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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 60: La presunzione di Saul

    Dopo l’assemblea di Ghilgal, Saul sciolse l’esercito che aveva risposto alla sua chiamata per travolgere gli ammoniti, riservandosi solo duemila uomini ai suoi ordini, a Micmas, e mille agli ordini di Gionathan, a Ghibea. Questo scioglimento costituì un grave errore, perché se il suo esercito, così su di morale e pieno di coraggio per la recente vittoria, avesse continuato la battaglia contro gli altri nemici d’Israele avrebbe inferto loro un grave colpo che avrebbe consolidato l’indipendenza d’Israele.PP 520.1

    Nel frattempo i filistei, i loro bellicosi avversari, erano attivi. Nonostante la sconfitta di Eben-Ezer, possedevano ancora alcune colline fortificate nella terra d’Israele, e si erano stabiliti proprio nel cuore del paese. Per attitudine alla guerra, armi, equipaggiamento, i filistei erano notevolmente avvantaggiati rispetto agli israeliti; e durante il lungo periodo della loro oppressione avevano cercato di proibire il commercio del ferro per non permettere loro di costruire delle armi. Al termine del periodo di pace gli ebrei avevano ricostruito le fortezze dei filistei realizzando solo gli interventi indispensabili. Abituati a una vita facile, e resi fiacchi dal lungo periodo di oppressione, gli uomini d’Israele avevano veramente trascurato di rifornirsi di armi. Avrebbero potuto procurarsi archi e fionde da usare in guerra, ma non lo fecero e, a parte Saul e suo figlio Gionathan, nessun israelita possedeva una lancia o una spada.PP 520.2

    Solo dopo il secondo anno di regno di Saul si cercò di sottomettere i filistei. Il primo colpo fu messo a segno da Gionathan, il figlio del re, che li attaccò e li travolse. I filistei, esasperati da questo affronto, tentarono di assalire immediatamente Israele. Saul fece suonare con successo le trombe in tutto il paese per riunire le tribù a Ghilgal, comprese quelle al di là del Giordano e prepararsi per la guerra.PP 520.3

    I filistei avevano radunato una forza immensa a Micmas, “...avevano trentamila carri, seimila cavalieri, e gente numerosa come la rena ch’è sul lido del mare...”. 1 Samuele 13:5. La notizia raggiunse Saul e il suo esercito a Ghilgal, il pensiero di dover affrontare una forza così consistente li sgomentava. Non erano preparati per affrontare il nemico, e molti erano così terrorizzati che non osavano neanche pensare di poter affrontare uno scontro simile. Allora alcuni attraversarono il Giordano mentre altri si nascosero in caverne e voragini tra le rocce che abbondavano in quella regione. A mano a mano che si avvicinava il momento dello scontro il numero delle defezioni aumentava rapidamente, e coloro che rimasero nell’esercito erano spaventati da tristi presentimenti.PP 520.4

    Quando Saul era stato consacrato re d’Israele, aveva ricevuto da Samuele direttive esplicite circa la condotta da tenere in queste circostanze: “Poi scenderai prima di me a Ghilgal” aveva detto il profeta “ed ecco io scenderò verso te per offrire olocausti e sacrifizi di azioni di grazie. Tu aspetterai sette giorni, finch’io giunga da te e ti faccia sapere quello che devi fare”. 1 Samuele 10:8.PP 521.1

    Saul attese giorno dopo giorno, pensieroso, ma non fece grandi sforzi per incoraggiare il popolo e infondergli fiducia in Dio. Prima che terminasse il tempo indicato dal profeta Saul si spazientì per l’attesa e in quel momento difficile si abbandonò allo scoraggiamento. Invece di cercare di preparare il popolo per il sacrificio che Samuele stava per officiare, si abbandonò allo scetticismo e a tristi presentimenti. La ricerca di Dio, attraverso il sacrificio, era un’opera estremamente solenne e importante: Dio richiedeva che il suo popolo facesse un profondo esame di coscienza e si pentisse dei propri peccati, affinché l’offerta potesse essere accettata e la sua benedizione lo sostenesse nella battaglia. Il popolo, invece di confidare nell’aiuto divino, si rivolse al re che aveva scelto per guidarlo e dirigerlo, un re che stava diventando sempre più inquieto.PP 521.2

