Capitolo 74: Gesù nel Getsemani
Seguito dai discepoli, Gesù si incamminò lentamente verso il giardino del Getsemani. Era il plenilunio di Pasqua e la luna risplendeva in un cielo limpido. L’accampamento dei pellegrini era immerso nel silenzio.SU 525.1
Gesù aveva avuto con i discepoli una conversazione animata; ma avvicinandosi al Getsemani era improvvisamente diventato silenzioso. Si era spesso recato in quel luogo per meditare e pregare, ma questa volta il suo cuore era affranto. Nella sua vita terrena aveva camminato alla luce della presenza di Dio. Quando doveva affrontare contrasti a causa di uomini posseduti dallo spirito di Satana, poteva dire: “E colui che mi ha mandato è meco; Egli non mi ha lasciato solo, perché fo del continuo le cose che gli piacciono”. Giovanni 8:29. Ma ora sembrava privo della consolante luce della presenza di Dio. Sembrava un trasgressore fra i trasgressori, e aveva su di sé il peso dell’umanità decaduta. Colui che non aveva conosciuto il peccato portava l’iniquità di tutti. Il peccato e il peso della colpa gli sembravano così terribili che temeva di essere per sempre privato dell’amore del Padre. Sentendo la grandezza dell’indignazione di Dio contro il peccatore, esclamò: “L’anima mia è oppressa da tristezza mortale”. Matteo 26:38.SU 525.2
Avvicinandosi al giardino, anche i discepoli avevano notato un cambiamento nel loro Maestro. Non lo avevano mai visto così triste e taciturno, ma non osavano chiedergliene il motivo. A mano a mano che andavano avanti, quella tristezza si faceva sempre più profonda, e Gesù vacillava come se fosse sul punto di cadere. Appena giunti nel giardino, i discepoli pensarono che il Maestro si sarebbe riposato nel solito luogo; ma Egli faceva fatica a procedere, gemeva come se portasse un peso terribile. Per due volte i discepoli lo sostennero per evitare che cadesse a terra.SU 525.3
Gesù lasciò i suoi discepoli, a eccezione di tre, all’ingresso del giardino e raccomandò loro di pregare per se stessi e per lui. Si addentrò nell’interno accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli che gli erano più vicini. Avevano contemplato la sua gloria sul monte della trasfigurazione, avevano visto Mosè ed Elia che parlavano con lui, avevano udito la voce dal cielo e ora, nel momento della grande lotta, Gesù desiderava che gli fossero ancora vicini. Spesso avevano trascorso la notte con lui e, dopo aver vegliato e pregato, si addormentavano accanto al loro Maestro, pronti a tornare con lui al lavoro, il giorno seguente. Ma ora Gesù desiderava che passassero la notte con lui in preghiera, sebbene gli dispiacesse che assistessero alla sua agonia.SU 525.4
Disse loro: “Rimanete qui e vegliate meco”. Matteo 26:38. Si allontanò un po’, ma non così tanto che non lo potessero vedere e udire, e cadde a terra. Sentiva che il peccato lo separava dal Padre. Quell’abisso era così profondo, così oscuro e così immenso, che tutto il suo animo fremeva. Egli non si sarebbe servito della sua potenza divina per evitare quell’agonia, ma come uomo avrebbe sopportato le conseguenze del peccato e la collera di Dio contro la trasgressione.SU 526.1
Ora Gesù era in una posizione diversa rispetto al passato. La sua sofferenza è ben descritta dal profeta: “Destati, o spada, contro il mio pastore, e contro l’uomo che mi è compagno! dice l’Eterno degli eserciti”. Zaccaria 13:7. Gesù, come sostituto e garante del peccatore, soffriva a causa della giustizia divina, e ne comprendeva il significato. Colui che nel futuro sarebbe stato l’intercessore degli uomini, ora sentiva il bisogno di un intercessore per sé.SU 526.2
