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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 3: La tentazione e la caduta

    Non potendo più fomentare la ribellione in cielo, Satana trovò un nuovo espediente per manifestare il suo odio nei confronti di Dio: ideò un piano per distruggere l’uomo. Invidiava la pace e la felicità di Adamo ed Eva, che suscitavano in lui il ricordo di una serenità persa per sempre. Decise allora di indurli alla disubbidienza, facendo ricadere su di loro la responsabilità e le conseguenze del male. Avrebbe trasformato il loro amore in sospetto, i loro canti di lode in voci di contestazione nei confronti del Creatore. Il suo progetto aveva due obiettivi: trascinare degli innocenti nella sua stessa misera condizione e gettare il discredito su Dio e la desolazione in cielo.PP 37.1

    I nostri progenitori non vennero lasciati all’oscuro dei pericoli che li minacciavano. Gli angeli rivelarono loro la storia della caduta di Satana e il suo piano per distruggerli, spiegando la vera natura dell’autorità divina, che il principe del male tentava di rovesciare. Satana e i suoi eserciti erano caduti perché avevano disubbidito ai comandamenti di Dio. Era quindi molto importante che Adamo ed Eva li rispettassero perché rappresentavano l’unica garanzia di ordine e di giustizia.PP 37.2

    La legge di Dio, infatti, è sacra come Dio stesso. È la manifestazione della sua volontà e del suo carattere: essa esprime amore e saggezza. L’armonia del creato dipende dalla perfetta corrispondenza di ogni essere, animato e inanimato, alla legge del Creatore. Dio ha stabilito leggi destinate alle creature viventi, ma anche i fenomeni naturali sono regolati da princìpi che non possono essere violati. Ogni cosa ubbidisce a precise norme che non possono essere ignorate. Tuttavia, esiste una differenza qualitativa fra le leggi che regolano la natura e quelle destinate agli esseri umani: unici fra tutte le creature, essi ubbidiscono infatti a princìpi morali. All’uomo, che rappresenta il coronamento della creazione, Dio ha dato la capacità di comprendere le esigenze, la giustizia e l’utilità della sua legge, i doveri sacri che essa comporta; in cambio di questo privilegio, il Creatore gli chiede un’ubbidienza senza riserve.PP 37.3

    Come gli angeli, anche gli abitanti dell’Eden dovevano affrontare una prova; la loro felicità sarebbe durata per sempre, a condizione che essi rimanessero fedeli alle prescrizioni divine. La scelta era: ubbidire e vivere oppure disubbidire e morire. Dio li aveva colmati di ricche benedizioni, ma se essi non avessero ubbidito, colui che non aveva risparmiato gli angeli ribelli non avrebbe giustificato neppure la loro trasgressione. Avrebbero perso i doni di Dio e sarebbero stati travolti dalla miseria e dalla rovina.PP 37.4

    Gli angeli li misero in guardia contro le insidie di Satana perché i suoi tentativi di ingannarli sarebbero stati costanti. Tuttavia, finché avessero ubbidito a Dio, il male non avrebbe avuto il sopravvento; se necessario, tutti gli angeli del cielo sarebbero accorsi in loro aiuto. Se avessero respinto con fermezza le prime insinuazioni di Satana sarebbero stati al sicuro, proprio come gli angeli. Se invece avessero ceduto alla tentazione, la loro natura si sarebbe corrotta ed essi non avrebbero più trovato la forza e la volontà di resistergli.PP 38.1

    La prova della loro ubbidienza e del loro amore per il Signore era costituita dall’albero della conoscenza. Dio aveva posto nell’Eden un solo limite: se Adamo ed Eva avessero mancato di rispettarlo, si sarebbero resi colpevoli. Satana non li perseguitava con continue tentazioni: poteva avvicinarsi a loro solo davanti all’albero proibito. Se Adamo ed Eva avessero tentato di scoprirne il segreto, sarebbero stati esposti ai suoi inganni. Era stato detto loro di prestare molta attenzione agli avvertimenti di Dio e di seguire le sue indicazioni.PP 38.2

