentre Gesù stava ancora parlando alla folla, i suoi discepoli gli riferirono che sua madre e i suoi fratelli erano fuori e desideravano vederlo. Egli conosceva i loro pensieri. “Ma Egli, rispondendo, disse a colui che gli parlava: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? E, stendendo la mano sui suoi discepoli, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e sorella e madre”. Matteo 12:48-50.SU 239.3

    Tutti coloro che accettano il Cristo per fede si uniscono a lui con un legame più stretto di quello di una qualsiasi parentela umana. Essi diventano una stessa cosa con lui, come Egli lo è con il Padre. Sua madre, credendo e mettendo in pratica le sue parole, si univa a lui con una parentela più intima di quanto non lo fosse quella naturale. I suoi fratelli non avrebbero ricevuto alcun beneficio dalla loro parentela con Gesù se non lo avessero accettato come personale Salvatore.SU 239.4

    Sarebbe stata una grande consolazione per il Cristo se i suoi parenti terreni avessero creduto in lui come inviato dal cielo e avessero collaborato con lui nel compiere l’opera di Dio. La loro incredulità gettò un’ombra sulla vita terrena di Gesù. Fu una parte dell’amara coppa di dolore che egli bevve sino in fondo.SU 240.1

    Il Figlio di Dio avvertì profondamente l’ostilità nata nel cuore degli uomini contro il Vangelo e provò un dolore particolare quando sorse nella sua casa, perché il suo cuore traboccava di tenerezza e di amore per i suoi familiari. I suoi fratelli volevano che Gesù condividesse le loro idee, ma se le avesse accettate si sarebbe completamente allontanato dalla sua missione. Pensavano che avesse bisogno dei loro consigli; lo giudicavano dal loro punto di vista e ritenevano che se avesse predicato un messaggio gradito agli scribi e ai farisei, avrebbe potuto evitare tutte le polemiche che le sue parole facevano sorgere. Pensavano che fosse fuori di sé quando pretendeva di avere un’autorità divina e quando rimproverava le colpe dei rabbini. Sapevano che i farisei cercavano un pretesto per accusarlo e si erano accorti che Gesù aveva offerto sufficienti occasioni per permettere che lo facessero.SU 240.2

    Con i loro criteri miopi non potevano valutare correttamente la missione che il Cristo era venuto a compiere e perciò non potevano simpatizzare con lui nelle prove. Le loro parole sprezzanti e grossolane mostravano che non avevano un’esatta comprensione del suo carattere e non distinguevano la sua natura divina che si manifestatava in quella umana. Spesso lo videro addolorato, ma invece di confortarlo lo ferirono con le loro parole e con il loro atteggiamento. Il suo animo era tormentato perché le sue motivazioni e la sua opera non erano compresi.SU 240.3

    I suoi fratelli seguivano l’antica dottrina dei farisei e pensavano di poter insegnare a colui che comprendeva tutta la verità e tutti i misteri. Essi condannavano apertamente ciò che non potevano capire. I loro rimproveri colpirono Gesù, il cui animo fu ferito e afflitto. Facevano professione di fede in Dio e pensavano di sostenerlo, mentre il Signore era in mezzo a loro in carne e ossa senza che lo riconoscessero.SU 240.4

    Tutte queste cose resero molto duro il lavoro di Gesù. L’incomprensione dei suoi familiari era un motivo di grande dolore che trovava sollievo nel recarsi altrove. C’era una casa che amava visitare: quella di Lazzaro, Maria e Marta. In quell’atmosfera di fede e amore, trovava riposo. Tuttavia, nessuno sulla terra avrebbe potuto comprendere la sua missione divina o rendersi conto del peso che portava per l’umanità. Spesso trovava conforto soltanto nella solitudine e nella comunione con il Padre.SU 240.5

    Coloro che sono chiamati a soffrire per amore del Cristo, che devono sopportare incomprensioni e prove, perfino nella propria famiglia, possono consolarsi al pensiero che anche Gesù ha sopportato le stesse difficoltà. Egli ha compassione di loro. Offre loro la sua amicizia e li invita a consolarsi là dove Egli stesso ha trovato consolazione: nella comunione con il Padre.SU 241.1

    Coloro che accettano il Cristo come Salvatore non rimangono orfani e non devono sopportare da soli le prove della vita. Egli li accoglie come membri della famiglia divina e dice loro di considerare suo Padre come loro Padre. Sono il suo “piccol gregge”, caro al cuore di Dio, unito a lui con il legame più tenero e duraturo. L’amore che Egli nutre per loro è tanto più grande di quello dei genitori terreni, quanto il divino è superiore all’umano.SU 241.2

    Nelle leggi date a Israele c’è una bella illustrazione della relazione del Cristo con il suo popolo. Quando un israelita era costretto per la miseria a vendere se stesso e il suo patrimonio, il parente più stretto aveva il dovere di salvarlo e riscattare i suoi beni. Cfr. Levitico 25:25, 47-49; Rut 2:20. Così il compito di redimerci e riscattare la nostra eredità perduta attraverso il peccato spetta a colui che è il “parente più prossimo”. Per redimerci il Cristo divenne nostro parente. Gesù, nostro Salvatore, ha stabilito con noi un legame più profondo di quello del padre, della madre, del fratello, dell’amico o del fidanzato. Egli dice: “Non temere, perché io t’ho riscattato, t’ho chiamato per nome; tu sei mio!... Perché tu sei prezioso agli occhi miei, perché sei pregiato ed io t’amo, io dò degli uomini in vece tua, e dei popoli in cambio della tua vita”. Isaia 43:1, 4.SU 241.3

    Il Cristo ama gli angeli che circondano il suo trono. Ma che dire del grande amore con cui ci ha amati? Non possiamo comprenderlo, ma nella nostra esperienza ci accorgiamo della sua realtà. E se preserviamo la nostra parentela con lui, con quale tenerezza tratteremo coloro che sono i fratelli e le sorelle del Signore! Siamo pronti a riconoscere l’ampiezza della nostra parentela divina? Adottati nella famiglia di Dio, non dobbiamo onorare il nostro Padre e tutti i nostri fratelli?SU 241.4

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