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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 68: Davide a Tsiklag

    Sebbene Davide e i suoi uomini avessero marciato insieme ai filistei sino al campo di battaglia, non avevano partecipato allo scontro con Saul. Così quando i due eserciti si prepararono alla battaglia, il figlio di Isai si trovò in una situazione di grande imbarazzo. Era naturale pensare che egli avrebbe combattuto dalla parte dei filistei; ma se durante il conflitto avesse abbandonato il posto assegnatogli, ritirandosi dal campo di battaglia si sarebbe qualificato non solo come codardo ma anche ingrato e traditore verso Akis, che oltre a proteggerlo aveva confidato in lui. Un’azione simile avrebbe coperto il suo nome d’infamia esponendolo all’ira di nemici più temibili dello stesso Saul. D’altra parte egli non poteva neanche per un momento accettare di combattere contro Israele. Sarebbe diventato traditore del suo paese, nemico di Dio e del suo popolo, precludendosi inoltre la possibilità di accedere al trono d’Israele. Inoltre, se Saul fosse caduto in combattimento, Davide sarebbe stato considerato responsabile di quella morte.PP 578.1

    Davide sentì di avere fatto dei passi falsi. Sarebbe stato molto meglio per lui cercare rifugio nelle solide fortezze di Dio tra le montagne, che tra i nemici dichiarati dell’Eterno e del suo popolo. Ciononostante il Signore dimostrò la sua grande misericordia non punendo l’errore del suo servo, e non abbandonandolo all’angoscia e al dubbio. Davide, per quanto avesse in parte perso la fiducia in Dio e dopo un po’ di incertezza avesse lasciato il sentiero della fedeltà, era ancora animato dal sincero proposito di rimanere fedele al Signore.PP 578.2

    Mentre Satana era impegnato con i suoi fedeli ad aiutare gli avversari di Dio e d’Israele a fare dei piani contro quel re che aveva dimenticato Dio stesso, gli angeli dell’Eterno stavano agendo per liberare Israele dal pericolo in cui era caduto, inducendo i prìncipi palestinesi a opporsi alla presenza nell’esercito di Davide e dei suoi uomini.PP 578.3

    “Che fanno qui questi ebrei!”, gridarono ad Akis i prìncipi palestinesi. Quest’ultimo, non volendo privarsi della loro alleanza, rispose: “Ma questi è Davide, servo di Saul re d’Israele, che è stato presso di me da giorni, anzi da anni, e contro il quale non ha avuto nulla da ridire dal giorno della defezione ad oggi!” 1 Samuele 29:3.PP 578.4

    I prìncipi insistettero con la loro richiesta: “Rimanda costui e se ne torni al luogo che tu gli hai assegnato, e non scenda con noi alla battaglia, affinché non sia per noi un nemico durante la battaglia. Poiché come potrebbe costui riacquistare la grazia del signor suo, se non a prezzo delle teste di questi uomini nostri? Non è egli quel Davide di cui si cantava in mezzo alle danze: Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila?” 1 Samuele 29:4, 5. L’uccisione del loro celebre campione e il conseguente trionfo d’Israele erano ricordi ancora vivi nella memoria dei prìncipi filistei. Essi non credevano che Davide avrebbe combattuto contro il suo popolo, e se nel momento culminante della battaglia, si fosse schierato contro di loro avrebbe inflitto ai filistei una perdita ben più grande di quella che avrebbe potuto causare l’intero esercito di Saul.PP 579.1

    Così Akis fu costretto a cedere, e dopo aver chiamato Davide gli disse: “Come è vero che l’Eterno vive, tu sei un uomo retto, e vedo con piacere il tuo andare e venire con me nel campo, poiché non ho trovato in te nulla di male dal giorno che arrivasti da me fino a oggi; ma tu non piaci ai prìncipi. Or dunque ritornatene e vattene in pace, per non disgustare i prìncipi dei filistei”. 1 Samuele 29:6, 7.PP 579.2

    Davide, temendo di aver tradito i suoi veri sentimenti, rispose: “Ma che ho mai fatto? E che hai tu trovato nel tuo servo, in tutto il tempo che sono stato presso di te fino al dì d’oggi, perch’io non debba andare a combattere contro i nemici del re, mio signore?” 1 Samuele 29:8.PP 579.3