Gesù si rendeva conto che la sua comunione con il Padre era interrotta, e temeva che la sua umanità non sarebbe stata capace di sopportare il conflitto imminente con le potenze delle tenebre. Al tempo della sua tentazione nel deserto, il destino della razza umana era stato in gioco, ma il Cristo aveva vinto. Ora il tentatore si avvicina per l’ultima terribile battaglia, per la quale si era preparato durante i tre anni del suo ministero. Tutto era nuovamente in gioco. Se fosse stato ancora sconfitto, avrebbe perso per sempre la sua speranza di predominio, sarebbe stato annientato e scacciato, e il regno del mondo sarebbe passato definitivamente al Cristo. Ma se il Cristo fosse stato vinto, allora la terra sarebbe diventata il regno di Satana e la razza umana sarebbe caduta per sempre nelle sue mani. Pensando alle terribili conseguenze di quel conflitto, Gesù temeva la separazione da Dio. Satana gli disse che se egli diventava garante per un mondo peccatore, questa separazione sarebbe stata eterna. Si sarebbe identificato con il regno di Satana e non sarebbe più stato unito a Dio.SU 526.3
Che cosa avrebbe guadagnato Gesù con quel sacrificio? La colpa e l’ingratitudine degli uomini apparivano veramente irrimediabili. La situazione si profilava davanti al Salvatore nel suo aspetto più tetro. Quel popolo che si credeva superiore a tutti gli altri per il vantaggio dei beni temporali e spirituali, lo aveva rifiutato, e cercava di distruggere colui che era il centro, il fondamento e il suggello delle promesse fatte loro come a un popolo particolare. Uno dei suoi discepoli, tra i più assidui e attivi, lo avrebbe tradito; un altro, fra i più zelanti, lo avrebbe rinnegato. Tutti lo avrebbero dimenticato. Gesù soffriva di fronte a queste prospettive. Lo tormentava il pensiero che coloro che aveva amato così tanto si sarebbero uniti alle trame di Satana. La lotta era terribile, per colpa della sua nazione, dei suoi accusatori, del suo traditore, e di un mondo immerso nel male. Il peccato degli uomini pesava sul Cristo; la consapevolezza dell’ira di Dio lo tormentava.SU 526.4
Il Cristo vedeva il prezzo per la salvezza dell’uomo. Nella sua agonia si afferrò al terreno, come temendo di essere strappato dal cospetto di Dio. Non avvertiva la fredda rugiada della notte che cadeva sul suo corpo prostrato. Dalle sue labbra esangui uscì l’amaro grido: “Padre mio, se possibile, passi oltre da me questo calice!” Tuttavia, aggiunse subito: “Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi”. Matteo 26:39.SU 527.1
Nella sofferenza si sente il bisogno di manifestazioni di simpatia. Gesù, angosciato, si accostò ai discepoli per ricevere parole di conforto da coloro che tante volte aveva benedetto, consolato e sostenuto nei momenti difficili. Colui che aveva sempre rivolto loro parole di simpatia, stava affrontando una tale agonia che aveva bisogno delle loro preghiere. Il peccato appariva in tutta la sua gravità ed era tentato di lasciare che la razza umana sopportasse le conseguenze delle proprie colpe, poiché egli era innocente davanti di Dio. Il fatto di sapere che i discepoli conoscevano e apprezzavano tutto ciò, avrebbe rappresentato per lui un grande incoraggiamento.SU 527.2
Si alzò, quindi con fatica si avvicinò al luogo dove aveva lasciato i discepoli e “li trovò che dormivano”. Matteo 26:40. Avrebbe provato conforto se li avesse trovati in preghiera e se con fede avessero cercato aiuto da Dio per affrontare l’assalto degli agenti di Satana. Ma essi non avevano tenuto conto della sua ripetuta esortazione a vegliare e a pregare. Dapprima erano rimasti sorpresi perché il loro Maestro, sempre calmo e contenuto, era turbato da un incomprensibile dolore e avevano pregato nell’udire le sue grida di angoscia. Non volevano abbandonare il loro Maestro, ma si sentivano come paralizzati da un torpore dal quale avrebbero potuto liberarsi solo con una preghiera perseverante. Non comprendevano la necessità di vegliare e pregare con fervore per poter resistere alla tentazione.SU 527.3
