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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 33: Dal Sinai a Kades

    La costruzione del tabernacolo, iniziata poco prima dell’arrivo del popolo d’Israele al Sinai, fu completata solo all’inizio del secondo anno di pellegrinaggio nel deserto. In seguito si ebbe la consacrazione dei sacerdoti, la celebrazione della Pasqua, il censimento del popolo e il completamento dell’organizzazione civile e religiosa della nazione. Gli israeliti rimasero accampati vicino al Sinai per quasi un anno. Durante questo periodo, furono precisati i princìpi su cui si fondava la religione ebraica. Furono promulgate le leggi per il governo della nazione e fu studiato il sistema più efficiente per facilitare l’ingresso del popolo nella terra di Canaan.PP 312.1

    L’amministrazione civile d’Israele era caratterizzata da un’organizzazione molto efficiente, straordinaria nella sua semplicità e completezza. L’ordine e la perfezione che si manifestano nel creato, erano evidenti anche nella costituzione della nazione ebraica. Dio esercitava l’autorità suprema, come Sovrano d’Israele: Mosè era il suo rappresentante visibile. Il Signore stesso lo aveva chiamato ad amministrare la legge in suo nome. Cinquanta israeliti, scelti tra i capi delle tribù, costituivano il consiglio, un’istituzione creata allo scopo di assistere Mosè nel governo d’Israele. Anche il santuario fu oggetto di precise disposizioni: vennero nominati i sacerdoti, che avrebbero dovuto consultare il Signore nel santuario. Inoltre, furono designati i prìncipi e i capi delle tribù. A questi ultimi erano subordinati “capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine”. Infine, alla base della piramide organizzativa, vi erano ufficiali addetti a compiti particolari. Cfr. Deuteronomio 1:15.PP 312.2

    La disposizione dell’accampamento israelita seguiva un ordine rigoroso. Era suddiviso in tre grandi settori: ognuno di essi aveva una collocazione fissa. Il santuario, la dimora dell’invisibile Re degli ebrei, era posto al centro; intorno vi erano le tende dei sacerdoti e dei leviti, dietro le quali si accampava il resto del popolo.PP 312.3

    I leviti avevano l’incarico di custodire il tabernacolo e tutti i suoi arredi, sia durante le soste sia nel corso degli spostamenti. Il loro compito consisteva nello smontare ed erigere il santuario. Nessun’altra persona, di qualsiasi tribù, poteva avvicinarsi agli arredi sacri, pena la morte. Nell’accampamento, i leviti erano distribuiti in tre aree, assegnate ai discendenti dei tre figli di Levi: ognuno di questi gruppi aveva una precisa dislocazione e un lavoro specifico. A sud del santuario c’erano le tende dei kehatiti, che si occupavano dell’arca e degli altri arredi sacri; a nord i merariti, che avevano il compito di trasportare i pilastri, le basi, le assi, ecc.; dietro di loro si accampavano i ghersoniti, che pensavano alle tende e alla tappezzeria. Davanti al santuario c’erano le tende di Mosè e Aronne.PP 312.4

    Fu precisata anche la disposizione delle altre tribù. Per ordine del Signore, ognuna doveva marciare e accamparsi vicino alla propria insegna: “I figliuoli d’Israele s’accamperanno ciascuno vicino alla sua bandiera sotto le insegne delle case dei loro padri; si accamperanno di faccia e tutt’intorno alla tenda di convegno... Seguiranno nella marcia l’ordine nel quale erano accampati ciascuno al suo posto, con la sua bandiera”. Numeri 2:2, 17. La folla di stranieri che aveva seguito il popolo d’Israele dall’Egitto non ebbe il permesso di occupare le stesse zone delle tribù: si doveva sistemare lungo il perimetro dell’accampamento. I discendenti degli stranieri sarebbero rimasti esclusi dalla comunità degli israeliti fino alla terza generazione. Cfr. Deuteronomio 23:7, 8.PP 313.1

