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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 24: La Pasqua

    Quando Mosè chiese per la prima volta al faraone la liberazione d’Israele, lo avvertì della piaga più terribile che avrebbe potuto colpirlo: “...Così dice l’Eterno: Israele è il mio figliuolo, il mio primogenito; e io ti dico: Lascia andare il mio figliuolo, affinché mi serva; e se tu ricusi di lasciarlo andare, ecco, io ucciderò il tuo figliuolo, il tuo primogenito”. Esodo 4:22, 23. Anche se gli egiziani disprezzavano gli israeliti, Dio invece li aveva onorati, affidando loro il privilegio di custodire la sua legge. Il Signore aveva accordato particolari benefici e prerogative a Israele, che ebbe dunque un primato sulle altre nazioni. La dignità attribuita a questo popolo è simile a quella di cui è investito un figlio primogenito, rispetto agli altri fratelli.PP 227.1

    Il terribile castigo che Mosè aveva predetto all’inizio delle piaghe sarebbe stato l’ultimo. Dio è generoso e pieno di misericordia e nutre un amore profondo per gli uomini, che ha creato a sua immagine. Se la perdita del raccolto e del bestiame avesse indotto gli egiziani a pentirsi, i loro figli non sarebbero morti. Il netto rifiuto che l’Egitto aveva opposto all’ordine divino, rendeva il flagello finale ormai imminente.PP 227.2

    Il faraone aveva proibito a Mosè di presentarsi ancora in sua presenza, pena la morte. Ma il sovrano ribelle doveva ascoltare l’ultimo messaggio divino e così Mosè andò a corte con questo terribile annuncio: “...Così dice l’Eterno: Verso mezzanotte, io passerò in mezzo all’Egitto; e ogni primogenito nel paese d’Egitto morrà: dal primogenito di Faraone che siede sul suo trono, al primogenito della serva che sta dietro la macina, e ad ogni primogenito del bestiame. E vi sarà per tutto il paese d’Egitto un gran grido, quale non ci fu mai prima, né ci sarà di poi. Ma fra tutti i figliuoli d’Israele, tanto fra gli uomini quanto fra gli animali neppure un cane moverà la lingua, affinché conosciate la distinzione che l’Eterno fa tra gli Egiziani e Israele. E tutti questi tuoi servitori scenderanno da me, e s’inchineranno davanti a me, dicendo: Parti, tu e tutto il popolo ch’è al tuo seguito! E, dopo questo, io partirò”. Esodo 11:4-8.PP 227.3

    Prima di eseguire la sentenza di condanna definitiva dell’Egitto, l’Eterno diede agli israeliti indicazioni precise sulla loro prossima partenza. La principale preoccupazione di Dio era tuttavia garantire la salvezza del suo popolo dal castigo che incombeva sul paese. Per ordine divino, ogni famiglia, da sola o insieme ad altre, avrebbe ucciso un agnello o un capretto “senza difetto” e con un ramo di issopo ne avrebbe spruzzato il sangue “sui due stipiti e sull’architrave della porta”. In questo modo, l’angelo sterminatore, che sarebbe giunto a mezzanotte, non sarebbe entrato in quella casa. Durante la notte, gli ebrei avrebbero mangiato carne arrostita, pane azzimo ed erbe amare, come aveva detto Mosè: “...Coi vostri fianchi cinti, coi vostri calzari ai piedi e col vostro bastone in mano; e mangiatelo in fretta: è la Pasqua dell’Eterno”. Esodo 12:11.PP 227.4

    Il Signore, infatti, aveva dichiarato: “Quella notte io passerò per il paese d’Egitto, e percoterò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto degli uomini quanto degli animali, e farò giustizia di tutti gli dèi d’Egitto... Quel sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; e quand’io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi, quando percoterò il paese d’Egitto”. Esodo 12:12, 13.PP 228.1

    In ricordo di questo evento, tutte le generazioni future del popolo d’Israele avrebbero celebrato una festa. “Quel giorno sarà per voi un giorno di ricordanza, e lo celebrerete come una festa in onore dell’Eterno; lo celebrerete d’età in età come una festa d’istituzione perpetua”. Esodo 12:14. Durante questa ricorrenza, gli israeliti avrebbero raccontato ai loro figli la storia di quella grande liberazione, come Mosè aveva ordinato loro: “Risponderete: Questo è il sacrifizio della Pasqua in onore dell’Eterno, il quale passò oltre le case dei figliuoli d’Israele in Egitto, quando colpì gli Egiziani e salvò le nostre case”. Esodo 12:27.PP 228.2

