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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 39: La conquista di Basan

    Dopo aver marciato lungo il confine meridionale dell’Idumea, gli israeliti si diressero a nord, verso la terra promessa. Dovevano attraversare un vasto altopiano. Spirava una fresca brezza, proveniente dalle colline circostanti. Il cambiamento di clima fu accolto con entusiasmo e incoraggiò il popolo a proseguire il cammino con ottimismo e speranza. Dopo aver attraversato il torrente Zered, gli ebrei si diressero a oriente del paese di Moab. Dio infatti aveva dato questo ordine: “Non attaccare Moab e non gli muover guerra, poiché io non ti darò nulla da possedere nel suo paese, giacché ho dato Ar ai figliuoli di Lot, come loro proprietà”. Deuteronomio 2:9. Il divieto si applicava anche nei confronti degli ammoniti, un’altra popolazione che discendeva da Lot.PP 367.1

    Puntando sempre verso nord, Israele raggiunse rapidamente il paese degli amorei, una popolazione forte e bellicosa, che in origine occupava la parte meridionale della terra di Canaan. Diventati numerosi, gli amorei si erano stabiliti oltre il confine del Giordano. Dopo aver dichiarato guerra ai moabiti, e conquistato una parte del loro territorio, ora dominavano incontrastati tutta la regione che si estendeva dal torrente Arnon allo Jabbok. Per raggiungere il fiume Giordano, gli israeliti dovevano attraversare quel territorio. Allora Mosè inviò un messaggio amichevole a Sihon, re degli amorei, presso la sua capitale: “Lasciami passare per il tuo paese; io camminerò per la strada maestra, senza volgermi né a destra né a sinistra. Tu mi venderai a denaro contante le vettovaglie che mangerò, e mi darai per denaro contante l’acqua che berrò; permettimi semplicemente il transito”. Deuteronomio 2:27, 28. Il re amoreo rispose con un secco rifiuto e riunì tutto il suo formidabile esercito per impedire l’avanzata degli invasori. Gli ebrei, impreparati ad affrontare un esercito così ben armato e addestrato, furono assaliti dal terrore. Sul piano militare, i nemici d’Israele erano in netto vantaggio. Ogni ragionevole previsione implicava per gli israeliti una rapida sconfitta. Ma Mosè era consapevole della guida divina, che si manifestava nella nuvola. Egli invitò il popolo ad avere coraggio: il segno della presenza di Dio era ancora con loro. Era necessario fare tutto il possibile per prepararsi alla guerra. Gli amorei, d’altra parte, erano sicuri di dover cacciare dal loro paese un avversario debole e impreparato, e perciò erano impazienti di combattere. Ma colui che possiede tutta la terra aveva dato quest’ordine a Mosè: “Levatevi, partite e passate la valle dell’Arnon, ecco, io do in tuo potere Sihon, l’Amoreo, re di Heshbon, e il suo paese; comincia a prenderne possesso, e muovigli guerra. Oggi comincerò a ispirare paura e terrore di te ai popoli che sono sotto il cielo intero, sì che, all’udire la tua fama, tremeranno saranno presi d’angoscia dinanzi a te”. Deuteronomio 2:24, 25.PP 367.2

    Se le popolazioni confinanti con Canaan non si fossero opposte all’avanzata d’Israele, sfidando l’intervento di Dio, sarebbero state risparmiate. Il Signore si era dimostrato paziente, pieno di tenera compassione e bontà anche nei confronti di queste nazioni pagane. Quando ad Abramo fu rivelato che i suoi discendenti, i figli d’Israele, avrebbero vissuto come stranieri in un paese sconosciuto per quattrocento anni, ricevette dal Signore questa promessa: “E alla quarta generazione essi torneranno qua; perché l’iniquità degli Amorei non è giunta finora al colmo”. Genesi 15:16. Gli amorei erano dediti a pratiche immorali, legate al paganesimo: la loro punizione era dunque giusta. Nonostante questo, Dio li risparmiò per centinaia di anni: voleva dimostrare loro, al di là di ogni possibilità di dubbio, che Egli era l’unico vero Dio, il Creatore del cielo e della terra. Gli amorei avevano saputo del prodigioso intervento del Signore per liberare Israele dall’Egitto. Essi avevano avuto prove sufficienti per riconoscere il vero Dio e respingere il culto degli idoli, abbandonandone la morale perversa: rifiutarono questa rivelazione e rimasero legati alle loro divinità.PP 368.1