Prima di dirigersi verso il giardino, Gesù aveva detto ai discepoli: “Questa notte voi tutti avrete in me un’occasion di caduta”. Matteo 26:31. Essi avevano replicato con fermezza che lo avrebbero seguito anche in prigione e rischiato la morte. E Pietro, esprimendo la propria sufficienza, aveva aggiunto: “Quand’anche tutti fossero scandalizzati, io però non lo sarò”. Marco 14:29. Ma i discepoli confidavano troppo in se stessi e, respingendo i consigli di Gesù, non cercarono aiuto. E nel momento in cui il Salvatore aveva più bisogno della loro simpatia e delle loro preghiere, essi dormivano. Anche Pietro dormiva.SU 527.4
Giovanni, il discepolo prediletto, che si era appoggiato al petto di Gesù, dormiva anch’egli, mentre l’amore per il Maestro avrebbe dovuto tenerlo sveglio, per unire la sua preghiera a quella del Salvatore in quell’ora di grande sofferenza. Il Redentore aveva pregato per notti intere per i suoi discepoli affinché la loro fede non si affievolisse. Se Gesù avesse chiesto nuovamente a Giacomo e a Giovanni: “Potete voi bere il calice che io sto per bere?”, certamente non avrebbero osato rispondere ancora: “Sì, lo possiamo”. Matteo 20:22.SU 528.1
I discepoli si svegliarono quando Gesù li chiamò, ma lo riconobbero appena, tanto il suo volto era cambiato. Gesù disse a Pietro: “Simone, dormi tu? non sei stato capace di vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; ben è lo spirito pronto, ma la carne è debole”. Marco 14:37, 38.SU 528.2
Gesù sapeva che i discepoli erano deboli, e temeva che non riuscissero a sopportare la prova del tradimento e della morte. Non li rimproverò, ma disse loro: “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione”. Perfino nel momento della suprema agonia comprese la loro debolezza e disse: “Ben è lo spirito pronto, ma la carne è debole”.SU 528.3
Il Figlio di Dio ricadde nella sua grande agonia e, debole ed esaurito, tornò sul luogo della lotta. Le sue sofferenze aumentarono sino allo spasimo, “e il suo sudore divenne come grosse gocce di sangue che cadeano in terra”. Luca 22:44. I cipressi e le palme erano i taciti testimoni di quell’angoscia. Dalle loro foglie scendevano gocce di rugiada sul suo corpo esausto, come se la natura piangesse con il suo Creatore che lottava solo contro le potenze delle tenebre.SU 528.4
Poco prima Gesù era stato saldo come un cedro possente contro l’uragano dell’opposizione. Volontà ostinate e cuori maligni e astuti avevano cercato inutilmente di metterlo in difficoltà e sopraffarlo: era rimasto incrollabile nella sua posizione di Figlio di Dio. Ma ora Gesù sembrava una canna sbattuta e piegata da una violenta tempesta. Si era incamminato come un conquistatore verso il compimento della sua opera, ottenendo a ogni passo delle vittorie sulle potenze delle tenebre. Aveva proclamato la sua unità con Dio come se fosse già nella gloria, aveva espresso con sicurezza le lodi di Dio, e aveva rivolto ai discepoli parole di incoraggiamento e tenerezza. Ma era giunta l’ora delle potenze delle tenebre, e in quella notte tranquilla dalle sue labbra non uscivano canti di trionfo ma espressioni di angoscia. Le parole del Salvatore giunsero sino alle orecchie sonnacchiose dei discepoli: “Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza ch’io lo beva, sia fatta la tua volontà”. Matteo 26:42.SU 528.5
Il primo impulso dei discepoli fu di andare da lui, ma egli aveva detto loro di aspettare là, vegliando e pregando. Quando Gesù tornò da loro, li trovò nuovamente addormentati. Sentiva ancora la necessità del sostegno dei suoi discepoli e delle loro parole di conforto per vincere le tenebre che lo circondavano, ma i loro occhi erano appesantiti “e non sapevano cosa rispondergli”. La sua presenza li svegliò; videro sul suo volto le macchie di sangue dell’agonia ed ebbero paura. Non riuscivano a comprendere la sua angoscia. “Tanto era disfatto il suo sembiante sì da non parer più un uomo, e il suo aspetto sì da non parer più un figliuol d’uomo”. Isaia 52:14.SU 529.1