    In ricordo di quell’avvenimento prodigioso, ogni primogenito, sia fra gli uomini sia fra gli animali, sarebbe stato proprietà di Dio. Esso sarebbe stato restituito solo in cambio di un riscatto: in questo modo, gli ebrei riconoscevano che quando Dio aveva sterminato i primogeniti egiziani, aveva risparmiato quelli d’Israele grazie a un sacrificio di espiazione. Quella notte, infatti, i primogeniti ebrei erano stati esposti alla stessa condanna di quelli egiziani. “...Ogni primogenito è mio” dichiarò il Signore “il giorno ch’io colpii tutti i primogeniti nel paese d’Egitto, io mi consacrai tutti i primi parti in Israele, tanto degli uomini, quanto degli animali; saranno miei...”. Numeri 3:13.PP 228.3

    Dopo l’istituzione del tabernacolo, il Signore scelse per il servizio del santuario la tribù di Levi, che sostituì i primogeniti del popolo israelita. “...Mi sono interamente dati di tra i figliuoli d’Israele” disse “io li ho presi per me, invece... dei primogeniti di tutti i figliuoli d’Israele”. Numeri 8:16.PP 228.4

    Ma anche dopo la consacrazione della tribù di Levi, Dio continuò a richiedere il pagamento di un riscatto per ogni primogenito, in ricordo della misericordia che Dio aveva manifestato per Israele in Egitto. Cfr. Numeri 18:15, 16.PP 229.1

    La Pasqua aveva due significati: i suoi rituali erano commemorativi e simbolici. Questa festa ricordava infatti l’affrancamento d’Israele, ma annunciava nello stesso tempo la grande liberazione che il Cristo avrebbe compiuto, riscattando il suo popolo dalla schiavitù del male. L’agnello sacrificale rappresenta “l’Agnello di Dio”, su cui si fonda la nostra unica speranza di salvezza. L’apostolo Paolo afferma: “...La nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata”. 1 Corinzi 5:7. L’uccisione dell’agnello, però, non era in sé, una garanzia di salvezza: era necessario spruzzarne il sangue sugli stipiti delle porte. Allo stesso modo, l’uomo deve comprendere profondamente il valore del sacrificio del Cristo. Non è sufficiente credere che Gesù morì per il mondo: dobbiamo essere convinti che Egli morì per ognuno di noi. Dobbiamo fare nostra la forza liberatrice del suo sacrificio.PP 229.2

    L’issopo usato per spruzzare il sangue sulle porte era il simbolo della purificazione: era utilizzato come detergente dai lebbrosi e da chi si contaminava tramite il contatto con un cadavere. Il significato simbolico di questa pianta è evidente nella preghiera del salmista: “Purificami con l’issopo, e sarò netto: lavami, e sarò più bianco che neve”. Salmi 51:7.PP 229.3

    L’agnello doveva essere arrostito intero: non se ne doveva spezzare neppure un osso, così come non sarebbe stata spezzata nessuna delle ossa dell’Agnello di Dio che sarebbe morto per noi. Cfr. Giovanni 19:36. Questi particolari rappresentavano simbolicamente la completezza del sacrificio del Cristo. Poi gli israeliti dovevano mangiare la carne dell’agnello. Non è sufficiente credere in Cristo per ottenere il perdono delle nostre colpe. Se abbiamo fede, attraverso la sua Parola, Gesù sarà il nutrimento della nostra vita spirituale. Il Cristo disse: “...Se non mangiate la carne del Figliuol dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna”. Giovanni 6:53, 54. Per spiegare ciò che intendeva dire aggiunse: “...Le parole che vi ho dette sono spirito e vita”. Giovanni 6:63. Gesù accettò la legge del Padre, la mise in pratica nella sua vita, ne fece comprendere il vero significato e mostrò i benefici che essa può assicurare. L’apostolo Giovanni dice: “E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiam contemplata la sua gloria, gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso al Padre”. Giovanni 1:14. I discepoli del Cristo devono condividere la sua esperienza. Per farlo hanno bisogno di assimilare la Parola di Dio: essa dovrà ispirare la loro vita e le loro azioni. Attraverso la Bibbia, la potenza divina produce nei credenti una graduale trasformazione, a somiglianza del Cristo: essi finiscono per rispecchiarne le qualità. Se non mangiano la carne e bevono il sangue del Figlio di Dio, in loro non esisterà la vita. Chi vuole seguire il Cristo deve quindi agire come lui e fare le sue stesse scelte.PP 229.4

    Gli ebrei dovevano mangiare l’agnello con le erbe amare per ricordare l’amarezza della schiavitù in Egitto. Allo stesso modo, se desideriamo seguire l’esempio di Gesù, proveremo una profonda sofferenza, a causa delle nostre colpe. L’uso del pane non lievitato, esplicitamente raccomandato nella legge della Pasqua, aveva un preciso significato. L’osservanza di questa prescrizione era così rigida, presso gli ebrei, che durante questa festa nelle loro case non si trovava lievito. Il lievito rappresentava il peccato: chiunque vuole ricevere la salvezza e il sostegno di Gesù, deve rifiutare il male. L’apostolo Paolo scrisse alla chiesa di Corinto queste parole: “Purificatevi dal vecchio lievito, affinché siate una nuova pasta... Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità”. 1 Corinzi 5:7, 8.PP 230.1

