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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 59: Il primo re d’Israele

    Le condizioni dell’esistenza della nazione ebraica dipendevano dal modo con cui essa veniva governata. L’opera di Mosè, dei settanta anziani, dei capi e dei giudici consisteva semplicemente nel far rispettare le leggi che Dio aveva dato; essi, infatti, non avevano l’autorità di promulgarne altre. Israele doveva essere governato in nome e per autorità di Dio, e nel tempo uomini ispirati dal Signore furono chiamati a istruire il popolo e a guidarlo nell’applicazione delle leggi.PP 508.1

    Dio aveva previsto che Israele avrebbe chiesto un re, ma non acconsenti a cambiare i princìpi su cui si fondava lo stato. Il re doveva essere il vicario dell’Altissimo, il quale rimaneva il Capo della nazione e la sua legge doveva essere osservata come legge suprema del paese.8Il Cristo regna — A questo proposito si pone un interrogativo che può essere sintetizzato così: poiché la teocrazia andava bene ai tempi d’Israele, perché non potrebbe essere utile anche oggi? La risposta è semplice. Nella teocrazia il potere è direttamente nelle mani di Dio. Il governo d’Israele era una teocrazia vera. Israele veniva governato direttamente da Dio. Dal pruno ardente, Dio ordinò a Mosè di condurre il suo popolo fuori dall’Egitto. Dio liberò Israele tramite segni, prodigi e grandi miracoli e lo condusse attraverso il deserto sino alla terra promessa. Governò su loro tramite i giudici fino ai tempi del profeta Samuele al quale Dio parlò quando era bambino e rivelò la propria volontà per il popolo. Ai tempi di Samuele il popolo chiese un re. Gli venne concesso, e allora Dio scelse Saul e lo unse re d’Israele. Saul non fece la volontà del Signore e siccome rifiutò il messaggio di Dio, il Signore lo ripudiò come re e inviò Samuele a ungere Davide re d’Israele, stabilendo in eterno il trono di Davide. Quando Salomone successe a Davide, suo padre, è scritto che “Salomone si assise dunque sul trono dell’Eterno come re invece di Davide suo padre; prosperò, e tutto Israele ubbidì”. 1 Cronache 29:23. Il trono di Davide era il trono del Signore e Salomone occupò il trono del Signore come re del regno terreno di Dio. La successione al trono, secondo la linea di Davide, andò a Sedechia che fu assoggettato dal re di Babilonia e fece un solenne giuramento davanti a Dio: sarebbe rimasto fedele al re di Babilonia. Ma Sedechia trasgredì il patto, allora Dio gli disse: “E tu, o empio, dannato alla spada, o principe d’Israele, il cui giorno è giunto al tempo del colmo dell’iniquità; così parla il Signore, l’Eterno: La tiara sarà tolta, il diadema sarà levato; tutto sarà mutato; ciò ch’è in basso sarà innalzato; ciò ch’è in alto sarà abbassato. Ruina! ruina! ruina! Questo farò di lei; anch’essa non sarà più, finché non venga colui a cui appartiene il giudizio, e al quale lo rimetterò”. Ezechiele 21:30, 31; cfr. Ezechiele 17:1-21. A quell’epoca il regno era soggetto a Babilonia. E quando quest’ultima cadde, e dopo di lei la Medo-Persia, esso fu sconfitto per la seconda volta. Con l’affermarsi dell’impero greco, subì la terza sconfitta e con l’insediamento dell’impero romano, ricevette la quarta. La Parola di Dio dice: “Ed ecco tu concepirai nel seno e partorirai un figliuolo e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato Figliuol dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, ed Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine”. Luca 1:31-33. E mentre era sulla terra come profeta, “uomo di dolore familiare col patire”, la notte in cui fu tradito, Egli stesso affermò: “Il mio regno non è di questo mondo”. Ai dodici apostoli il Salvatore disse: “Io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse dato a me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate sui troni, giudicando le dodici tribù d’Israele”. Luca 22:29, 30. Dal racconto di Matteo a proposito della promessa del Cristo ai dodici discepoli sappiamo quando essa si adempirà: “E Gesù disse loro: Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figliuol dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, anche voi che m’avete seguitato, sederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele”. Matteo 19:28. Nella parabola dei talenti il Cristo rappresenta se stesso come un nobile che “...se n’andò in un paese lontano per ricevere l’investitura d’un regno e poi tornare”. Luca 19:12. Egli stesso ha stabilito per noi quando sederà sul trono della sua gloria: “Or quando il Figliuol dell’uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo seco tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno, radunate dinanzi a lui...”. Matteo 25:31, 32. Il profeta Giovanni anticipa questo tempo dicendo: “Ed il settimo angelo sonò, e si fecero gran voci nel cielo, che dicevano: Il regno del mondo è venuto ad essere del Signor nostro e del suo Cristo; ed Egli regnerà ne’ secoli dei secoli”. Apocalisse 11:15. Il contesto dimostra chiaramente quando ciò accadrà: “Le nazioni s’erano adirate, ma l’ira tua è giunta ed è giunto il tempo di giudicare i morti, di dare il loro premio ai tuoi servitori, i profeti, ed ai santi e a quelli che temono il tuo nome, e piccoli e grandi; e di distruggere quelli che distruggono la terra”. Apocalisse 11:18. E in questo momento di giudizio finale, della premiazione dei giusti e della punizione dei cattivi, che il regno di Dio sarà stabilito. Quando coloro che si oppongono alla sovranità del Cristo saranno distrutti, i regni terreni diventeranno del nostro Signore e del suo Cristo. Allora il Cristo regnerà come “Re dei re, Signore dei signori”. Apocalisse 19:16. “E il regno e il dominio e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno... poi i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, d’eternità in eternità”. Daniele 7:27, 18. Prima di quel momento il regno di Dio non può essere stabilito sulla terra. Il suo regno non è di questo mondo. I suoi figli devono considerarsi “stranieri e pellegrini su questa terra”. Paolo dice: “In fede moriron tutti costoro, senz’aver ricevuto le cose promesse ma avendole vedute e salutate da lontano, e avendo confessato che erano forestieri e pellegrini sulla terra”. Ebrei 11:13. “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è ne’ cieli; donde anche aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo”. Filippesi 3:20. Da quando è finito il regno d’Israele, Dio non ha delegato l’autorità di eseguire le sue leggi a nessuno uomo o gruppo di uomini. “Non fate le vostre vendette, cari miei, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: a me la vendetta”. Romani 12:19. I governi civili disciplinano rapporti fra gli uomini, ma non si interessano dei doveri che risultano dal rapporto di Dio con l’uomo. Non è esistito alcun altro regno sulla terra, dopo quello d’Israele, in cui Dio abbia diretto gli affari di stato tramite uomini ispirati. Nei casi in cui gli uomini hanno tentato di formare un governo simile a quello d’Israele, essi si sono impegnati a interpretare e attuare la legge di Dio. Si sono appropriati il diritto di controllare la coscienza e hanno usurpato quelle che erano le prerogative di Dio. Prima del sacrificio di Gesù, mentre i peccati nei confronti di Dio erano condannati con pene temporali, i giudizi non costituivano solo una sanzione divina ma avvenivano sotto il suo controllo diretto e per suo ordine. I maghi dovevano essere messi a morte, gli idolatri uccisi. La profanazione e i sacrilegi venivano puniti con la morte dei colpevoli. Intere nazioni di idolatri dovevano essere sterminate; colui che legge nei cuori degli uomini, che conosce la gravità delle loro colpe e tratta con saggezza e con pietà tutte le sue creature, infliggeva le pene. Quando gli uomini, con la loro fragilità e le loro passioni accettano di compiere queste opere, è evidente che esistono i presupposti per ingiustizie e crudeltà. I delitti più inumani saranno perpetrati nel sacro nome del Cristo. Dalle leggi d’Israele, secondo le quali venivano punite le offese contro Dio, sono stati ricavati argomenti per comprovare la necessità di punire peccati simili anche oggi. Tutti i persecutori li hanno utilizzati per giustificare le proprie azioni. L’idea secondo cui Dio ha delegato all’autorità umana il diritto di controllare la coscienza è alla base della tirannia religiosa e della persecuzione. Tuttavia, coloro che ragionano così perdono di vista il fatto che noi viviamo in un’altra dispensazione, in condizioni totalmente diverse da quelle in cui viveva il popolo d’Israele, e che questo regno era un simbolo del regno del Cristo che sarà stabilito solo al suo ritorno. Infine, che i doveri che riguardano il rapporto dell’uomo con Dio non devono essere regolati o attuati da autorità umane.PP 508.2