    Quando il Signore condusse per la seconda volta gli israeliti ai confini del paese di Canaan, le popolazioni della regione — di religione pagana — ebbero prove ulteriori della potenza divina. Assistettero alle vittorie d’Israele sul re Arad e sui cananei e al miracolo che liberò gli ebrei dai serpenti velenosi. Tutto ciò dimostrava che Dio proteggeva Israele. Dopo aver ricevuto un rifiuto alla richiesta di attraversare il territorio dell’Idumea, gli israeliti erano stati costretti a percorrere un itinerario lungo e difficile, lungo il mar Rosso. Questa manifestazione di ostilità non li avevano spinti, però, ad alcuna ritorsione nei confronti delle popolazioni di Edom, Moab e Ammon: né persone né possedimenti erano stati oggetto di rappresaglie. Alla frontiera amorea, Israele si era limitato a chiedere il permesso di attraversare il paese, promettendo di seguire le stesse precauzioni che aveva usato con gli altri popoli. Il re degli amorei aveva rifiutato quella richiesta amichevole e, come provocazione, aveva mobilitato l’esercito per la battaglia. Con questo atto, l’ingiustizia degli amorei aveva infranto ogni codice morale. Dio avrebbe esercitato ora il suo potere per sconfiggerli.PP 368.2

    Gli israeliti attraversarono il fiume Arnon e marciarono contro il nemico. La battaglia si risolse in favore degli ebrei che, approfittando del vantaggio ottenuto, in breve tempo si impadronirono dei possedimenti nemici. Gesù stesso era stato il capitano dell’esercito del Signore: Egli aveva piegato i nemici del suo popolo. Ciò si sarebbe potuto verificare anche trentotto anni prima, se gli israeliti avessero avuto fiducia in lui.PP 369.1

    Pieni di speranze, gli ebrei avanzarono rapidamente verso nord fino a raggiungere un paese in cui il loro coraggio e la loro fede sarebbero stati messi alla prova. Davanti a loro si estendeva infatti una nazione potente e densamente popolata, il regno di Basan. Ancora oggi i resti delle sue grandi città fortificate suscitano la meraviglia del mondo; “città... fortificate, con alte mura, porte e sbarre, senza contare le città aperte, ch’erano in grandissimo numero”. Deuteronomio 3:5. Gli edifici erano costruiti con enormi pietre nere, di dimensioni così straordinarie da rendere quelle costruzioni assolutamente inespugnabili a qualsiasi attacco. Il paese inoltre era pieno di caverne, profondi precipizi e fortezze naturali inaccessibili. Gli abitanti discendevano da una razza di giganti. Essi univano alla forza e all’imponente statura una crudeltà che terrorizzava le popolazioni vicine. Og, il loro re, si distingueva perfino in quel popolo di giganti per la sua potenza fisica e per il suo valore militare.PP 369.2

    La nuvola divina avanzava, guidando gli ebrei verso Edrei, dove li attendeva il re gigante e il suo esercito. Con astuzia, Og aveva scelto quel luogo per la battaglia. La città di Edrei era situata infatti ai limiti di un altopiano: un ripido e accidentato pendio di roccia vulcanica separava questa altura dalla pianura sottostante, che era accessibile solo attraverso stretti e impervi sentieri, difficili da percorrere. In caso di sconfitta, le forze di Og potevano trovare rifugio tra quelle rocce selvagge, dove gli stranieri non avrebbero potuto inseguirli.PP 369.3

    Sicuro di vincere, il re raccolse nella pianura aperta un grandissimo esercito: dall’altopiano giungevano le grida di sfida e luccicavano le lance di migliaia di soldati pronti a battersi. Davanti agli ebrei si presentava uno spettacolo terrificante: Og, il gigante dei giganti, torreggiava fra i suoi soldati, circondato da una folla di uomini armati. L’altopiano che li sovrastava, come una fortezza apparentemente inespugnabile, nascondeva probabilmente migliaia di soldati. Molti israeliti tremarono di paura. Mosè invece era calmo e sicuro, perché Dio aveva detto del re di Basan: “Non lo temere, perché io ti do nelle mani lui, tutta la sua gente e il suo paese; e tu farai a lui quel che facesti a Sihon, re degli Amorei, che abitava a Heshbon”. Deuteronomio 3:2.PP 369.4