    Prima di ottenere la libertà, gli schiavi dovevano dimostrare la loro fiducia nell’imminente, grande liberazione. Avrebbero contrassegnato le loro case con il sangue dell’agnello, per poi riunirsi con la propria famiglia. Se gli israeliti avessero trascurato un qualsiasi particolare delle indicazioni date loro, se non avessero riunito i loro figli, se, pur avendo ucciso l’agnello, non ne avessero spruzzato il sangue sugli stipiti o se fossero usciti di casa, non sarebbero stati al sicuro. Potevano essere onestamente convinti di avere adempiuto ogni prescrizione: la loro sincerità non sarebbe stata sufficiente a salvarli. L’angelo sterminatore avrebbe ucciso il primogenito di chiunque non avesse eseguito con esattezza le direttive divine.PP 230.2

    Israele doveva manifestare la sua fede attraverso l’ubbidienza agli ordini di Dio. Secondo questo esempio, coloro che sperano di essere salvati per i meriti del Cristo dovrebbero agire in modo coerente: ciò costituirà una conferma della loro salvezza. Solo il Cristo può liberarci dalle conseguenze della trasgressione, ma noi dobbiamo ubbidirgli e abbandonare il male. L’uomo è salvato per fede e non per opere, tuttavia la fede si concretizza nel comportamento.PP 230.3

    Dio ha offerto suo Figlio perché morisse per espiare il peccato e mostrasse tramite la sua vita il percorso che conduce alla salvezza. Per rendere più semplice questo cammino, Egli ha affidato all’uomo prescrizioni e privilegi, che costituiscono altrettanti strumenti di redenzione. Se l’uomo apprezza questo aiuto, ha fede e ubbidisce ai consigli divini, egli collabora con Dio per la propria salvezza.PP 230.4

    Quando Mosè riferì a Israele le istruzioni di Dio in vista della liberazione dalla schiavitù, “il popolo s’inchinò e adorò”. La speranza della libertà, la consapevolezza dell’imminente e terribile giudizio che avrebbe colpito gli oppressori, le attenzioni che il Signore aveva manifestato in funzione dell’improvvisa partenza: tutto ciò ispirò negli israeliti una profonda riconoscenza per il loro misericordioso Liberatore. Molti egiziani avevano riconosciuto nel Dio degli ebrei l’unico vero Dio. Essi chiesero di potersi rifugiare nelle case degli ebrei, quando l’angelo sterminatore sarebbe giunto nel paese. Essi furono accolti con gioia e da allora si impegnarono a servire il Dio di Giacobbe, abbandonando l’Egitto con il popolo eletto.PP 231.1

    Gli israeliti ubbidirono alle indicazioni di Dio. I preparativi per la partenza furono compiuti rapidamente e in gran segreto. Le famiglie si riunirono, l’agnello pasquale venne ucciso e arrostito sul fuoco e furono preparati il pane azzimo e le erbe amare. Il padre, come sacerdote della casa, spruzzò il sangue sugli stipiti della porta e riunì la famiglia. L’agnello pasquale fu mangiato in fretta: tutti tacevano. Gli israeliti pregarono e vegliarono. Tutti i figli primogeniti, dall’uomo adulto e forte al bambino più piccolo, erano turbati da un terrore indefinito. I padri e le madri, pensando al terribile flagello di quella notte, strinsero i figli maggiori tra le loro braccia. Tuttavia, nessun israelita morì. Il sangue dell’agnello — simbolo della protezione del Salvatore — era stato spruzzato sulla porta delle loro case e l’angelo sterminatore non vi entrò. A mezzanotte “...vi fu un gran grido in Egitto, perché non c’era casa dove non fosse un morto”. Esodo 12:30. Tutti i primogeniti del paese, “dal primogenito di Faraone che sedeva sul suo trono al primogenito del carcerato ch’era in prigione, e tutti i primogeniti del bestiame” (Esodo 12:29) erano stati uccisi.PP 231.2

    In tutto il vasto regno d’Egitto l’orgoglio di ogni famiglia era stato abbattuto. Si udivano urla e lamenti ovunque. Il re e i cortigiani, pallidi, con le labbra tremanti, erano atterriti e sopraffatti dal terrore. Il faraone si ricordò di aver detto: “...Chi è l’Eterno ch’io debba ubbidire alla sua voce e lasciar andare Israele? Io non conosco l’Eterno, e non lascerò affatto andare Israele”. Esodo 5:2. La sua presunzione e il suo orgoglio erano stati infine umiliati ed egli “...chiamò Mosè ed Aaronne, di notte, e disse: Levatevi, partite di mezzo al mio popolo, voi e i figliuoli d’Israele; e andate, servite l’Eterno, come avete detto... e benedite anche me!” Esodo 12:31, 32. Anche i consiglieri del re e il popolo incalzavano “...per affrettarne la partenza dal paese, perché dicevano: Noi siamo tutti morti”. Esodo 12:33.PP 231.3

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