    Per non essere riconosciuto e avere quindi successo nel suo tentativo, Satana scelse di servirsi del serpente, un travestimento adatto per realizzare il suo inganno. A quel tempo, infatti, il serpente era una delle creature più intelligenti e più belle della terra. Aveva ali meravigliose e splendenti: quando volava, esse brillavano di una luce simile a quella dell’oro. Nascosto tra i verdi rami dell’albero proibito, Satana ne gustava il frutto: l’aspetto del serpente era così affascinante da attrarre l’attenzione di chi vi avesse posato lo sguardo.PP 38.3

    Gli angeli avevano suggerito a Eva di non separarsi mai da suo marito, mentre svolgevano le loro quotidiane occupazioni nel giardino; insieme, il rischio di cedere alla tentazione sarebbe stato minore. Nonostante questi consigli, un giorno, assorbita dal suo piacevole lavoro, ella si allontanò inavvertitamente da Adamo. Quando si accorse di essere sola, intuì il pericolo che stava correndo, ma soffocò i suoi timori: era convinta di avere sufficiente saggezza e forza per riconoscere il male e resistergli.PP 38.4

    Dimenticati gli avvertimenti degli angeli, si trovò ben presto a contemplare l’albero proibito con un sentimento misto di curiosità e ammirazione. Il frutto era molto bello: Eva si domandò il motivo del divieto. Era il momento opportuno per il tentatore. Come se fosse in grado di leggere nella sua mente, si rivolse a lei dicendo: “...Come! Iddio v’ha detto: Non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?” Genesi 3:1. Eva rimase sorpresa e trasalì: le era sembrato di udire l’eco dei propri pensieri. Ma il serpente continuò con voce armoniosa, adulandola in maniera sottile: le sue parole non erano spiacevoli. Invece di abbandonare quel luogo, la donna si fermò, meravigliata di ascoltare un serpente parlare. Un essere simile agli angeli si stava rivolgendo a lei: in quel momento Eva avrebbe dovuto stare attenta; ella invece non pensò che l’affascinante serpente potesse essere uno strumento dell’angelo ribelle.PP 38.5

    La donna rispose all’insidiosa domanda: “...Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero ch’è in mezzo al giardino Iddio ha detto: Non ne mangiate e non lo toccate, che non abbiate a morire... E il serpente disse alla donna: No, non morrete affatto; ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri s’apriranno, e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”. Genesi 3:2-5.PP 39.1

    Prendendo quei frutti — dichiarò il serpente — Adamo ed Eva avrebbero vissuto un’esperienza esaltante e nuovi orizzonti di conoscenza si sarebbero aperti davanti a loro. Quell’essere straordinario aggiunse di avere mangiato egli stesso il frutto proibito e di avere ottenuto per questo il dono della parola. Il Signore — insinuò Satana — aveva proibito loro di mangiare quel frutto perché era geloso e aveva paura che diventassero come lui. Aveva vietato loro di assaggiarlo e perfino di toccarlo, proprio a causa degli straordinari poteri che esso conferiva; non dovevano ascoltare l’avvertimento divino, che in realtà aveva solo lo scopo di intimorirli. Era impossibile che essi morissero: non avevano forse mangiato il frutto dell’albero della vita? Dio, evidentemente, aveva cercato di evitare che raggiungessero una felicità e uno sviluppo superiori.PP 39.2

    Ancora oggi Satana compie con successo l’opera intrapresa ai tempi di Adamo: indurre gli uomini a dubitare della saggezza e dell’amore di Dio. Egli cerca costantemente di insinuare nell’uomo una curiosità irriverente, l’inquietudine e il desiderio di penetrare i segreti della saggezza e della potenza divine. Nel loro tentativo di scoprire ciò che Dio ha ritenuto opportuno tacere, molti trascurano le verità essenziali che Egli ha rivelato. Satana inganna gli uomini, li illude con il miraggio di conoscenze straordinarie. Esaltati dalle ideologie del progresso, essi si incamminano per un sentiero che porta alla degradazione e alla morte, perché disprezzano le richieste di Dio.PP 39.3