    La salda fede di Mosè incoraggiò gli israeliti ad avere fiducia in Dio e a confidare nella sua potenza. Il Signore non li avrebbe abbandonati: né i giganti, né le città fortificate, né gli eserciti o le fortezze rocciose avrebbero potuto resistere a Gesù, il capitano degli eserciti del Signore. L’Eterno guidò i soldati israeliti, sconfisse i nemici, conquistò il territorio per il suo popolo. Il re gigante e il suo esercito furono distrutti e gli ebrei entrarono subito in possesso di tutto il paese, cancellando quel popolo straniero che si era abbandonato all’immoralità e ad atroci pratiche pagane.PP 370.1

    Quando Galaad e Basan furono conquistate, molti ricordarono come quasi quarant’anni prima, a Kades, Israele era stato condannato a una lunga marcia attraverso il deserto. Il rapporto dato dalle spie circa la terra promessa era in gran parte esatto. Le città erano fortificate e molto grandi, popolate da giganti di fronte ai quali gli ebrei apparivano come dei pigmei. Ma gli israeliti capirono che il principale ostacolo all’ingresso nella terra promessa era stato allora un errore fatale: i loro padri non avevano avuto fede in Dio.PP 370.2

    Se gli ebrei fossero entrati in Canaan quarant’anni prima, avrebbero incontrato difficoltà molto minori. Dio aveva loro promesso che se avessero ubbidito ai suoi ordini, li avrebbe preceduti e avrebbe combattuto per loro, mandando perfino dei calabroni per far fuggire gli abitanti del paese. I popoli cananei però non sarebbero rimasti intimoriti dalle minacce, e avrebbero disposto preparativi insufficienti a contrastare l’avanzata degli invasori. Ora invece l’invasione d’Israele non li avrebbe trovati impreparati. Dio aveva ordinato agli israeliti di avanzare, ma essi dovevano procedere nonostante lo stato di allerta dei potenti nemici e combattere contro grandi eserciti ben preparati e pronti a resistere agli attacchi.PP 370.3

    Nella guerra contro Og e Sihon, gli israeliti furono costretti ad affrontare la prova che in passato i loro padri avevano clamorosamente fallito. Ora però essa era diventata ancora più ardua. Le difficoltà erano aumentate, rispetto alla prima volta in cui gli ebrei avevano rifiutato di invadere Canaan, sotto la protezione del Signore. Così Dio mette alla prova i suoi figli. Se essi non riescono a superarla, Egli li riconduce al punto di partenza per affrontare una seconda prova più difficile e severa della precedente, finché non la superano. Il Signore continua a porli di fronte allo stesso ostacolo finché riescono a vincerlo; se persistono in un atteggiamento ribelle, Dio si allontana da loro lasciandoli a se stessi.PP 370.4

    Gli ebrei ricordarono la sconfitta subita in passato, quando avevano deciso di combattere per conquistare Canaan senza l’aiuto divino: migliaia di persone erano morte. In quel caso avevano agito in netta opposizione all’ordine di Dio. Erano partiti senza Mosè, la guida scelta dal Signore; si erano allontanati dalla nuvola, simbolo della presenza di Dio, ed erano andati a combattere senza l’arca. Ora invece Mosè era con loro e li incoraggiava con parole di speranza e di fede. Il Figlio di Dio li guidava dalla nuvola e l’arca sacra accompagnava l’esercito d’Israele. Questa esperienza costituisce una lezione per noi. Il potente Dio d’Israele è anche il nostro Dio. Dobbiamo avere fiducia in lui: se ubbidiamo alle sue parole Egli interverrà in nostro favore con la stessa potenza con cui agì in passato per il suo popolo. Chiunque cerchi di seguire il proprio dovere sarà spesso assalito dal dubbio e dalla sfiducia. La sua strada potrà essere sbarrata da ostacoli in apparenza insormontabili, destinati ad abbattere chi è già scoraggiato. Dio però esorta: “Vai avanti”. Compiete il vostro dovere a ogni costo. I problemi che vi sembrano irrisolvibili e vi riempiono di timori, svaniranno se avrete il coraggio di ubbidire, confidando umilmente in Dio.PP 370.5

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