    Dio ordinò che l’accampamento e la zona circostante fossero mantenuti nel massimo ordine, perfettamente puliti. Fu imposta una completa normativa sanitaria: nessuna persona impura sotto il profilo igienico poteva avere accesso al campo. Queste misure erano indispensabili per preservare la salute di una comunità così numerosa. Inoltre, l’igiene era una condizione importante perché Dio potesse essere presente accanto al suo popolo; infatti Egli aveva dichiarato: “L’Eterno, il tuo Dio, cammina in mezzo al tuo campo per liberarti e per darti nelle mani i tuoi nemici; perciò il tuo campo dovrà essere santo...”. Deuteronomio 23:14.PP 313.2

    Per tutto il viaggio attraverso il deserto “...l’arca del patto dell’Eterno andava davanti... per cercare loro un luogo di riposo”. Numeri 10:33. Essa veniva trasportata dai figli di Kehath: Aronne e Mosè la precedevano; i sacerdoti camminavano ai lati e avevano trombe d’argento, con cui annunciavano al popolo le direttive di Mosè. I responsabili dei vari gruppi in cui Israele era suddiviso dovevano dirigere la marcia secondo gli spostamenti indicati dalle trombe. Chi trascurava l’esecuzione di un ordine veniva punito con la morte.PP 313.3

    L’Eterno è un Dio d’ordine. Tutto ciò che ha a che fare con lui è perfetto: i movimenti degli angeli sono regolati in modo preciso e accurato. Dio vuole che anche nella sua chiesa tutto si svolga in modo ordinato e organizzato, con la stessa disciplinata precisione a cui furono sottoposti gli israeliti. Quanti lavorano per lui devono operare con intelligenza, mai in modo approssimativo o senza un programma preciso. Se agiamo con fede, in modo diligente e accurato, il Signore unirà ai nostri sforzi il suo sostegno. Dio stesso guidò gli israeliti lungo il cammino. Quando dovevano fermarsi, la nuvola si abbassava per indicare il luogo dell’accampamento, e rimaneva sul santuario per tutto il tempo della sosta; quando era giunto il momento della partenza, essa si sollevava dal terreno. Nel momento in cui la marcia si arrestava o ripartiva, veniva pronunciata una solenne invocazione: “Quando l’arca partiva, Mosè diceva: Levati, o Eterno, e siano dispersi i tuoi nemici, e fuggano dinanzi alla tua presenza quelli che t’odiano! E quando si posava diceva: Torna, o Eterno, alle miriadi delle schiere d’Israele!” Numeri 10:35, 36.PP 313.4

    Undici giorni di cammino separavano il monte Sinai da Kades, al confine con Canaan. La nuvola diede il segnale della partenza e gli israeliti si misero in cammino, convinti che presto sarebbero entrati nella terra promessa. L’Eterno li aveva liberati dall’Egitto in modo miracoloso. Ma dopo il giuramento e il patto, al Sinai, essi erano diventati formalmente il popolo scelto da Dio, e quindi si aspettavano benedizioni straordinarie.PP 314.1

    Molti però erano restii a lasciare il luogo in cui erano stati accampati per così tanto tempo. La regione del Sinai ormai era diventata quasi la loro patria. Quei contrafforti di granito erano stati il rifugio d’Israele, presso il quale Dio aveva riunito a sé il suo popolo, scegliendolo fra tutte le nazioni, per ricordargli la sua santa legge. Gli ebrei amavano contemplare la montagna sacra: su quegli aspri crinali, su quelle alte vette il Signore aveva spesso manifestato la sua gloria. Quello scenario era strettamente legato all’idea della presenza di Dio e degli angeli e suggeriva un tale senso di sacralità che sembrava impossibile abbandonare quei luoghi con gioia e senza rimpianto.PP 314.2