    Appena gli israeliti occuparono la terra di Canaan si dettero, sotto la guida di Giosuè, un ordinamento teocratico, e la nazione prosperò. L’aumento della popolazione e i rapporti con gli altri popoli provocarono dei cambiamenti. Gli israeliti adottarono molti costumi dei popoli pagani vicini, sacrificando in gran parte il carattere santo che li distingueva. Così, gradualmente, persero il rispetto per l’Eterno e cessarono di apprezzare l’onore di essere il popolo scelto da Dio. Attratti dalla pompa e dall’ostentazione dei sovrani idolatri, si stancarono della loro semplicità e tra le tribù sorse invidia e gelosia. Indeboliti dai dissensi interni, furono continuamente esposti all’invasione dei nemici pagani; ciò portò la gente a credere che per mantenere il prestigio tra le nazioni le tribù dovessero unirsi sotto il controllo di un governo centrale. Allontanandosi dalla legge di Dio, gli israeliti desideravano anche essere liberati dall’autorità del loro Sovrano divino, e così la richiesta di una monarchia divenne generalizzata in Israele.PP 508.3

    Dai giorni di Giosuè, Israele non era mai stato governato con tanta saggezza e successo come sotto l’amministrazione di Samuele. Divinamente investito del triplice compito di giudice, profeta e sacerdote, egli aveva lavorato con saggezza e con zelo instancabile e disinteressato per il bene del suo popolo che ora prosperava. L’ordine era stato ristabilito, la religiosità promossa e lo spirito di malcontento tenuto temporaneamente sotto controllo. Ma con il trascorrere degli anni il profeta, essendo costretto a condividere con altri le preoccupazioni della guida del paese, nominò come assistenti i suoi due figli. Così, mentre Samuele continuava a svolgere il suo compito a Rama, i giovani si trovavano a Beer-Sceba per amministrare la giustizia fra il popolo presso il confine meridionale del paese.PP 508.4