    Satana spiegò ad Adamo ed Eva che infrangere la legge divina avrebbe portato loro dei vantaggi. Non sentiamo anche oggi lo stesso ragionamento? Molti accusano di grettezza mentale coloro che osservano i comandamenti di Dio: essi ritengono infatti di avere una visione più ampia e di godere di una maggiore libertà. Non è questa un’eco della voce dell’Eden: “Nel giorno che ne mangerete (nel momento in cui trasgredirete il comando divino), sarete come Dio”? Satana pretendeva di aver ottenuto un grande vantaggio dall’aver mangiato il frutto proibito: in realtà, nonostante i suoi sforzi per dissimulare il suo comportamento era stato cacciato dal cielo proprio a causa della sua trasgressione. Sapeva che il peccato avrebbe avuto conseguenze disastrose, ma nascose la propria miseria perché desiderava trascinare altri nella sua stessa condizione. Anche oggi chi commette una colpa, spesso, tende a fare altrettanto: cerca cioè di nascondere il suo vero carattere e sostenere la propria bontà diventando così il più pericoloso dei bugiardi. Egli infatti si presta agli intenti di Satana calpestando la legge di Dio: induce altri ad agire nello stesso modo e li spinge verso una rovina eterna.PP 39.4

    Eva credette veramente alle parole di Satana, ma la sua sincerità non le risparmiò le conseguenze dell’errore. Il motivo del suo peccato fu infatti la diffidenza nei confronti degli avvertimenti di Dio. Nel giorno del giudizio gli uomini non saranno condannati per aver creduto ingenuamente a una menzogna, ma per non aver creduto alla verità, o per aver trascurato di ricercarla.PP 40.1

    Nonostante i sofismi di Satana, disubbidire alla volontà divina provoca sempre conseguenze distruttive. Dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi per comprendere quale sia la verità. Tutti gli insegnamenti che Dio ha inserito nella sua Parola costituiscono per noi un avvertimento e un’indicazione: essi sono destinati a proteggerci dagli inganni e trascurarli sarebbe fatale. Tutto ciò che contraddice la Parola di Dio proviene certamente da Satana.PP 40.2

    Il serpente staccò il frutto dell’albero proibito e lo porse a Eva che lo prese, esitante; allora egli le ricordò le parole con cui Dio aveva proibito perfino di toccarlo, pena la morte: se non era accaduto nulla quando lo aveva toccato niente le impediva di mangiarlo. Non riscontrando nessuna conseguenza negativa Eva si fece più audace. “...Vide che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi, ch’era bello a vedere, e che l’albero era desiderabile per diventare intelligente; prese del frutto, ne mangiò...”. Genesi 3:6. Il sapore era molto buono: non appena lo mangiò le sembrò di sentire una forza vivificante e immaginò di essere entrata in una sfera superiore dell’esistenza. Senza timore, ne colse ancora. Dopo la trasgressione, la donna divenne lo strumento di cui Satana si servì per attuare la rovina di Adamo. In uno stato di eccitamento, strano e innaturale, con le mani cariche di frutti proibiti, la donna cercò suo marito e gli raccontò l’accaduto.PP 40.3

    Un’espressione di tristezza, stupore e preoccupazione apparve sul volto di Adamo. Nonostante le rassicurazioni di Eva, egli replicò che il serpente misterioso doveva essere il nemico contro il quale erano stati messi in guardia: secondo la sentenza divina ella doveva morire. Come risposta, Eva lo incoraggiò a mangiare il frutto, ripetendo le parole del serpente: “Non morrete affatto”. Ciò doveva essere vero, sosteneva la donna, perché non aveva percepito nessuna manifestazione della disapprovazione di Dio; al contrario, un influsso vivificante sembrava pervadere tutto il suo essere, così come immaginava avvenisse per gli angeli.PP 41.1

    Adamo capì che la sua compagna aveva trasgredito l’ordine di Dio. Eva non aveva rispettato l’unica proibizione che Dio aveva loro imposto per mettere alla prova la loro fedeltà e il loro amore. L’uomo ora lottava con se stesso. Si pentì di aver permesso a Eva di allontanarsi, ma ormai il fatto era successo e doveva separarsi da colei che rappresentava la sua felicità. Come poteva rassegnarsi?PP 41.2