    I trombettieri diedero il segnale, e tutti gli israeliti si misero in marcia, con il tabernacolo al centro dello schieramento: ogni tribù occupava la posizione prestabilita, dietro la propria insegna. Gli sguardi di tutti erano fissi sulla nube, per vedere quale direzione avrebbe preso: quando essa si diresse verso est, dove vi erano soltanto catene montuose aride e desolate, molti furono assaliti dal dubbio e dalla tristezza.PP 314.3

    Mentre avanzavano, il cammino si faceva sempre più difficile. Attraversarono dirupi rocciosi e pianure desolate: all’orizzonte appariva solo un grande deserto, “un paese di solitudine e di crepacci... un paese d’aridità e d’ombra di morte... un paese per il quale nessuno passò mai e dove non abitò mai nessuno”. Geremia 2:6. A perdita d’occhio, le gole rocciose erano gremite di uomini, donne, bambini, bestie, carri, mandrie e greggi. L’avanzata era molto lenta e faticosa perché dopo la lunga sosta al Sinai il popolo non era più abituato ad affrontare i pericoli e le difficoltà del viaggio. Dopo tre giorni iniziarono le prime aperte manifestazioni di protesta. Il folto gruppo degli stranieri, che si erano assimilati solo formalmente a Israele, continuava a fomentare le polemiche.PP 314.4

    Il motivo della contestazione era la direzione di marcia, ma il malcontento era alimentato dalle presunte mancanze di Mosè. Tuttavia, le critiche rivolte al suo modo di guidare il popolo, erano solo un pretesto, perché i contestatori sapevano bene di seguire la nuvola di Dio, e non un uomo. In breve, lo scontento si diffuse in tutto l’accampamento.PP 315.1

    La protesta esplose: il popolo voleva mangiare della carne. Gli stranieri che avevano seguito gli israeliti non si accontentavano della manna, che ricevevano ogni giorno in abbondanza. Durante la schiavitù in Egitto, gli ebrei erano obbligati ad alimentarsi con cibo molto semplice: la fame, le privazioni e il duro lavoro provvedevano a renderlo saporito. Molti degli egiziani che erano con loro, invece, abituati a una dieta raffinata, iniziarono a protestare. Quando Dio aveva dato la manna, poco prima dell’arrivo del popolo d’Israele al Sinai, aveva risposto alle loro proteste fornendogli anche la carne, ma solo per un giorno.PP 315.2

    Il Signore avrebbe potuto continuare a provvedere loro altri alimenti ma non lo fece perché desiderava il benessere della sua gente. Voleva offrire agli ebrei un cibo più adatto alle loro necessità, invece degli alimenti malsani che avevano conosciuto in Egitto. Le loro abitudini alimentari dovevano essere corrette, perché essi potessero apprezzare il cibo che Dio in origine aveva destinato al genere umano: i frutti della terra, offerti ad Adamo ed Eva in Eden. In questo modo, gli israeliti avrebbero potuto godere di un migliore stato di salute e quindi il Signore eliminò quasi completamente la carne dalla loro alimentazione.PP 315.3

    Satana insinuò allora l’idea che quella limitazione fosse ingiusta e crudele. Indusse gli ebrei a desiderare ciò che era stato loro proibito: sapeva infatti che l’abitudine di cedere all’appetito, senza imporsi alcun controllo, può indurre un individuo ad abbandonarsi esclusivamente agli impulsi della sensualità. Attraverso mezzi come questi, egli pensava di poter controllare più facilmente quella gente. L’autore delle disgrazie e delle miserie umane concentra i suoi sforzi sulle persone con cui sa di poter avere maggiore successo. Egli fece appello all’appetito anche quando tentò Eva, inducendola a mangiare il frutto proibito: con questo stesso espediente, ha trascinato molti uomini in uno stato di miseria morale. Nel suscitare la protesta degli ebrei contro Dio, Satana agì nello stesso modo.PP 315.4