    Samuele aveva affidato quel compito ai figli con la piena approvazione della nazione, ma essi non si dimostrarono degni della scelta compiuta dal padre. Il Signore, attraverso Mosè, aveva dato direttive particolari secondo cui i capi d’Israele dovevano giudicare con giustizia, trattare con equità le vedove e gli orfani e non ricevere doni. Ma i figli di Samuele “si lasciavano sviare dalla cupidigia, accettavano regali e pervertivano la giustizia”. 1 Samuele 8:3. I figli del profeta non avevano preso in considerazione i precetti che il padre aveva cercato di imprimere nelle loro menti, non avevano imitato la sua vita pura e altruistica. Samuele, dimenticando gli avvertimenti ricevuti da Eli, si era dimostrato troppo indulgente con i suoi figli e questa debolezza non tardò a manifestarsi nella loro condotta.PP 509.1

    La parzialità di questi giudici provocò molto malcontento e servì al popolo come pretesto per chiedere un cambiamento da tanto tempo segretamente desiderato. “Tutti gli anziani d’Israele si radunarono, vennero da Samuele a Rama, e gli dissero: Ecco, tu sei ormai vecchio, e i tuoi figliuoli non seguono le tue orme; or dunque stabilisci su di noi un re che ci amministri la giustizia, come l’hanno tutte le nazioni”. 1 Samuele 8:4, 5. Non era Samuele a essere accusato di compiere delle ingiustizie fra il popolo: se gli fossero state riferite le parzialità compiute dai figli, egli le avrebbe potute rimuovere senza indugi, ma non era questo ciò che i rappresentanti del popolo desideravano. Samuele capì che erano motivati da spirito di contestazione e orgoglio e che la loro richiesta aveva uno scopo preciso che essi erano decisi a realizzare. A Samuele non era stato mosso nessun rimprovero tutti riconoscevano l’onestà e la saggezza con cui aveva governato, ma il vecchio profeta considerò la richiesta come un rimprovero nei suoi confronti, inteso a metterlo da parte. Comunque, non rivelò questi suoi sentimenti e senza pronunciare nessuna parola di rimprovero presentò in preghiera il problema al Signore, cercando consiglio solo da lui.PP 509.2

    Il Signore allora disse a Samuele: “Da’ ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi hanno rigettato non te, ma me, perch’io non regni su di loro. Agiscono con te come hanno sempre agito dal giorno che li feci salire dall’Egitto a oggi: m’hanno abbandonato per servire altri dèi”. 1 Samuele 8:7, 8. Il profeta fu rimproverato per essersi addolorato della maniera con cui il popolo lo aveva trattato. Quegli israeliti non avevano mancato di rispetto nei suoi confronti ma verso Dio, tramite la cui autorità erano stati eletti capi del suo popolo. Chi disprezza e respinge un fedele collaboratore di Dio, disprezza non solo l’uomo, ma il Signore che l’ha inviato. Sono la Parola di Dio, i suoi rimproveri e i suoi consigli a essere calpestati, è l’autorità divina a essere respinta.PP 509.3

    Israele conobbe il periodo di maggiore prosperità quando considerò come proprio re l’Eterno e ritenne le leggi che Egli aveva stabilite superiori a quelle delle altre nazioni. A proposito dei comandamenti del Signore, Mosè aveva dichiarato agli israeliti: “Le osserverete dunque e le metterete in pratica. poiché quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali udendo parlare di queste leggi diranno: Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente”. Deuteronomio 4:6. Gli ebrei non divennero il popolo che Dio voleva perché trascurarono la legge divina, e imputarono tutti i mali che derivavano dai loro peccati e dalle loro follie al governo di Dio. Il peccato li aveva accecati fino a quel punto. Il fatto che attraverso i profeti Dio avesse predetto che Israele sarebbe stato governato da un re, non significava che questa forma di governo fosse la migliore. Semplicemente permetteva che coloro che avevano respinto i consigli divini facessero le proprie scelte. Osea aveva dichiarato che Dio si era adirato quando aveva dato loro un re. Cfr. Osea 13:11. Quando gli uomini scelgono di seguire la propria strada, senza cercare il consiglio di Dio od opponendosi alla sua volontà rivelata, Egli spesso permette che essi concretizzino i loro desideri affinché, attraverso la conseguenza di questa amara esperienza, possano rendersi conto della loro pazzia e pentirsi dei loro peccati. Viene così messo in evidenza il pericolo che corrono coloro che si fanno guidare dall’orgoglio e dalla propria saggezza. I desideri dell’uomo, contrari alla volontà di Dio, si dimostreranno alla fine una causa di maledizione.PP 510.1

    Dio desidera che i suoi figli, avvertendo la propria dipendenza da lui, gli si avvicinino costantemente considerandolo l’unico Legislatore e Sostenitore. È così che essi potrebbero rendere il loro animo più nobile per essere idonei all’alto ideale a cui Dio ha chiamato il suo popolo. Quando un uomo viene posto sul trono, l’attenzione della gente si sposta da Dio a lui. Si confida di più nelle capacità umane e meno nella potenza divina, e gli errori del re portano al peccato e all’allontanamento del popolo da Dio.PP 510.2