    Egli aveva goduto della compagnia di Dio e degli angeli: conosceva la gloria del Creatore e sapeva che l’umanità avrebbe avuto un nobile destino, se fosse rimasto fedele. Ma Adamo perse il diritto a tutto questo in nome di un unico dono, che per lui costituiva tuttavia il valore supremo. Il suo amore per Eva era dunque più forte della devozione, della gratitudine e della fedeltà nei confronti del Creatore. Quella donna era parte di lui e Adamo non riusciva a sopportare l’idea della separazione. Non comprese che la stessa infinita potenza che aveva creato dalla polvere della terra un essere meraviglioso come l’uomo, offrendogli con amore una compagna, avrebbe certamente colmato il vuoto della sua assenza.PP 41.3

    Decise quindi di condividere il destino di Eva: se fosse morta, sarebbe morto con lei. Forse, pensò, le parole del saggio serpente potevano essere vere. Eva era davanti a lui, in apparenza bella e innocente come prima, e gli assicurava che lo avrebbe amato più di prima. In lei non era visibile nessun segno di morte. Adamo decise di affrontare tutte le conseguenze della disubbidienza: afferrò il frutto e lo mangiò rapidamente.PP 41.4

    In un primo momento anch’egli immaginò di essere entrato in una sfera di esistenza più elevata, ma ben presto il pensiero del peccato lo riempì di terrore. L’aria, fino a poco tempo prima mite e tiepida, alla coppia colpevole, sembrò improvvisamente gelida. L’amore e la pace in cui erano vissuti fino ad allora erano ormai svaniti, lasciando un senso di colpa, di vuoto e di paura per il futuro.PP 41.5

    L’alone di luce che li avvolgeva era scomparso e per sostituirlo cercarono di confezionarsi qualcosa per coprirsi perché non potevano presentarsi nudi davanti a Dio e agli angeli.PP 42.1

    Solo ora cominciavano a capire il significato della loro colpa. Adamo rimproverò la sua compagna per la follia di essersi allontanata da lui e aver permesso al serpente di ingannarla. Entrambi nutrivano tuttavia ancora un’illusione: quel Dio che tante volte aveva dimostrato loro il suo amore avrebbe perdonato la trasgressione, o ne avrebbe alleggerito la pena.PP 42.2

    Satana esultava per il suo successo. Aveva spinto la donna a dubitare dell’amore di Dio e della sua saggezza, inducendola a trasgredire la legge e a provocare la rovina di Adamo.PP 42.3

    Il Signore apparve nel giardino: il grande Legislatore stava per far conoscere ad Adamo ed Eva le conseguenze della loro trasgressione. Nella loro innocenza e santità avevano sempre accolto il loro Creatore con gioia, ma ora erano terrorizzati e cercarono di nascondersi negli angoli più remoti del giardino. Ma “...l’Eterno Iddio chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei? E quegli rispose: Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura, perch’ero ignudo, e mi sono nascosto. E Dio disse: Chi t’ha mostrato ch’eri ignudo? Hai tu mangiato del frutto dell’albero del quale io t’avevo comandato di non mangiare?” Genesi 3:9-11.PP 42.4

    Adamo non poteva negare né giustificare il suo errore. Invece di mostrarsi pentito, accusò sua moglie e Dio stesso: “...La donna che tu m’hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell’albero, e io n’ho mangiato”. Genesi 3:12. L’uomo che per amore di Eva aveva deciso di rinunciare all’approvazione divina, all’Eden e a una vita di gioia eterna ora — dopo il peccato — tentava di attribuire la responsabilità della trasgressione alla sua compagna e perfino al Creatore stesso. La potenza del peccato è davvero terribile.PP 42.5