    L’intemperanza nel mangiare e nel bere porta gli individui a cedere alle passioni più basse, e li dispone a trascurare i loro obblighi morali: quando sono sottoposti a una tentazione non hanno la forza di resistere.PP 316.1

    Dio liberò Israele dall’Egitto per insediare nella terra di Canaan un popolo moralmente integro, sano e felice. Per raggiungere questo obiettivo, impose agli israeliti e ai loro discendenti una precisa disciplina. Se si fossero impegnati a resistere agli istinti negativi, conformandosi alle sagge condizioni poste da Dio, non avrebbero mai conosciuto la debolezza e la miseria. I loro discendenti avrebbero posseduto grandi doti fisiche e intellettuali: sarebbero state persone estremamente intelligenti, dotate di una chiara comprensione del dovere, della verità e della giustizia. Il rifiuto degli ebrei di sottoporsi alle richieste e alle restrizioni divine impedì loro di raggiungere l’elevato ideale che Dio avrebbe desiderato e ricevere i benefici che era pronto a concedere.PP 316.2

    Il salmista dice: “Tentarono Dio in cuor loro, chiedendo cibo a lor voglia. E parlarono contro Dio, dicendo: Potrebbe Dio imbandirci una mensa nel deserto? Ecco, Egli percosse la roccia e ne colarono acque, ne traboccarono torrenti; potrebb’Egli darci anche del pane, e provvedere di carne il suo popolo. Perciò l’Eterno, avendoli uditi, s’adirò fieramente...”. Salmi 78:18-21. Durante il viaggio dal mar Rosso al Sinai, si erano verificate spesso proteste e rivolte, ma Dio aveva avuto compassione dell’ignoranza e della cecità degli israeliti e non li aveva puniti. A Horeb, essi erano stati testimoni della straordinaria manifestazione di un Dio potente e misericordioso: questo privilegio rendeva molto più grave il loro atteggiamento scettico e contestatario. A Horeb, infatti, gli ebrei avevano giurato di ubbidire a Dio e di riconoscere la sua autorità. La protesta si stava invece trasformando in aperta ribellione. Per proteggere il suo popolo dall’anarchia e dalla rovina, Dio fu costretto a prevedere una punizione immediata ed esemplare. “...Il fuoco dell’Eterno divampò tra loro e divorò l’estremità del campo”. Numeri 11:1. I maggiori responsabili della contestazione furono uccisi dalla nuvola di Dio.PP 316.3

    La gente, assalita dal terrore, supplicò Mosè di pregare il Signore. Egli ubbidì, e il fuoco si estinse. In ricordo di quella punizione, il luogo fu chiamato Taberath, cioè “incendio”.PP 316.4

    Tuttavia la situazione precipitò ulteriormente. I sopravvissuti alla terribile condanna divina, invece di pentirsi e adottare un atteggiamento più docile, intensificarono la loro protesta. In tutto l’accampamento la gente si riuniva davanti alle tende, piangeva e si lamentava. “E l’accozzaglia di gente raccogliticcia ch’era fra il popolo, fu presa da concupiscenza; e anche i figliuoli d’Israele cominciarono a piagnucolare e a dire: Chi ci darà da mangiare della carne? Ci ricordiamo de’ pesci che mangiavamo in Egitto per nulla, dei cocomeri, de’ poponi, de’ porri, delle cipolle e degli agli. E ora l’anima nostra è inaridita; non c’è più nulla! Gli occhi nostri non vedon altro che questa manna”. Numeri 11:4-6. Così gli israeliti espressero la loro insoddisfazione per il cibo che il Signore offriva. Parole come queste erano ingiuste, anche perché tutti erano testimoni del fatto che, nonostante le difficoltà quotidiane, non vi era un solo malato in Israele: la manna era davvero un alimento adeguato alle loro necessità.PP 316.5