    Samuele ricevette l’ordine di accettare la richiesta del popolo, ma anche di avvertirlo della disapprovazione divina e fargli conoscere le conseguenze di questa scelta. “Samuele riferì tutte le parole dell’Eterno al popolo che gli domandava un re”. 1 Samuele 8:10. Egli presentò con chiarezza agli israeliti i loro nuovi obblighi e illustrò il contrasto tra un tale stato di oppressione e la libertà e prosperità di cui avevano goduto sino ad allora. Il re avrebbe imitato la pompa e il lusso degli altri sovrani esigendo pesanti contributi in termini sia di persone sia di proprietà. Avrebbe richiesto loro i giovani migliori per farne suoi cavalieri, cocchieri e guardie. Il popolo avrebbe formato il suo esercito, avrebbe dissodato i suoi campi, raccolto i suoi prodotti e fabbricato degli strumenti da guerra per lui. Le figlie d’Israele sarebbero diventate cuoche e fornaie della casa reale; e le terre che Dio stesso aveva dato al popolo sarebbero state sfruttate per mantenere la corte. Il re avrebbe anche preso i servi più validi e il bestiame migliore “per adoprarli nei suoi lavori”. Oltre a ciò, avrebbe richiesto la decima di tutti i guadagni del popolo, del profitto del suo lavoro o dei prodotti del suolo. “Voi sarete suoi schiavi” concluse il profeta. “E allora griderete per cagione del re che vi ha scelto, ma in quel giorno l’Eterno non vi risponderà”. 1 Samuele 8:17, 18. Per quanto dure sarebbero state le esazioni, una volta stabilita la monarchia non sarebbe stato per niente facile abolirla.PP 510.3

    Il popolo ancora una volta rispose: “No! Ci sarà un re su di noi; e anche noi saremo come tutte le nazioni. Il nostro re amministrerà la giustizia fra noi, marcerà alla nostra testa e condurrà le nostre guerre”. 1 Samuele 8:20.PP 511.1

    “Come tutte le nazioni”. Gli israeliti non si resero conto che essere diversi dagli altri popoli costituiva una benedizione e un privilegio singolari. Dio li aveva separati dagli altri popoli per fare di loro il suo tesoro particolare; ma essi, disprezzarono questo grande onore, perché desideravano ardentemente imitare i pagani. Anche oggi, fra la gente che si professa di appartenere a Dio c’è chi desidera conformarsi agli usi e ai costumi mondani. Allontanandosi dal Signore, sorge in costoro il desiderio di guadagni e onori terreni.PP 511.2

    I cristiani cercano costantemente di imitare chi adora il dio di questo mondo; molti di loro insistono nel sostenere che conformarsi ai costumi dei non credenti e vivere insieme a loro permette di avere un maggiore ascendente. Ma chiunque persegue questa condotta si separa dalla fonte di ogni forza e, intrecciando legami di amicizia con il mondo, diventa nemico di Dio. Per amore di qualche riconoscimento terreno sacrifica l’onore ineffabile a cui Dio lo ha destinato, cioè l’“annunciare le virtù di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce”. 1 Pietro 2:9.PP 511.3

    Dopo che Samuele ebbe ascoltato le parole del popolo con profonda tristezza, il Signore gli disse: “Da’ ascolto alla loro voce, e stabilisci su di loro un re”. 1 Samuele 8:22. Il profeta aveva fatto il suo dovere. Si era dimostrato fedele nel presentare gli avvertimenti che erano stati respinti. Poi, con grande tristezza, congedò il popolo e si allontanò per preparare quel cambiamento radicale del governo.PP 511.4

    La vita pura, pia e disinteressata di Samuele costituiva una perenne condanna sia per tutti i sacerdoti e gli anziani egoisti sia per la folla sensuale e orgogliosa. Pur essendo privo di pompa e di ogni forma di ostentazione, il suo mandato era approvato dal cielo, onorato dal Redentore del mondo sotto la cui guida egli governava la nazione ebraica. Ma il popolo, stanco della sua religiosità e dedizione, lo disprezzava per la sua umiltà, preferendo a lui un uomo che li avrebbe governati come re.PP 512.1

    Il carattere di Samuele è un’immagine di Gesù, che con la sua purezza provoca l’ira di Satana, illumina il mondo, rivela la depravazione nascosta nel cuore dell’uomo e attira su di sé le passioni più feroci di coloro che con ipocrisia si professano credenti. Il Cristo non si manifestò con ricchezze e onori terreni, tuttavia le opere che compì dimostrarono che possedeva una potenza maggiore di qualsiasi principe terreno. Gli ebrei volevano il Messia per liberarsi dal giogo dell’oppressore, pur accarezzando i peccati che erano la causa di questa schiavitù. Se il Cristo avesse scusato i loro peccati, elogiato la loro religiosità, essi lo avrebbero accettato come re. Non potendo sopportare la coraggiosa censura dei loro vizi, disprezzarono quella persona amabile, dal carattere benevolo, puro e santo che odiava solo il peccato. La stessa cosa si verifica in tutti i tempi; la luce divina condanna tutti coloro che rifiutano di percorrerla. Rimproverati dall’esempio di coloro che odiano il peccato, gli ipocriti diventano agenti di Satana per infastidire e perseguitare i fedeli. “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”. 2 Timoteo 3:12.PP 512.2