    Quando la donna si sentì dire: “Perché hai fatto questo?” Rispose: “Il serpente mi ha sedotta, ed io ne ho mangiato”. Cfr. Genesi 3:13. In realtà con queste parole Eva intendeva dire: “Perché hai creato il serpente? Perché hai tollerato la sua presenza in Eden?” Così come aveva fatto Adamo, anch’ella cercava di imputare a Dio la responsabilità del proprio errore. La pretesa di giustificare le sue azioni illecite era nata nel padre della menzogna, Satana. I nostri progenitori, subendo il suo influsso, manifestarono lo stesso atteggiamento e lo trasmisero a tutti gli uomini. Invece di confessare i loro errori con umiltà, gli uomini tentano di giustificarsi attribuendo la colpa agli altri, alle circostanze e a Dio: perfino le benedizioni divine si trasformano in occasioni per protestare contro di lui.PP 42.6

    Allora il Signore pronunciò la condanna contro il serpente: “...Perché hai fatto questo, sii maledetto fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali dei campi! Tu camminerai sul tuo ventre, e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita”. Genesi 3:14. Come strumento dell’azione di Satana, anche il serpente doveva subire la punizione divina. L’animale più bello e ammirato della terra sarebbe diventato il più ignobile e detestato; tutti, uomini e animali, l’avrebbero temuto e odiato. Le seguenti parole rivolte al serpente, si applicavano direttamente a Satana, annunciandone la sconfitta e la definitiva distruzione: “E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno”. Genesi 3:15.PP 43.1

    Eva fu informata dei dolori e delle sofferenze che avrebbero caratterizzato la sua esistenza: “...I tuoi desideri si volgeranno verso il tuo marito, ed egli dominerà su te”. Genesi 3:16. Alla creazione, Dio le aveva dato pari dignità rispetto ad Adamo. Se la coppia avesse ubbidito alla grande legge dell’amore, entrambi sarebbero vissuti per sempre in perfetta armonia. Il peccato invece li aveva divisi, suscitando la discordia: così la loro unione si sarebbe mantenuta solo se una delle parti si fosse sottomessa all’altra. Eva era stata la prima a trasgredire: ciò era accaduto perché si era allontanata dal suo compagno, nonostante il comando divino. In seguito alle sue sollecitazioni anche Adamo aveva disubbidito e quindi ora doveva essere soggetta all’autorità di suo marito. Se l’umanità rispettasse i princìpi della legge di Dio, questa sentenza, benché derivante dalle conseguenze del peccato, costituirebbe tuttavia una benedizione. Spesso, però, l’uomo abusa della supremazia che gli è stata conferita, rendendo ancora più amara e opprimente la vita della donna.PP 43.2

    Nell’Eden Eva viveva felice accanto a suo marito: nonostante questo, come certe insoddisfatte Eve moderne, si illudeva di raggiungere una sfera più elevata di quella assegnatale da Dio. Nel tentativo di nobilitarsi, precipitò in una condizione inferiore. Chiunque non svolga volentieri i propri doveri di ogni giorno, in armonia con il piano di Dio, raggiungerà risultati simili. Spesso, nello sforzo di raggiungere una posizione per la quale non si è adatti, si finisce per abbandonare un ruolo che avrebbe potuto rappresentare una benedizione. Oggi molte donne, aspirando a posizioni sociali più elevate, trascurano il compito che Dio ha affidato loro, sacrificando talvolta la dignità e l’integrità del loro carattere.PP 43.3

    Il Signore disse ad Adamo: “...Perché hai dato ascolto alla voce della tua moglie e hai mangiato del frutto dell’albero circa il quale io t’avevo dato quest’ordine: Non ne mangiare, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto finché tu ritorni nella terra donde fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai”. Genesi 3:17-19.PP 43.4