    Ascoltando quelle proteste, Mosè provò un profondo scoraggiamento. Aveva implorato Dio di non distruggere Israele, perché potesse diventare una grande nazione. Amava quella gente a tal punto che aveva pregato il Signore di salvarli anche se avesse dovuto rinunciare alla sua salvezza eterna. Aveva rischiato tutto, per amore del suo popolo: questa era la ricompensa. Mosè sentiva personalmente il peso di quelle accuse: era considerato responsabile di tutte le loro difficoltà, perfino di quelle immaginarie. Certo, si trattava di proteste suggerite dalla cattiveria, ma esse rendevano ancora più opprimente il peso delle preoccupazioni e delle responsabilità che già lo faceva vacillare. In quel momento critico, fu tentato di perdere la sua fiducia in Dio. Si rivolse a lui quasi con un lamento: “...Perché hai trattato così male il tuo servo? Perché non ho io trovato grazia agli occhi tuoi, che tu m’abbia messo addosso il carico di tutto questo popolo?... Donde avrei io della carne da dare a tutto questo popolo? Poiché piagnucola dietro a me, dicendo: Dacci da mangiare della carne! Io non posso, da me solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me”. Numeri 11:11-14.PP 317.1

    Il Signore ascoltò la sua preghiera e gli suggerì di scegliere settanta uomini tra gli anziani d’Israele. Il loro requisito più importante non era tuttavia l’età: dovevano essere innanzi tutto persone autorevoli, piene di dignità ed esperienza, dotate di una solida capacità di giudizio. “...Conducili alla tenda di convegno” gli disse “e vi si presentino con te. Io scenderò e parlerò quivi teco; prenderò dello spirito che è su te e lo metterò su loro, perché portino con te il carico del popolo, e tu non lo porti più da solo”. Numeri 11:16, 17.PP 317.2

    Il Signore permise che Mosè scegliesse gli uomini più fedeli ed efficienti per condividere le sue responsabilità. La loro autorità lo avrebbe aiutato nel compito di controllare gli impulsi del popolo e nel sedare eventuali rivolte. Purtroppo, in futuro, l’elezione di quei settanta anziani avrebbe causato gravi conseguenze. L’iniziativa non sarebbe stata necessaria se Mosè avesse dimostrato una fede in Dio corrispondente alle manifestazioni di potenza e bontà alle quali aveva assistito. Egli, però, aveva ingigantito il peso delle sue responsabilità e dei suoi compiti, dimenticando di essere semplicemente lo strumento attraverso il quale il Signore operava. Era una debolezza ingiustificabile, in cui si manifestava — anche se in forma molto meno grave — lo stesso atteggiamento contestatario per il quale il popolo era stato punito. Se Mosè avesse avuto piena fiducia in Dio, il Signore lo avrebbe guidato in ogni momento, dandogli la forza di superare qualsiasi difficoltà.PP 317.3

    Mosè ricevette l’ordine di preparare il popolo per ciò che Dio stava per fare: “Santificatevi per domani, e mangerete della carne, poiché avete pianto agli orecchi dell’Eterno, dicendo: Chi ci farà mangiare della carne? Stavamo pur bene in Egitto! Ebbene, l’Eterno vi darà della carne, e voi ne mangerete. E ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca per le narici e vi faccia nausea, poiché avete rigettato l’Eterno che è in mezzo a voi, e avete pianto davanti a lui, dicendo: Poiché mai siamo usciti dall’Egitto?” Numeri 11:18-20.PP 318.1

    Mosè allora esclamò: “Questo popolo, in mezzo al quale mi trovo, novera seicentomila adulti, e tu hai detto: Io darò loro della carne, e ne mangeranno per un mese intero! Si scanneranno per loro greggi ed armenti in modo che n’abbiano abbastanza? O si radunerà per loro tutto il pesce del mare in modo che n’abbiano abbastanza?” Numeri 11:21, 22.PP 318.2