    Sebbene la profezia avesse predetto per Israele una forma di governo monarchico, Dio si riservò la prerogativa di scegliere il loro re. Gli ebrei rispettarono questo diritto e la sorte cadde su Saul, figlio di Kis, della tribù di Beniamino.PP 512.3

    Le qualità di quel futuro monarca erano tali da soddisfare l’orgoglio che aveva spinto gli israeliti a desiderare un re. “Non v’era tra i figliuoli d’Israele uno più bello di lui”. 1 Samuele 9:2. Saul, dal portamento nobile e distinto, nel fiore della giovinezza, alto e avvenente, sembrava proprio nato per comandare; tuttavia, nonostante tutte queste doti, non aveva quelle qualità che rendono una persona veramente saggia. Da giovane non aveva imparato a controllare l’ira, le passioni impetuose e non aveva mai avvertito la potenza trasformatrice della grazia divina.PP 512.4

    Figlio di un capo ricco e influente, Saul, secondo le semplici abitudini del tempo, era impegnato con il padre per compiere anche i doveri più umili: si era recato insieme a un servo per recuperare degli animali di suo padre che si erano smarriti. Dopo tre giorni di ricerca i due si trovarono non lontano da Rama,9Circa l’identità di Rama di Samuele e di Rama di Beniamino, il dr. Edersheim dice: “Questi due punti sono chiariti: Saul abitava a Ghibea ed egli incontrò Samuele per la prima volta a Rama. Ma se le cose stanno così, sulla base di 1 Samuele 10:2 sembrerebbe impossibile identificare la Rama di Samuele con la Rama di Beniamino o ritenerla l’attuale Neby Samuel che si trova a circa 7 chilometri a nord ovest di Gerusalemme”. la città di Samuele, e il servo propose di chiedere informazioni al profeta: “...Io mi trovo in possesso del quarto d’un siclo d’argento” disse “lo darò all’uomo di Dio, ed egli c’indicherà la via”. 1 Samuele 10:8. Secondo le abitudini del tempo, infatti, chi entrava in contatto con una persona di rango superiore le offriva un piccolo regalo in segno di rispetto. Arrivati nei pressi della città trovarono delle giovani donne che erano venute per attingere l’acqua, e chiesero loro notizie del profeta. Seppero che era in corso un servizio religioso e che Samuele era già arrivato; si trattava di un sacrificio offerto su un alto luogo. Durante l’amministrazione di Samuele si era verificato un grande cambiamento. Infatti quando il Signore lo aveva chiamato per la prima volta il santuario veniva considerato con disprezzo. “La gente sprezzava le offerte fatte all’Eterno”. 1 Samuele 2:17. Ora, in tutto il paese, si praticava il culto di Dio e la gente manifestava interesse per il servizio religioso, che invece di essere tenuto nel tabernacolo era stato temporaneamente trasferito nelle città dei sacerdoti e dei leviti dove venivano impartiti gli insegnamenti. Si parlava di “alti luoghi”, perché i sacrifici si svolgevano normalmente nei luoghi più elevati di queste città.PP 513.1

    Il profeta andò incontro a Saul; Dio infatti gli aveva rivelato che in quel momento il re scelto si sarebbe presentato davanti a lui. Appena i due uomini si trovarono l’uno di fronte all’altro, il Signore disse a Samuele: “Ecco l’uomo di cui ti ho parlato; egli è colui che signoreggerà sul mio popolo”. 1 Samuele 9:17.PP 513.2

    Alla richiesta di Saul: “Indicami, ti prego, dove sia la casa del veggente” Samuele replicò: “Sono io il veggente”. 1 Samuele 9:18, 19. E dopo avergli assicurato che gli animali che cercava sarebbero stati trovati, gli chiese con insistenza di fermarsi e partecipare alla festa, facendogli anche intuire il suo nobile destino. “E per chi è tutto quello che vi è di desiderabile in tutta la casa d’Israele? Non è esso per te e per tutta la casa di tuo padre?” (1 Samuele 9:20), gli disse. Saul trasalì. La questione della nomina del re agitava tutti gli spiriti in Israele, e Saul comprese qualcosa del significato delle parole del profeta; tuttavia rispose con modestia e autolesionismo: “Non son io un Beniaminita? Di una delle più piccole tribù d’Israele? La mia famiglia non è essa la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino?” 1 Samuele 9:21.PP 513.3

    Samuele condusse allora il visitatore nel luogo dell’assemblea dove si erano radunati gli uomini più importanti della città, dette l’ordine di offrire a Saul il posto d’onore e servirlo meglio degli altri. Conclusa la cerimonia, Samuele accolse l’ospite in casa sua, sul terrazzo della casa gli annunciò i grandi princìpi sui quali il governo d’Israele era stato stabilito, iniziando a prepararlo per l’importante compito.PP 514.1