    Dio non avrebbe mai voluto che Adamo ed Eva sperimentassero il male. Era stato generoso nel donare loro ogni possibile beneficio, e li aveva protetti dalla sofferenza. Tuttavia, essi avevano trasgredito il suo ordine, mangiando il frutto proibito: ora ne avrebbero gustato il sapore per sempre. La conoscenza del male si sarebbe rinnovata ogni giorno della loro vita. Da quel momento, l’umanità sarebbe stata perseguitata dalle tentazioni di Satana. Il lavoro, che nell’Eden costituiva un’occupazione piacevole, sarebbe diventato motivo di ansia e di fatica; la delusione, l’angoscia, la sofferenza e infine la morte avrebbero caratterizzato l’esistenza dell’uomo. In seguito alla maledizione del peccato, la natura avrebbe testimoniato agli occhi dell’uomo il vero carattere e le conseguenze della ribellione contro Dio. All’atto della creazione, Egli aveva infatti affidato ad Adamo l’autorità suprema su tutta la terra e sulle sue creature. Finché l’uomo rimase fedele al Creatore la natura fu sottoposta alla sua supremazia: quando egli trasgredì il comando divino, anche le creature inferiori si ribellarono al suo potere.PP 44.1

    Il Signore, nella sua grande misericordia, manifestava così il carattere sacro della legge: l’esperienza avrebbe insegnato a ogni individuo quale sia il pericolo insito nel rifiutarne o minimizzarne l’importanza.PP 44.2

    Ancora una volta, nel faticoso e travagliato destino dell’umanità risultava evidente l’amore di Dio: il peccato rendeva necessaria una disciplina che sviluppasse l’autocontrollo sugli istinti e sulle passioni distruttive. Essa rientrava nel piano di Dio per riscattare l’uomo dalla rovina e dalla degradazione.PP 44.3

    L’avvertimento dato ai nostri progenitori: “...Nel giorno che tu ne mangerai per certo morrai” (Genesi 3:17), non implicava la condanna a una morte immediata. Significava, piuttosto, che nel giorno in cui avessero colto il frutto proibito sarebbe stata pronunciata una sentenza irrevocabile. La promessa dell’immortalità aveva come condizione l’ubbidienza: nel giorno in cui Adamo ed Eva avessero trasgredito il divieto, avrebbero perso il diritto alla vita eterna. Il loro destino sarebbe stato la morte.PP 44.4

    Per vivere in eterno, l’uomo avrebbe dovuto continuare a nutrirsi dell’albero della vita: senza questo frutto, la sua vitalità si sarebbe gradualmente spenta fino alla morte. Satana sapeva che la disubbidienza dei nostri progenitori sarebbe stata motivo di dolore per il Signore. La sua speranza era che essi, non avendo ottenuto il perdono, mangiassero ancora il frutto dell’albero della vita, rendendo così eterna un’esistenza di miseria e di colpa. Subito dopo la caduta dell’uomo, tuttavia, alcuni angeli ricevettero il compito di sorvegliare quell’albero. Essi risplendevano, emanando raggi di luce simili a spade scintillanti. Nessun uomo avrebbe potuto oltrepassare quella barriera per mangiare il frutto della vita; così, non sarebbe mai esistito un peccatore immortale.PP 44.5

    L’infelicità che si abbatté sui nostri progenitori, in seguito alla trasgressione, è considerata da molti una punizione eccessiva in rapporto a una colpa così lieve e dubitano della saggezza e della giustizia di Dio. Se essi approfondissero il problema, comprenderebbero il loro errore. Dio creò l’uomo a sua somiglianza, senza peccato. La terra sarebbe stata popolata da esseri di poco inferiori agli angeli. Tuttavia la loro fedeltà doveva subire una prova. Dio non avrebbe mai permesso che il mondo fosse popolato da individui che avrebbero disprezzato i princìpi della sua legge. Il fatto che Adamo non sia stato sottoposto a una prova difficile evidenzia la bontà del Creatore ma anche la gravità della disubbidienza dell’uomo. Se Adamo non fosse stato in grado di superare con successo una prova così semplice, non avrebbe potuto sostenere difficoltà più serie e impegnative.PP 45.1

    Se la prova, invece, fosse stata molto dura, le persone inclini a commettere il male avrebbero trovato un pretesto per giustificare le proprie debolezze, dicendo: “Si tratta di qualcosa di insignificante, Dio non bada a queste piccole cose”; l’uomo sarebbe stato portato a trasgredire con facilità princìpi considerati a torto trascurabili. Il Signore ha voluto sottolineare che Egli detesta il peccato, di qualsiasi natura o gravità.PP 45.2