    La risposta di Akis deve aver prodotto un tremito di vergogna e di rimorso nel cuore di Davide; sentiva che gli inganni di cui si era servito lo rendevano indegno di essere servo dell’Eterno. “Lo so; tu sei caro agli occhi miei come un angelo di Dio” disse il re “ma i prìncipi dei filistei hanno detto: Egli non deve salire con noi alla battaglia! Or dunque, alzati domattina di buon’ora, coi servi del tuo signore che son venuti teco; alzatevi di buon mattino e appena farà giorno andatevene”. 1 Samuele 29:9, 10. Così fu rimossa la trappola in cui Davide era caduto, ed egli fu libero.PP 579.4

    Dopo tre giorni di viaggio Davide e la sua banda di seicento uomini raggiunsero Tsiklag, la loro città nel paese di filistei, ma li attendeva una scena desolante: gli amalechiti, approfittando dell’assenza di Davide e dei suoi uomini si erano vendicati delle incursioni da lui compiute nel loro territorio. Avevano sorpreso la città incustodita, l’avevano saccheggiata e bruciata e portato via, oltre a un ricco bottino, tutte le donne e i bambini come prigionieri.PP 579.5

    Muti e stupiti per quell’orrendo spettacolo Davide e i suoi uomini osservarono in silenzio quelle rovine annerite e piene di cenere. Poi quei guerrieri incalliti furono presi da una terribile sensazione di smarrimento, “alzarono la voce e piansero, finché non ebbero più forza di piangere”. 1 Samuele 30:4. Ancora una volta Davide fu punito per la sua mancanza di fede che lo aveva portato a stabilirsi tra i filistei. Ora comprendeva quanto fosse poco sicuro vivere tra i nemici di Dio e del suo popolo; i suoi stessi uomini lo accusavano di essere la causa di quel disastro. Davide, infatti, attaccando gli amalechiti ne aveva provocato la vendetta, ma pensando di essere sicuro in terra nemica aveva lasciato la città indifesa. Accecati dal dolore e dall’ira, i soldati di Davide erano pronti anche ad azioni disperate e minacciarono di lapidare il loro capo.PP 579.6

    Nessuno poteva manifestare a Davide la sua comprensione in quei momenti. Tutto ciò che egli poteva avere di caro era stato spazzato via. Saul lo aveva allontanato dal suo paese; i filistei lo avevano mandato via dall’accampamento; gli amalechiti avevano saccheggiato la sua città; le sue mogli e i bambini erano stati fatti prigionieri; i suoi amici intimi lo avevano allontanato minacciandolo perfino di morte. In quest’ora di estrema gravità Davide, invece di permettere che la sua mente si soffermasse su queste penose circostanze, si rivolse con intensità a Dio per ricevere aiuto. Egli “si fortificò nell’Eterno”. 1 Samuele 30:6. Riconsiderò la sua vita travagliata. Il Signore lo aveva mai abbandonato? Si sentì sollevato ripensando a tutte le prove della protezione divina che aveva avuto. Mentre i seguaci di Davide trovavano le loro afflizioni doppiamente gravose, a causa della loro scontentezza e impazienza, l’uomo di Dio, che aveva dei motivi in più per abbattersi, si fece coraggio. “Nel giorno in cui temerò, io confiderò in te” (Salmi 56:3), diceva dentro di sé. E sebbene non riuscisse a trovare un modo per uscire da quelle difficoltà Dio le vedeva e gli avrebbe indicato cosa fare.PP 580.1

    Rivolgendosi al sacerdote Abiathar, figlio di Ahimelec, “Davide consultò l’Eterno dicendo: Debbo io dare dietro a questa banda di predoni?” La risposta fu: “...Dalle dietro, perché certamente la raggiungerai e potrai ricuperare ogni cosa”. 1 Samuele 30:8.PP 580.2

    Queste parole placarono il dolore e lo sdegno di Davide che con i suoi soldati si mise subito all’inseguimento dei nemici in fuga. La loro marcia fu talmente rapida che quando arrivarono al torrente Besor, che sfocia presso Gaza nel mar Mediterraneo, duecento dei soldati erano così sfiniti che furono costretti a fermarsi. Ma Davide, senza scoraggiarsi, proseguì la marcia forzata con i quattrocento uomini restanti.PP 580.3