    La mattina di buon’ora Saul si rimise in viaggio con il servo, accompagnato da Samuele. Dopo aver attraversato la città, Samuele chiese al servo di precederli e ordinò a Saul di fermarsi per ascoltare un messaggio proveniente da Dio. “Allora Samuele prese un vasetto d’olio, lo versò sul capo di lui, baciò Saul e disse: L’Eterno non t’ha Egli unto perché tu sia il capo della sua eredità?” 1 Samuele 10:1. Per provare che era stato Dio a chiedergli di compiere questo atto, gli predisse ciò che si sarebbe verificato nel viaggio di ritorno a casa, assicurando Saul che lo Spirito Santo lo avrebbe reso idoneo per il compito che lo attendeva. “Lo Spirito dell’Eterno ti investirà” gli disse il profeta “e sarai mutato in un altr’uomo. E quando questi segni ti saranno avvenuti, fà quello che avrai occasione di fare, poiché Dio è teco”. 1 Samuele 10:6, 7.PP 514.2

    Durante il viaggio di ritorno a Saul capitarono tutte le cose che il profeta gli aveva predetto. Presso i confini di Beniamino fu informato del ritrovamento dei suoi animali. Nella pianura di Tabor incontrò tre uomini che si stavano recando a Bethel per adorare Dio. Uno di loro portava tre capretti per il sacrificio; un altro tre pagnotte e un terzo un otre di vino per la festa sacrificale. Essi, dopo aver salutato Saul, gli offrirono due dei tre pezzi di pane. Nella sua città, Ghibea, trovò un gruppo di profeti che tornavano “dall’alto luogo” cantando le lodi di Dio accompagnati da salteri, timpani, flauti e cetre. E quando Saul si avvicinò a loro, lo Spirito dell’Eterno si impossessò di lui, e anche Saul innalzò canti di lode e profetizzò. Le sue parole erano così sagge, ed erano espresse così bene e si armonizzavano talmente a quelle dei profeti che coloro che lo conoscevano dissero con meraviglia: “Che è mai avvenuto al figlio di Kis? Saul è anch’egli fra i profeti?” 1 Samuele 10:11.PP 514.3

    Nel momento in cui Saul si era unito con i profeti era stato trasformato dallo Spirito Santo: la purezza e la santità divine brillavano nell’oscurità del suo cuore naturale, rivelandolo come egli era davanti a Dio. Confrontandosi con la bellezza della santità, Saul era chiamato a combattere contro il peccato e contro Satana con la forza proveniente da Dio. Egli ora poteva comprendere quel piano della salvezza che prima gli era apparso vago e incerto; e il Signore gli conferì quel coraggio e quella saggezza necessari per assolvere l’importante compito; si rivelò come colui che dona forza e grazia, e gli fece comprendere meglio ciò che richiedeva da lui.PP 514.4

    Per rendere nota a tutti l’unzione di Saul come re d’Israele, Samuele, ubbidendo alla volontà di Dio, convocò il popolo a Mitspa. Là, dopo aver chiesto in preghiera la guida divina, seguì la solenne cerimonia della scelta del nuovo sovrano attraverso la sorte durante la quale il popolo attese in silenzio. Venne così scelta prima la tribù, poi il casato, la famiglia e infine Saul, il figlio di Kis. Ma proprio Saul, colui che era stato eletto re, non era presente. Oppresso dal senso della grave responsabilità che stava per gravare sulle sue spalle, si era allontanato segretamente. Quando fu chiamato, la folla lo osservò con orgoglio e soddisfazione perché aveva un portamento regale e lineamenti nobili “ed era più alto di tutta la gente dalle spalle in su”. 1 Samuele 10:23. Perfino Samuele, al momento della presentazione di Saul all’assemblea esclamò: “Vedete colui che l’Eterno si è scelto? Non v’è alcuno in tutto il popolo che sia pari a lui?” In risposta, dalla folla si alzò un lungo e forte grido di gioia: “Viva il re!” 1 Samuele 10:24.PP 515.1

    Samuele allora presentò al popolo “la legge del regno”, stabilendo i princìpi su cui si fondava la monarchia e il modo in cui essa doveva essere controllata. Il re non era un sovrano assoluto, il suo potere doveva essere sottomesso a quello dell’Altissimo. Queste indicazioni dovevano essere scritte in un libro insieme ai privilegi dei prìncipi e ai diritti e ai vantaggi del popolo. Per quanto il popolo non avesse ascoltato gli avvertimenti di Samuele, il profeta, pur essendo costretto a cedere ai desideri degli israeliti, cercava con fedeltà, di salvaguardare la libertà del popolo stesso. In realtà non tutti gli israeliti erano pronti a riconoscere Saul come re; molti si opponevano considerando con disprezzo la tribù di Beniamino, la più piccola delle tribù d’Israele, e pensando che sia Giuda sia Efraim, le tribù più numerose e potenti, non erano state prese in considerazione, rifiutarono di sottomettersi al re e, secondo la tradizione del tempo, di offrirgli dei doni. Coloro che avevano insistito di più per avere un re furono proprio quelli che rifiutarono di accettare con gratitudine l’uomo che Dio aveva nominato. Ogni fazione aveva eletto un proprio favorito che desiderava porre sul trono, e vi erano anche diversi anziani che rivendicavano questo diritto per loro. Erano molti a essere animati da invidia e gelosia; l’orgoglio e l’ambizione avevano prodotto delusione e scontentezza.PP 515.2