Gesù tornò ancora nel suo luogo di preghiera e cadde prostrato, angosciato per l’orrore delle profonde tenebre. In quell’ora di prova, l’umanità del Figlio di Dio tremava. Non pregava per la fede dei suoi discepoli ma per sé, per il suo spirito tentato e agonizzante. Era venuto il momento terribile in cui si sarebbe deciso il destino del mondo. La sorte dell’umanità era in bilico, come su una bilancia. Gesù avrebbe potuto rifiutarsi di bere la coppa preparata per l’uomo colpevole. Poteva ancora farlo. Poteva tergersi le gocce di sangue dalla fronte e lasciare che gli uomini morissero per la loro malvagità. Poteva abbandonare i trasgressori ai loro peccati e tornarsene al Padre. Il Figlio di Dio avrebbe accettato l’amaro calice dell’umiliazione e dell’agonia? Quell’essere innocente avrebbe accondisceso a sopportare le conseguenze della maledizione del peccato per salvare i colpevoli? Dalle pallide labbra di Gesù uscirono queste parole: “Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza ch’io lo beva, sia fatta la tua volontà”.SU 529.2
Tre volte ripeté questa preghiera. Per tre volte l’umanità di Gesù esitò davanti all’ultimo e supremo sacrificio. Ma ecco delinearsi allo Spirito del Redentore del mondo la storia della razza umana: Egli vede i trasgressori della legge abbandonati a se stessi, destinati a perire; vede l’uomo in uno stato disperato; scorge la potenza del peccato e gli appaiono il dolore e i lamenti di un mondo condannato. La sua decisione è presa: salverà l’uomo a qualunque costo. Accetta il battesimo di sangue, perché con la sua morte milioni di esseri umani possano avere la vita eterna. Per salvare l’unica pecora perduta, il solo mondo caduto nel peccato, egli ha lasciato il cielo dove tutto è purezza, felicità e gloria; non rinuncerà alla sua missione e diventerà una vittima propiziatoria per una razza votata al peccato. La sua preghiera ora esprime solo sottomissione: “Se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza ch’io lo beva, sia fatta la tua volontà”.SU 529.3
Dopo questa decisione, cadde al suolo agonizzante. Non c’erano i discepoli per sollevare il capo del loro Maestro, per bagnarne la fronte angustiata dai più grandi tormenti mai sopportati da nessun uomo. Il Salvatore calcò l’uva nello strettoio da solo, senza che nessuno dei suoi fosse con lui.SU 530.1
Ma Dio soffrì con il Figlio. Gli angeli contemplarono l’agonia del Salvatore; lo videro circondato da legioni di demoni, in preda a un angoscioso e incomprensibile timore. C’era silenzio in cielo; nessun’arpa vibrava. Se gli uomini avessero potuto scorgere lo sbigottimento degli angeli mentre silenziosi osservavano il Padre che ritirava dal Figlio la sua luce, il suo amore e la sua gloria, avrebbero compreso meglio la gravità del peccato.SU 530.2
I mondi che non hanno conosciuto il peccato e gli angeli osservavano con grande interesse la conclusione del conflitto. Anche Satana e i suoi seguaci guardavano attentamente la grande lotta per la redenzione. Le potenze del bene e del male attendevano ansiosamente la risposta di Dio alla preghiera che Gesù aveva ripetuto tre volte. Gli angeli avrebbero voluto aiutare quell’essere divino che soffriva, ma non potevano. Nessuna via d’uscita si apriva per il Figlio di Dio. In quella tremenda crisi, quando ogni cosa era in gioco e il calice misterioso tremava nelle mani del Cristo sofferente, i cieli si aprirono, una luce squarciò quelle tenebre oscure e l’angelo possente che occupa, alla presenza di Dio, il posto di Satana prima della sua caduta, scese al fianco del Cristo. L’angelo non venne per togliere il calice della sua mano, ma per aiutarlo a berlo e per infondergli la certezza dell’amore del Padre. L’angelo venne a dare forza all’essere divino e umano che pregava. Indicò a Gesù i cieli aperti; gli parlò degli uomini salvati grazie alle sue sofferenze; gli ricordò che il Padre è più grande e più potente di Satana e che egli sarebbe stato pienamente sconfitto con la sua morte, che il regno di questo mondo sarebbe stato assegnato ai santi dell’Altissimo. Inoltre gli disse che avrebbe visto il frutto del tormento del suo spirito e ne sarebbe stato placato: la grande folla salvata per tutta l’eternità.SU 530.3