    Tuttavia il Signore si preoccupava degli israeliti, e non li abbandonò al disastro a cui sarebbero andati incontro con le loro deboli armi. Li espose al pericolo affinché potessero comprendere quanto fosse folle dipendere da un uomo, e quanto fosse necessario invocarlo perché era il loro unico Dio. Per Saul era giunto il tempo di dimostrare quanto valeva: decidendo di dipendere da Dio, avrebbe atteso con pazienza i suoi ordini, e si sarebbe rivelato come colui di cui il Signore poteva avere fiducia nei momenti difficili per guidare il suo popolo. Oppure, vacillando, si sarebbe dimostrato indegno della sacra responsabilità a lui affidata. Il re che Israele aveva scelto avrebbe ascoltato il Sovrano dell’universo? Avrebbe rivolto l’attenzione dei suoi soldati spaventati verso colui che possiede la forza e la liberazione eterne?PP 521.3

    Saul attese con crescente impazienza l’arrivo di Samuele, e attribuì la confusione, la preoccupazione e le defezioni del suo esercito all’assenza del profeta. Quando giunse il momento stabilito l’uomo di Dio non apparve immediatamente perché il Signore lo aveva trattenuto. Saul, animato dall’impulsività e dall’irrequietezza non seppe più attendere. Comprendendo che bisognava fare qualcosa per placare i timori del popolo decise di convocare un’assemblea per celebrare il servizio religioso e invocare, attraverso un sacrificio, l’aiuto divino. Dio aveva ordinato che solo coloro che erano stati consacrati sacerdoti potevano offrirgli dei sacrifici; ma Saul disse: “Portatemi l’olocausto” rivestito della sua armatura e sul piede di guerra, si avvicinò all’altare per offrire il sacrificio all’Eterno.PP 521.4

    “E come finiva d’offrir l’olocausto, ecco che arrivò Samuele; e Saul gli uscì incontro per salutarlo”. 1 Samuele 13:10. Samuele si rese subito conto che Saul aveva violato le esplicite direttive che gli erano state date. Il Signore aveva parlato attraverso il suo profeta annunciando il momento in cui avrebbe rivelato ciò che Israele doveva fare in quell’ora di crisi. Se Saul avesse soddisfatto le condizioni necessarie per ricevere l’aiuto promesso da Dio, il Signore avrebbe liberato Israele in maniera meravigliosa, anche con i pochi che erano rimasti fedeli al re. Ma Saul era così soddisfatto di ciò che aveva compiuto che si avvicinò per salutare il profeta pensando di essere elogiato.PP 522.1

    Sul viso di Samuele si leggevano preoccupazione e ansia. Alla sua domanda: “Che cosa hai fatto?” Saul rispose scusando quel suo atto dettato dalla presunzione e dicendo: “...Siccome vedevo che il popolo si disperdeva e m’abbandonava, che tu non giungevi nel giorno stabilito, e che i Filistei erano adunati a Micmas, mi son detto: Ora i Filistei mi piomberanno addosso a Ghilgal, e io non ho ancora implorato l’Eterno! Così, mi son fatto violenza, ed ho offerto l’olocausto. Allora Samuele disse a Saul: Tu hai agito stoltamente; non hai osservato il comandamento che l’Eterno, il tuo Dio, ti avea dato. L’Eterno avrebbe stabilito il tuo regno sopra Israele in perpetuo: ma ora, ecco il tuo regno non durerà; l’Eterno s’è cercato un uomo secondo il cuor suo, e l’Eterno l’ha destinato ad essere principe del suo popolo... Poi Samuele si levò e sali da Ghilgal a Ghibea di Beniamino...”. 1 Samuele 13:13-15.PP 522.2

    Cessare di essere il popolo di Dio o sottoporsi alla potenza divina attraverso le forme di governo monarchico, questa era l’alternativa che si imponeva al popolo ebraico. Se Israele si fosse consacrato completamente al Signore, se la volontà umana fosse stata subordinata a quella divina, Dio sarebbe rimasto il Sovrano d’Israele. Allo stesso modo, per tutto il tempo in cui il re e il popolo fossero rimasti sottomessi a Dio, Egli sarebbe stato il loro Difensore. Ma in Israele non poteva svilupparsi nessuna forma di monarchia che non riconoscesse completamente l’assoluta e suprema autorità di Dio.PP 522.3