    Saul non se la sentiva di diventare re in questa situazione e lasciò che Samuele continuasse a governare in Israele, ritirandosi a Ghibea. Pur essendo scortato con onore da un gruppo che, consapevole del fatto che Saul era stato scelto per intervento divino, era deciso a sostenerlo, egli non fece nessun tentativo per ottenere con la forza il diritto al trono e giunto nella sua terra, sulle alture di Beniamino, si occupò tranquillamente dei suoi umili doveri, lasciando che la sua autorità venisse sancita solo da Dio.PP 515.3

    Poco dopo l’elezione di Saul gli ammoniti, guidati dal re Nahas, invasero il territorio delle tribù a oriente del Giordano minacciando la città di Jabes di Galaad, i cui abitanti cercarono di ristabilire la pace offrendosi di diventare vassalli. Ma il re nemico dimostrò la sua crudeltà acconsentendo, solo a patto di cavare a tutti gli abitanti l’occhio destro come segno perpetuo della sua autorità.PP 516.1

    La gente della città assediata chiese sette giorni per riflettere, ottenendo il permesso degli ammoniti che pensavano di rendere così più eclatante il loro atteso trionfo. Dei messaggeri lasciarono subito Jabes per chiedere aiuto alle tribù che si trovavano dall’altra parte del Giordano. Portarono la notizia a Ghibea, e il panico si diffuse. Saul, tornando la sera con i buoi dal lavoro nei campi, udì le grida di lamento che annunciavano una grave calamità e disse: “Che ha egli il popolo, che piange?” 1 Samuele 11:5. E quando sentì quella storia infamante tutte le sue facoltà sopite si ridestarono. “Lo Spirito di Dio investì Saul... e prese un paio di buoi, li tagliò a pezzi, che mandò, per mano dei messi, per tutto il territorio d’Israele, dicendo: Così saranno trattati i buoi di chi non seguirà Saul e Samuele”. 1 Samuele 11:7.PP 516.2

    Nella pianura di Bezek trecentotrentamila uomini si erano raccolti per ubbidire agli ordini di Saul. Immediatamente vennero inviati nella città assediata dei messaggeri per rassicurare gli israeliti minacciati che gli aiuti sarebbero arrivati proprio la mattina del giorno in cui dovevano sottomettersi agli ammoniti.PP 516.3

    Saul, con una rapida marcia notturna, attraversò con il suo esercito il Giordano e arrivò a Jabes alla “vigilia del mattino”. Divise, come aveva fatto Gedeone, le forze in tre gruppi e piombò sull’accampamento degli ammoniti nelle prime ore della mattina quando essi, non sospettando il pericolo, non erano preparati. Il panico del nemico facilitò la disfatta che si concluse con una carneficina, e “quelli che scamparono furon dispersi in guisa che non ne rimasero due assieme”. 1 Samuele 11:11.PP 516.4

    La prontezza e il coraggio di Saul, insieme alle sue capacità di dirigere truppe così numerose, erano le qualità che secondo gli israeliti doveva avere un monarca e che permetteva loro di tener testa alle altre nazioni. Fu allora che lo considerarono loro re, attribuendo gli onori della vittoria agli uomini e dimenticando che senza la particolare benedizione di Dio i loro sforzi sarebbero stati inutili. Presi dall’entusiasmo alcuni di loro proposero di mettere a morte coloro che inizialmente si erano opposti al riconoscimento dell’autorità di Saul, ma il re intervenne dicendo: “Nessuno sarà messo a morte in questo giorno, perché oggi l’Eterno ha operato una liberazione in Israele”. 1 Samuele 11:13. Questa affermazione dimostrava che il carattere di Saul era mutato: invece di attribuire l’onore a se stesso, attribuì tutta la gloria a Dio; invece di desiderare la vendetta, dimostrò il desiderio di perdonare. Questa è la prova che la grazia di Dio opera nell’intimo dell’uomo.PP 516.5

    Samuele propose allora che fosse convocata un’assemblea nazionale a Ghilgal per riconoscere pubblicamente la regalità di Saul. “E quivi offrirono nel cospetto dell’Eterno sacrifizi di azioni di grazie. E Saul e gli uomini tutti d’Israele fecero gran festa in quel luogo”. 1 Samuele 11:15.PP 517.1

    Proprio a Ghilgal gli israeliti si erano accampati per la prima volta nella terra promessa. Fu là che Giosuè, guidato da Dio, aveva eretto la stele di dodici pietre per commemorare il passaggio miracoloso del Giordano. Là, era stata riconfermata la circoncisione. Là, venne celebrata la prima Pasqua dopo il peccato di Kades e le peregrinazioni nel deserto. Là, il Capitano dell’esercito dell’Eterno si era rivelato al capo delle schiere d’Israele. Di là marciarono per travolgere Gerico e conquistare Ai. Là, Acan fu punito per i suoi peccati, e fu stipulata l’alleanza con i gabaoniti per la quale gli israeliti furono puniti perché avevano dimenticato di chiedere il consiglio divino. Su questo terreno pianeggiante, legato a tanti ricordi elettrizzanti, si trovavano Samuele e Saul.PP 517.2

    Quando le grida di benvenuto rivolte al re cessarono, l’anziano profeta rivolse al popolo d’Israele alcune parole per congedarsi come guida della nazione.PP 517.3