Il Cristo, nonostante l’agonia continuasse, ritrovò il coraggio. La tempesta che si era scatenata dentro di lui non si era affievolita, ma ora si sentiva più forte per affrontarne la furia. Ritrovò la calma e la fiducia, mentre la pace del cielo riposava sul suo volto insanguinato. Aveva sperimentato ciò che nessun essere umano avrebbe potuto sopportare; aveva assaporato per ogni uomo le sofferenze della morte.SU 530.4
I discepoli erano stati improvvisamente svegliati dalla luce che circondava il Salvatore, e avevano scorto un angelo accanto a lui. Videro l’angelo mentre sollevava il capo del Maestro e lo volgeva verso il cielo. Udirono la sua voce, simile a una musica dolcissima, che pronunciava parole di conforto e speranza. I discepoli ripensarono subito alla scena che avevano visto sul monte della trasfigurazione, si ricordarono della gloria che aveva circondato Gesù nel tempio e della voce di Dio che gli aveva parlato dalla nuvola. In quel momento si manifestava ancora la stessa gloria ed essi non ebbero più alcun timore per il loro Maestro. Sentirono che era sotto la protezione di Dio, il quale aveva mandato un angelo potente per proteggerlo. E i discepoli, stanchi, ricaddero nel torpore, e Gesù li trovò addormentati per la terza volta.SU 531.1
Li guardò rattristato e disse loro: “Dormite pure oramai, e riposatevi! Ecco, l’ora è giunta, e il Figliuol dell’uomo è andato nelle mani dei peccatori”. Matteo 26:45.SU 531.2
Mentre diceva queste parole, udì lo scalpiccìo della plebaglia che lo cercava, e aggiunse: “Levatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino”. Matteo 26:46.SU 531.3
Dal volto di Gesù erano spariti i segni dell’agonia, ed egli si mosse per andare incontro a colui che lo tradiva. Si allontanò dai discepoli e chiese: “Chi cercate? Gli risposero: Gesù il Nazareno! Gesù disse loro: Son io”. Giovanni 18:4, 5. Appena ebbe pronunciato queste parole, l’angelo che lo aveva soccorso si mise fra lui e la folla. Una luce divina illuminò il volto del Salvatore e una forma di colomba si delineò su lui. La folla sanguinaria non poté resistere neppure per un momento davanti a quella gloria divina. Tutti si ritrassero indietro; sacerdoti, anziani, soldati, e perfino Giuda, caddero come morti al suolo.SU 531.4
L’angelo si ritirò e la luce sparì. Gesù avrebbe potuto allontanarsi, ma restò calmo e padrone di sé. Come un essere glorificato, si ergeva fra quella turba indurita che giaceva impotente ai suoi piedi. I discepoli guardavano attoniti e impauriti.SU 531.5
Rapidamente la scena mutò. La folla si alzò; i soldati romani, i sacerdoti e Giuda si raccolsero intorno a Gesù. Si vergognavano della loro debolezza e temevano che egli fuggisse. Di nuovo il Salvatore chiese loro: “Chi cercate?” Essi avevano avuto la prova che colui che stava davanti a loro era il Figlio di Dio, ma non volevano convincersene. Alla sua domanda risposero di nuovo: “Gesù il Nazareno”.SU 531.6
Gesù disse: “V’ho detto che son io; se dunque cercate me, lasciate andar questi”. Giovanni 18:7, 8. Gesù si riferiva ai discepoli, perché sapeva che la loro fede era debole e voleva preservarli dalla tentazione e dalla prova. Era pronto a sacrificarsi per loro.SU 532.1