    Eva non pensava — assaggiando il frutto dell’albero proibito e poi convincendo suo marito a fare altrettanto — di commettere una grave azione nel disubbidire a Dio. Eppure, quel peccato coinvolse il mondo in una terribile maledizione. Chi può prevedere, al momento della tentazione, le terribili conseguenze di un errore?PP 45.3

    Molti sostengono che la legge non sia valida, insistendo sull’impossibilità di osservarne i princìpi. Ma se questo fosse vero, perché Adamo subì le conseguenze della sua trasgressione? L’errore dei nostri progenitori fu la causa scatenante della sofferenza e dell’infelicità del mondo: se non fosse stato per la bontà e la generosità di Dio, questa esperienza avrebbe gettato l’umanità in una disperazione infinita. Nessuno si illuda: “Il salario del peccato è la morte”. Romani 6:23.PP 45.4

    La legge divina non può essere trasgredita impunemente, sia oggi sia quando fu pronunciata questa sentenza.PP 45.5

    Ormai Adamo ed Eva non potevano più abitare nell’Eden. Supplicarono Dio di poter rimanere nel luogo in cui erano vissuti felici; confessarono di non meritare quel diritto e promisero che in futuro la loro fedeltà sarebbe stata assoluta. Ma Dio rispose che la loro natura era stata degradata dalla colpa, la loro capacità di resistere al male era diminuita e avevano offerto a Satana la possibilità di influire più facilmente su di loro. Avendo ceduto alla tentazione quando erano ancora del tutto estranei alla malvagità ora, che avevano acquisito la coscienza del male, sarebbero stati più esposti agli attacchi di Satana.PP 46.1

    Profondamente mortificati e rattristati, Adamo ed Eva si allontanarono dunque dalla loro magnifica dimora per andare ad abitare in una terra colpita dalla maledizione del peccato. La temperatura dell’aria, prima mite e uniforme, subiva ora grandi variazioni; per proteggerli dal freddo e dal caldo eccessivi, con amore il Signore preparò per loro degli abiti di pelli.PP 46.2

    Quando Adamo ed Eva videro i primi segni della decadenza nei fiori che appassivano e nelle foglie che cadevano, piansero: il loro dolore era più profondo di quello che si prova oggi per la morte di una persona cara. L’appassire di quei fiori delicati era davvero un motivo di tristezza, ma quando perfino gli alberi maestosi cominciarono a perdere le foglie, i nostri progenitori compresero con amarezza che ogni creatura vivente era condannata a morire.PP 46.3

    Lo splendido giardino dell’Eden rimase a lungo sulla terra, dopo l’esilio dell’uomo. Gli esseri umani decaduti potevano così contemplare il luogo della loro innocenza ma gli angeli ne custodivano l’ingresso. Proprio all’ingresso di quel luogo si rivelava la gloria di Dio. Qui Adamo si recava con i suoi figli per adorare Dio. Qui essi rinnovarono la loro solenne promessa di fedeltà a quella legge, la cui trasgressione aveva significato per loro l’esilio dall’Eden. Quando la malvagità si diffuse in tutto il mondo, esso fu distrutto dal diluvio: la stessa mano che aveva creato l’Eden lo aveva rimosso dalla terra. Alla fine dei tempi, quando tutto sarà restituito alla sua bellezza originaria, l’Eden riapparirà in uno splendore ancora maggiore: allora vi sarà “un nuovo cielo e una nuova terra”. Apocalisse 21:1.PP 46.4

    In quel giorno, coloro che hanno osservato i comandamenti di Dio riceveranno, all’ombra dell’albero della vita, una vitalità immortale. Gli esseri che abitano i mondi non degradati dal peccato vedranno per sempre in quel magnifico giardino il modello della perfezione a cui la terra sarebbe giunta, se l’uomo avesse realizzato il magnifico piano del Creatore e il mondo non fosse stato contaminato dal male.PP 46.5

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