    Se Saul in quel momento difficile avesse dimostrato di rispettare gli ordini di Dio, l’Eterno avrebbe manifestato la sua volontà attraverso di lui. Questo fallimento lo rese inadatto a rappresentare Dio presso il popolo. Avrebbe guidato male una nazione ormai orientata dalla sua volontà piuttosto che da quella del Signore; e il regno, se fosse stato fedele, sarebbe rimasto sotto la sua guida. Ora, invece, passava a un altro. Dio avrebbe realizzato i suoi obiettivi affidando il governo d’Israele a colui che avrebbe regnato sul popolo ubbidendo alla volontà divina.PP 522.4

    Non conosciamo la portata delle prove e senza una fedele ubbidienza alla Parola del Signore non vi è nessuna certezza. Tutte le sue promesse sono condizionate dalla fede e dall’ubbidienza, e trascurare di ubbidire ai suoi ordini ci priva delle ricche benedizioni delle Scritture. Non dobbiamo seguire gli impulsi né fidarci dei giudizi umani, ma considerare, invece, la volontà di Dio rivelata e camminare secondo i suoi comandamenti indipendentemente dalle circostanze in cui ci troviamo. Delle conseguenze se ne preoccuperà il Signore.PP 523.1

    Rimanendo fedeli alla sua Parola, possiamo dimostrare nei momenti difficili, davanti agli uomini e agli angeli, che il Signore può contare su noi, perché anche in quelle circostanze faremo la sua volontà, onoreremo il suo nome e benediremo il suo popolo.PP 523.2

    Saul, ormai privo del favore divino, non volle umiliarsi e pentirsi. Egli pensava di compensare la mancanza di una vera religiosità con le cerimonie sacre. Saul sapeva della sconfitta d’Israele quando l’arca di Dio era stata portata nell’accampamento da Ofni e Fineas, e nonostante ciò era deciso a portare in guerra l’arca sacra e i sacerdoti nella speranza di ridare fiducia al popolo, raccogliere il suo esercito disperso e dare battaglia ai filistei. In questo modo avrebbe evitato la presenza e il sostegno di Samuele, liberandosi da critiche indesiderate e rimproveri del profeta.PP 523.3

    Lo Spirito Santo era stato concesso a Saul per illuminare la sua intelligenza e toccare il suo cuore. Ma, nonostante i giusti insegnamenti e i rimproveri del profeta di Dio, si era dimostrato peccatore. La storia del primo re d’Israele presenta un triste esempio dell’importanza delle abitudini sbagliate contratte in giovinezza. Saul da giovane non amò ne temette Dio; quello spirito ribelle, non ricondotto all’ubbidienza nell’infanzia, era sempre pronto a opporsi all’autorità divina. Coloro che da giovani hanno rispetto per la volontà di Dio e compiono fedelmente i loro doveri, si preparano per compiti futuri ben più importanti. Gli uomini non possono per anni pervertire le facoltà che Dio ha accordato loro e quando decidono di cambiare, pretendere di contare su queste facoltà per comportarsi in maniera totalmente opposta.PP 523.4

    Gli sforzi di Saul per sensibilizzare il popolo si dimostrarono inutili, e vedendo che le sue forze erano ridotte a seicento uomini, lasciò Ghilgal per ritirarsi nella fortezza di Ghibea, strappata recentemente ai filistei. Questa roccaforte era situata sul lato meridionale di una profonda gola, pochi chilometri a nord di Gerusalemme. A Micmas, sul lato settentrionale della stessa valle si erano accampate le forze filistee, mentre distaccamenti di truppe si muovevano in diverse direzioni per saccheggiare la zona.PP 524.1

    Dio aveva permesso che la situazione diventasse critica per rimproverare la corruzione di Saul e dare al suo popolo una lezione di umiltà e fede. Il Signore non avrebbe accordato a Saul l’onore di sconfiggere i filistei a causa del suo sacrificio dettato dalla presunzione. Per liberare Israele, l’Eterno si sarebbe servito di Gionathan, figlio del re e uomo fedele a Dio. Ispirato divinamente, quest’ultimo propose al suo scudiero di attaccare all’improvviso l’accampamento nemico. “...Forse” sosteneva “l’Eterno agirà per noi, poiché nulla può impedire all’Eterno di salvare con molta o con poca gente”. 1 Samuele 14:6.PP 524.2