Giuda non si dimenticò del compito che doveva svolgere. Guidava la folla, e accanto a lui c’era il sommo sacerdote. A coloro che volevano arrestarlo aveva dato questo segnale: “Quello che bacerò, è lui; pigliatelo”. Matteo 26:48. Fingendo di non aver niente a che fare con loro, si avvicinò; gli prese amichevolmente la mano e gli dette un lungo bacio dicendogli: “Ti saluto, Maestro”. Matteo 26:49. Simulava il pianto, come se simpatizzasse con il suo Maestro in pericolo.SU 532.2
Gesù gli chiese: “Amico, a far che sei tu qui?” Matteo 26:50. La sua voce tremava di dolore quando aggiunse: “Giuda, tradisci tu il Figliuol dell’uomo con un bacio?” Luca 22:48. Le parole di Gesù avrebbero dovuto risvegliare la coscienza di quel traditore e commuovere il suo cuore indurito, ma Giuda ormai non conosceva più né onore né fedeltà né tenerezza. Era là, fiero e sicuro di sé, per nulla disposto a cedere. Si era abbandonato completamente a Satana e non poteva più resistergli. Gesù non respinse il bacio del traditore.SU 532.3
La folla si fece baldanzosa quando vide che Giuda toccava colui che poco prima era stato glorificato davanti ai loro occhi. Si impadronirono di Gesù e legarono quelle mani preziose che erano state sempre impegnate a fare del bene.SU 532.4
I discepoli pensavano che il Salvatore non si sarebbe lasciato catturare, e che la stessa potenza che aveva fatto cadere a terra la folla come morta, l’avrebbe resa inoffensiva perché Gesù e i suoi potessero fuggire; perciò rimasero delusi e indignati quando videro che venivano legate le mani di colui che essi amavano. Pietro nella sua ira estrasse la spada e cercò di difendere il Maestro, ma riuscì solo a tagliare un orecchio del servitore del sommo sacerdote. Gesù intervenne, lo liberò dai soldati romani e disse: “Lasciate, basta!” Luca 22:51. Toccò l’orecchio ferito che guarì immediatamente. Poi disse a Pietro: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendon la spada, periscon per la spada. Credi tu forse ch’io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in quest’istante più di dodici legioni d’angeli?” Matteo 26:52, 53. Una legione al posto di ogni discepolo. I discepoli si chiedevano come mai egli non volesse salvare se stesso e loro. Rispondendo alla loro domanda inespressa, Gesù aggiunse: “Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?” Matteo 26:54. “Non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?” Giovanni 18:11.SU 532.5
I capi del popolo avevano partecipato all’arresto di Gesù. Era un affare troppo importante per affidarlo a dei subordinati; questi astuti sacerdoti e anziani si erano uniti alle guardie del tempio e alla plebaglia che seguiva Giuda, fin nel Getsemani. Quale compagnia per quei dignitari: una turba avida di sensazioni, armata di bastoni come se andasse a caccia di una bestia feroce!SU 533.1
Gesù si volse verso i sacerdoti e gli anziani, li guardò attentamente e pronunciò delle parole che essi non avrebbero mai più dimenticato per tutta la vita: erano come i dardi affilati dell’Onnipotente. Gesù disse autorevolmente e dignitosamente: “Voi siete usciti con spade e bastoni, come contro a un ladrone; mentre ero ogni giorno con voi nel tempio, non mi avete mai messe le mani addosso; ma questa è l’ora vostra e la potestà delle tenebre”. Luca 22:52, 53.SU 533.2
I discepoli erano terrorizzati perché Gesù si era lasciato prendere e legare. Li offendeva il pensiero che una simile umiliazione fosse inflitta al Maestro e a loro stessi. Non riuscivano a capire il suo modo di fare e non approvavano la sua sottomissione alla folla che lo maltrattava. Indignati e terrorizzati, accettarono l’idea di Pietro di fuggire. “Allora tutti i discepoli, lasciatolo, se ne fuggirono”. Matteo 26:56. Gesù aveva predetto quel tradimento. “Ecco, l’ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascun dal canto suo, e mi lascerete solo; ma io non son solo, perché il Padre è meco”. Giovanni 16:32.SU 533.3