    Nella loro avanzata incontrarono uno schiavo egiziano che sembrava stesse morendo di fatica e di fame ma dopo aver ricevuto del cibo ed essersi dissetato si riebbe tanto da informare i soccorritori che era stato abbandonato lì a morire dal suo crudele padrone, un amalechita che aveva compiuto un’invasione. Lo schiavo raccontò allora la storia della scorreria e del saccheggio, e dopo essersi fatto promettere che non sarebbe stato né ucciso né consegnato al padrone, accettò di guidare la schiera di Davide verso l’accampamento nemico.PP 580.4

    Giunti in prossimità dell’accampamento gli uomini di Davide videro subito scene di baldoria. Quella schiera vittoriosa stava organizzando grandi festeggiamenti. “...Erano sparsi dappertutto per la campagna, mangiando, bevendo, e facendo festa a motivo del gran bottino che avean portato via dal paese dei filistei e dal paese di Giuda”. 1 Samuele 30:16. All’ordine di un immediato attacco gli inseguitori piombarono sulla loro preda. Gli amalechiti, sorpresi, furono travolti; la battaglia continuò tutta la notte e il giorno seguente, finché tutta la schiera fu sterminata; solo quattrocento uomini riuscirono a fuggire su dei cammelli. Così la parola del Signore si era adempiuta. “Davide ricuperò tutto quello che gli Amalechiti avevano portato via, e liberò anche le sue due mogli. E non vi mancò alcuno, né dei piccoli né dei grandi, né dei figliuoli né delle figliuole, né alcunché del bottino, né cosa alcuna che gli Amalechiti avessero presa”. 1 Samuele 30:18, 19.PP 581.1

    Quando Davide aveva invaso il territorio degli amalechiti aveva passato a fil di spada tutti gli abitanti che erano caduti nelle sue mani; ma gli amalechiti, per intervento divino, non si vendicarono distruggendo la gente di Tsiklag. Avevano deciso di risparmiare i prigionieri, per rendere massimi gli onori del trionfo portantoli nelle loro città con l’intenzione di venderli poi come schiavi. Così, non facendo del male ai prigionieri in modo che potessero essere restituiti ai rispettivi mariti e padri, adempirono involontariamente il proposito divino.PP 581.2

    Tutte le potenze terrene sono sotto il controllo dell’Infinito. Al governante più potente come all’oppressore più crudele, egli dice: “Fin qui tu verrai e non oltre”. Giobbe 38:11. La potenza di Dio, che si oppone costantemente all’azione distruttrice degli agenti del male, è sempre all’opera per correggere e proteggere.PP 581.3

    Con grande gioia i vincitori ripresero la marcia verso la propria terra, ma prima di raggiungere i compagni che erano rimasti indietro, i più egoisti e ribelli dei quattrocento combattenti, sostennero con insistenza che coloro che non avevano partecipato alla battaglia non avevano diritto al bottino: per loro riavere le proprie mogli e i propri bambini sarebbe stato più che sufficiente. Davide non fu d’accordo, e affermò: “Non fate così, fratelli miei, riguardo alle cose che l’Eterno ci ha date... Qual è la parte di chi scende alla battaglia, tale deve essere la parte di colui che rimane presso il bagaglio...”. 1 Samuele 30:23, 24. Il caso fu chiuso, tanto che quell’affermazione divenne normativa in Israele: tutti coloro che partecipavano in modo onorevole a una campagna militare avrebbero equamente condiviso il bottino con coloro che si impegnavano direttamente nel combattimento.PP 581.4

    Oltre a recuperare tutti i beni che erano stati trafugati da Tsiklag, Davide e i suoi uomini avevano catturato ricche greggi e mandrie degli amalechiti. Quando stava per arrivare a Tsiklag, Davide prese da quel bottino dei doni da inviare agli anziani delle sue tribù di Giuda e a tutti coloro che avevano aiutato Davide stesso e i suoi seguaci in pericolo di morte a trovare rifugio tra le montagne. Quella simpatia e gentilezza, così preziosa per i fuggitivi, era stata riconosciuta con gratitudine.PP 582.1