    Lo scudiero, che era anche lui uomo di fede e preghiera, appoggiò il suo piano ed entrambi si allontanarono insieme dall’accampamento, in segreto, per paura di incontrare degli oppositori. Dopo aver invocato il Dio dei loro padri, si accordarono su un segnale che doveva rivelare loro come avrebbero dovuto procedere. I due, armati, scesero nel fondo della gola dove si separarono procedendo in silenzio all’ombra del dirupo, parzialmente nascosti dalle rocce. Quando furono vicini alla fortezza dei filistei si mostrarono ai loro nemici che li derisero sfidandoli: “...Ecco gli Ebrei che escon dalle grotte dove s’eran nascosti... Venite su da noi e vi faremo saper qualcosa”. 1 Samuele 14:11, 12. Intendendo che avrebbero punito i due israeliti temerari. Questa sfida costituiva il segno che Gionathan e il compagno avevano scelto per stabilire se il Signore avrebbe assicurato il successo alla loro impresa. Attraversarono una zona invisibile ai filistei, scegliendo di percorrere un tratto difficile e nascosto, che li avrebbe portati sulla cima di una roccia, poco sorvegliata perché il passaggio era ritenuto impossibile. In questo modo i due penetrarono nell’accampamento nemico, uccisero le sentinelle che per la sorpresa e la paura non opposero resistenza.PP 524.3

    Gli angeli dell’Eterno proteggevano Gionathan e il suo scudiero, combattevano al loro fianco, e così i filistei cadevano davanti a loro. La terra tremava come se si stesse avvicinando un grande esercito di carri e cavalieri. Gionathan riconobbe che Dio lo stava aiutando; perfino i filistei si resero conto che Dio stava liberando Israele. Il panico si impossessò dei soldati che si trovavano nei campi e nella guarnigione, e nella confusione, scambiandosi per nemici, i filistei cominciarono a uccidersi l’un l’altro.PP 524.4

    Il rumore della battaglia fu subito avvertito nell’accampamento d’Israele. Le sentinelle del re annunciarono che tra i filistei si era creata una grande confusione, che il loro numero stava diminuendo, mentre tutto l’esercito degli israeliti era nell’accampamento. Dopo una breve indagine si scoprì che mancavano solo Gionathan e il suo scudiero. Vedendo che i filistei stavano subendo una sconfitta, Saul portò il suo esercito all’assalto. Gli ebrei che avevano disertato, uscirono dai loro nascondigli unendosi agli altri e facendo una terribile strage tra i fuggiaschi.PP 525.1

    Volendo trarne il massimo vantaggio il re, temerariamente, proibì ai soldati di prendere del cibo per l’intero giorno, rafforzando il suo ordine con questa solenne maledizione: “...Maledetto l’uomo che toccherà cibo prima di sera, prima ch’io mi sia vendicato de’ miei nemici”. 1 Samuele 14:24. La vittoria era già stata ottenuta senza il concorso di Saul, ma egli sperava di distinguersi nel definitivo sbaragliamento di quell’esercito ormai inesistente. L’ordine di astenersi dal mangiare era suggerito da un’ambizione egoistica, e dimostrava che al re non interessavano le esigenze del suo popolo quando esse interferivano con il suo desiderio di emergere. Confermando la proibizione con un solenne giuramento, Saul appariva come una persona temeraria e profana. Erano le stesse parole della maledizione a dimostrare che quello zelo che Saul dimostrava era inteso a suo favore e non alla gloria di Dio. Lo scopo dichiarato non era infatti quello di vendicare i nemici del Signore, perché il re aveva detto: “...ch’io mi sia vendicato de’ miei nemici”. Questa proibizione indusse il popolo a trasgredire l’ordine di Dio. Gli israeliti avevano combattuto tutto il giorno, erano deboli per non aver mangiato, e appena terminò il periodo del giuramento, si buttarono sul bottino divorando carne insieme a sangue, trasgredendo così l’ordine divino secondo il quale era proibito bere il sangue.PP 525.2