    “Ecco” disse Samuele “io vi ho ubbidito in tutto quello che m’avete detto, ed ho costituito un re su di voi. Ed ora, ecco il re che. andrà dinanzi a voi. Quanto a me, io son vecchio e canuto... io sono andato innanzi a voi nella mia giovinezza fino a questo giorno. Eccomi qui; rendete la vostra testimonianza a mio carico in presenza dell’Eterno e in presenza del suo unto: A chi ho preso il bue? A chi ho preso l’asino? Chi ho defraudato? A chi ho fatto violenza? Dalle mani di chi ho accettato doni per chiuder gli occhi a suo riguardo? Io vi restituirò ogni cosa”. 1 Samuele 12:1-3. Il popolo rispose allora unanimemente: “Tu non ci hai defraudati, non ci hai fatto violenza e non hai preso nulla dalle mani di chicchessia”. 1 Samuele 12:4.PP 517.4

    Samuele non cercava semplicemente di giustificare la sua condotta. Precedentemente aveva presentato i princìpi che sia il re sia il popolo dovevano osservare e ora desiderava aggiungere alle sue parole il peso del suo esempio. Egli aveva agito per l’opera di Dio sin dalla sua infanzia e durante la sua lunga vita aveva sempre avuto presente il desiderio di glorificare Dio e perseguire il bene d’Israele.PP 517.5

    Se gli ebrei non fossero stati indotti a pentirsi davanti all’Eterno, per loro non ci sarebbe stata nessuna speranza di prosperità. Era stato il peccato a far perdere loro non solo la fede in Dio, ma anche la consapevolezza della potenza e della saggezza con cui l’Eterno aveva regnato su loro, e la fiducia nelle sue capacità di difendere la propria causa. Per trovare la vera pace gli israeliti dovevano scorgere e confessare proprio il peccato di cui essi erano colpevoli. Essi avevano chiaramente affermato qual era lo scopo della richiesta di un re. “Il nostro re amministrerà la giustizia tra noi marcerà alla nostra testa e condurrà le nostre guerre”, avevano detto. Samuele riepilogò la storia d’Israele sin dal giorno in cui Dio li aveva liberati dall’Egitto. L’Eterno, il Re dei re li aveva preceduti e aveva combattuto le loro battaglie. Spesso a causa dei loro peccati si erano trovati in balìa dei nemici, ma non appena abbandonavano il loro comportamento sbagliato, Dio con misericordia suscitava un liberatore. “E l’Eterno mandò Jerubbaal e Bedan e Jefte e Samuele e vi liberò dalle mani dei nemici che vi circondavano e viveste al sicuro”. 1 Samuele 12:11. Tuttavia, davanti alla minaccia del pericolo, essi avevano dichiarato: “No, deve regnar su noi un re” mentre l’Eterno, il loro Dio, avrebbe dovuto essere il loro re, come aveva detto il profeta.PP 518.1

    “E anche ora” continuò Samuele “fermatevi e mirate questa cosa grande che l’Eterno sta per compiere dinanzi agli occhi vostri! Non siamo nel tempo della messe del grano? Io invocherò l’Eterno ed Egli manderà tuoni e pioggia affinché sappiate e veggiate quanto è grande agli occhi dell’Eterno il male che avete fatto chiedendo per voi un re. Allora Samuele invocò l’Eterno, e l’Eterno mandò quel giorno tuoni e pioggia”. 1 Samuele 12:16-18. Nel periodo della mietitura, maggio e giugno, le piogge in oriente sono scarse. In una giornata mite, con un cielo terso, si scatenò una tempesta così violenta da far tremare tutti gli israeliti. Il popolo allora confessò umilmente il proprio peccato, proprio quello di cui era colpevole, dicendo: “Prega l’Eterno, il tuo Dio, per i tuoi servi, affinché non muoiano; poiché a tutti gli altri nostri peccati abbiamo aggiunto questo torto di chiedere per noi un re”. 1 Samuele 12:19.PP 518.2

    Samuele non lasciò il popolo nello scoraggiamento perché così avrebbe compromesso i suoi sforzi in vista di una riforma e avrebbe permesso a Satana di far apparire Dio severo e inflessibile, esponendo gli israeliti a molte tentazioni. Dio è misericordioso e pronto a perdonare e desidera favorire il popolo che ubbidisce alla sua voce. “Non temete” disse il profeta esprimendo il pensiero di Dio “è vero, voi avete fatto tutto questo male; nondimeno, non vi ritraete dal seguir l’Eterno, ma servitelo con tutto il cuor vostro; non ve ne ritraete perché andreste dietro a cose vane, che non posson né giovare né liberare perché son cose vane. Poiché l’Eterno, per amor del suo grande nome non abbandonerà il suo popolo”. 1 Samuele 12:20-22.PP 518.3

    Samuele non disse nulla dell’affronto che era stato fatto nei suoi confronti, né pronunciò nessun rimprovero per l’ingratitudine con cui Israele aveva ripagato la sua vita disinteressata; anzi, assicurò loro il suo incessante interessamento, dicendo: “E, quanto a me, lungi da me il peccare contro l’Eterno cessando di pregare per voi! Anzi, io vi mostrerò la buona e diritta via. Solo temete l’Eterno, e servitelo fedelmente con tutto il cuor vostro. poiché mirate le cose grandi ch’Egli ha fatte per voi! Ma, se continuate ad agire malvagiamente, perirete e voi e il vostro re”. 1 Samuele 12:23-25.PP 519.1

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