    Davide e i suoi guerrieri erano tornati a Tsiklag da tre giorni, e mentre lavoravano per restaurare le case diroccate aspettavano con ansia le notizie dell’esito della battaglia tra Israele e i filistei. All’improvviso, un messaggero entrò in città “...colle vesti stracciate e col capo sparso di polvere...”. 2 Samuele 1:2. Fu subito portato da Davide davanti al quale s’inchinò in segno di rispetto chiamandolo, con soddisfazione del condottiero, principe potente. Davide chiese con ansia il risultato della battaglia e il fuggitivo gli riferì la notizia della sconfitta e della morte di Saul e di Gionathan. Supponendo che Davide fosse animato da sentimenti di odio verso il suo spietato persecutore, nella speranza di assicurarsi degli onori, andò al di là di ciò che gli era stato chiesto, ammettendo di aver ucciso il re. L’uomo raccontò con soddisfazione che durante la battaglia aveva trovato Saul ferito e circondato dai nemici senza possibilità di salvezza, e che dietro richiesta dello stesso sovrano, lo aveva ucciso. Egli aveva con sé la corona e i braccialetti d’oro che aveva portato a Davide perché si aspettava che quelle notizie sarebbero state salutate con gioia e pensava di ricevere una ricca ricompensa per ciò che aveva fatto. Invece “...Davide prese le sue vesti e le stracciò; e lo stesso fecero tutti gli uomini che erano con lui. E fecero cordoglio e piansero e digiunarono fino a sera, a motivo di Saul, di Gionathan, suo figliuolo, del popolo dell’Eterno e della casa d’Israele, perché eran caduti per la spada”. 2 Samuele 1:11, 12.PP 582.2

    Passato lo sgomento per quella terribile notizia, Davide pensò a quell’uomo che aveva dichiarato di aver commesso il crimine e gli domandò: “...Donde sei tu? ... Son figliuolo d’uno straniero, d’un Amalekita. E Davide gli disse: Come mai non hai tu temuto di stender la mano per uccidere l’unto dell’Eterno?” 2 Samuele 1:13, 14.PP 582.3

    Per ben due volte Davide aveva avuto Saul nelle mani, ma si era rifiutato di ascoltare coloro che lo incitavano a colpire colui che per ordine divino era stato consacrato a regnare su Israele. L’amalekita, invece, non temeva di gloriarsi per aver ucciso il re d’Israele. Parlando così egli si accusava di un crimine punibile con la morte, e fu subito giustiziato. Davide disse: “Il tuo sangue ricada sul tuo capo, poiché la tua bocca ha testimoniato contro di te quando hai detto: Io ho ucciso l’unto dell’Eterno”. 2 Samuele 1:16.PP 583.1

    Il dolore di Davide per la morte di Saul era sincero e profondo, e ciò costituiva una prova della sua natura nobile e generosa. Egli non esultò per la fine del suo nemico; non gioì perché l’ostacolo che gli impediva l’accesso al trono era stato rimosso. La morte aveva cancellato il ricordo della sfiducia e delle crudeltà di Saul e ora Davide pensava a ciò che di nobile e regale il sovrano aveva compiuto. Il nome di Saul era unito a quello di Gionathan, generoso e sincero amico del figlio di Isai.PP 583.2

    Il canto con cui Davide espresse i suoi sentimenti più profondi divenne un tesoro per il popolo di Dio in tutte le epoche: “Il fiore de’ tuoi figli, o Israele, giace ucciso sulle tue alture! Come mai son caduti quei prodi? Non ne recate la nuova a Gath, non lo pubblicate per le strade d’Askalon; le figliuole de’ Filistei ne gioirebbero, le figliuole degli incirconcisi ne farebbero festa. O monti di Ghilboa, su voi non cada più né rugiada ne pioggia, né più vi siano campi da offerte; Poiché là fu gettato via lo scudo de’ prodi, lo scudo di Saul che l’olio non ungerà più... Saul e Gionathan, tanto amati e cari, mentr’erano in vita, non son stati divisi nella lor morte. Erano più veloci delle aquile, più forti de’ leoni! Figliuole d’Israele, piangete su Saul, che vi rivestiva deliziosamente di scarlatto, che alle vostre vesti metteva degli ornamenti d’oro. Come mai son caduti i prodi in mezzo alla pugna? Come mai venne ucciso Gionathan sulle tue alture? Io sono in angoscia a motivo di te, o fratel mio Gionathan; tu m’erai sommamente caro, e l’amor tuo per me era più meraviglioso che l’amor delle donne. Come mai son caduti i prodi? Come mai son state infrante le loro armi?” 2 Samuele 1:19-27.PP 583.3

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