    Durante la giornata della battaglia, Gionathan, che non conosceva l’ordine del re, lo trasgredì inconsapevolmente mangiando, mentre camminava in un bosco, un po’ di miele. La sera stessa Saul, che aveva dichiarato che la violazione di questo editto doveva essere punita con la morte, venne a sapere il fatto; e sebbene Gionathan non fosse colpevole di un peccato volontario, sebbene Dio lo avesse miracolosamente protetto e avesse liberato il popolo tramite lui, il re dichiarò che la sentenza doveva essere eseguita. Per risparmiare la vita del figlio, Saul avrebbe dovuto riconoscere di aver sbagliato ordinando un voto così temerario e ciò lo avrebbe umiliato; invece, annunciò questa terribile sentenza: “...Mi tratti Iddio con tutto il suo rigore, se non andrai alla morte, o Gionathan”. 1 Samuele 14:44.PP 525.3

    Saul non poteva rivendicare gli onori della vittoria, ma sperava di essere onorato per il suo zelo nel mantenere il giuramento. Voleva dimostrare che occorreva rispettare la parola del re anche a prezzo della vita del proprio figlio. A Ghilgal, poco tempo prima, Saul si era opposto alla volontà di Dio esercitando la funzione di sacerdote e quando era stato rimproverato da Samuele si era giustificato con caparbia; e ora che il figlio aveva disubbidito al suo ordine, ordine irrazionale e violato per ignoranza, il re ne sentenziava la morte.PP 526.1

    Il popolo si oppose all’esecuzione della sentenza e, sfidando l’ira del re, dichiarò: “...Gionathan, che ha operato questa gran liberazione in Israele, dovrebb’egli morire? Non sarà mai! Com’è vero che l’Eterno vive, non cadrà in terra un capello del suo capo; perché oggi egli ha operato con Dio...”. 1 Samuele 14:45. Il re orgoglioso non osò opporsi al verdetto unanime e la vita di Gionathan fu risparmiata.PP 526.2

    Saul non poté fare a meno di avvertire che sia Dio sia il popolo preferivano suo figlio a lui. La liberazione di Gionathan costituiva un severo rimprovero per quel re che si era dimostrato così temerario. Saul avvertiva che questa maledizione sarebbe ricaduta su di lui e smise di combattere contro i filistei, tornando a casa triste e di malumore. Chi è pronto a giustificare o scusare il proprio peccato, spesso è veramente severo nel giudicare e condannare gli altri. Molti, come Saul, attirano su di loro la disapprovazione di Dio, respingono i consigli e disprezzano i rimproveri. Perfino quando vengono convinti del fatto che il Signore non è più con loro, rifiutano di considerarsi la causa della loro sofferenza. Mentre si abbandonano a critiche crudeli e a rimproveri severi su persone che sono migliori di loro, coltivano l’orgoglio e la vanagloria. Sarebbe bene che queste persone che si autonominano giudici, meditassero su queste parole del Cristo: “Poiché col giudicio col quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura onde misurate, sarà misurato a voi”. Matteo 7:2.PP 526.3

    Spesso coloro che cercano di mettersi in mostra raggiungono, come avvenne nel caso di Saul, posizioni in cui si rivela il loro vero carattere. Il comportamento di quel re fece comprendere agli israeliti che egli si preoccupava più dell’autorità e degli onori regali, che della giustizia, della misericordia e della benevolenza. Il popolo comprese l’errore commesso nel rifiutare il governo che Dio aveva stabilito. Avevano preferito a un profeta fedele, le cui preghiere erano state fonte di benedizione, un re animato da uno zelo cieco che chiedeva a Dio di colpire il suo popolo per le proprie maledizioni.PP 526.4

    Se degli israeliti non fossero intervenuti per salvare la vita dell’eroico Gionathan, il loro liberatore sarebbe morto per volontà del padre. Con quale apprensione il popolo, in seguito, si sarebbe fatto guidare da Saul! Come dovevano essere tristi all’idea di essere stati loro a mettere quel re sul trono! Il Signore sopporta a lungo l’ostinazione degli uomini e offre a tutti l’opportunità di scorgere e abbandonare i propri peccati. Coloro che disprezzano la sua volontà possono temporaneamente avere successo, verrà il tempo in cui si troveranno di fronte ai risultati della loro follia.PP 527.1

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