    Dio rispose rimproverandolo per la sua sfiducia: “...La mano dell’Eterno è forse raccorciata? Ora vedrai se la parola che t’ho detta s’adempia o no”. Numeri 11:23. Mosè ripeté al popolo le parole del Signore e annunciò la nomina dei settanta anziani. Il compito affidato a questi uomini è un esempio di profonda onestà anche per i giudici e i legislatori contemporanei: “...Ascoltate le cause de’ vostri fratelli, e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere col fratello o con lo straniero che sta da lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio...”. Deuteronomio 1:16, 17.PP 318.3

    Così Mosè convocò i settanta presso il santuario. “E l’Eterno scese nella nuvola e gli parlò; prese dello spirito ch’era su di lui, e lo mise sui settanta anziani; e avvenne che, quando lo spirito si fu posato su loro, quelli profetizzarono...”. Numeri 11:25. Come i discepoli nel giorno della Pentecoste, essi furono investiti della “potenza dall’alto”. Il Signore li stava preparando a svolgere il loro compito e volle onorarli davanti all’intera comunità d’Israele. Con questa manifestazione pubblica, Egli intendeva evidenziare la sacralità del loro mandato, per affiancarli a pieno titolo a Mosè nel governo d’Israele.PP 318.4

    Egli ebbe allora una nuova occasione per manifestare il suo altruismo e la sua nobiltà d’animo. Due dei settanta anziani, non considerandosi degni di occupare una posizione di così grande responsabilità, non si erano riuniti con i loro fratelli, davanti al santuario. Lo Spirito di Dio li investì nel luogo in cui si trovavano, e anch’essi iniziarono a profetizzare. Giosuè fu informato del fatto, e volle indagare su questa irregolarità, temendo che potesse creare delle polemiche. Desiderando difendere il prestigio del suo capo, egli disse: “...Mosè, signor mio, non glielo permettere! Ma Mosè rispose: Sei tu geloso per me? Oh fossero pur tutti profeti nel popolo dell’Eterno, e volesse l’Eterno mettere su loro lo Spirito Suo!” Numeri 11:28, 29.PP 319.1

    Un forte vento proveniente dal mare portò stormi di quaglie “...e le fe’ cadere presso il campo, sulla distesa di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro intorno al campo, a una altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo”. Numeri 11:31. Per tutta la giornata, la notte e il giorno successivo il popolo si impegnò per raccogliere quell’immensa quantità di cibo, ottenuto per miracolo. “Chi ne raccolse meno n’ebbe dieci omer”. Ciò che non fu utilizzato subito venne fatto essiccare, perché potesse bastare a nutrire il popolo per un mese intero, come l’Eterno aveva promesso.PP 319.2

    Dio aveva dato agli israeliti qualcosa che certo non rispondeva perfettamente alle esigenze della loro salute. La loro ostinazione nel richiedere la carne aveva infine indotto il Signore a concederla. Gli ebrei avevano disprezzato l’alimento che era stato fornito per il loro benessere. Ora che le loro proteste erano state soddisfatte, avrebbero subìto le conseguenze di quella richiesta. Durante i festeggiamenti, infatti, mangiarono una tale quantità di carne che gli effetti di quegli eccessi non si fecero attendere. “...E l’Eterno percosse il popolo con una gravissima piaga”. Numeri 11:33.PP 319.3

    Molti furono stroncati da una febbre altissima: i più colpevoli tra i contestatori ne furono colpiti non appena assaggiarono il cibo che avevano desiderato con tanta avidità. Ad Hatseroth, la sosta successiva a Taberah, Mosè avrebbe dovuto affrontare una prova ancora più difficile. Suo fratello e sua sorella, Aronne e Maria, avevano sempre avuto una posizione di grande onore e autorità in Israele. Entrambi avevano ricevuto da Dio la capacità di profetizzare: seguendo la volontà di Dio, avevano appoggiato Mosè per liberare gli israeliti dalla schiavitù. “...Mandai davanti a te Mosè, Aronne e Maria” (Michea 6:4): queste sono le parole del Signore, pronunciate dal profeta Michea. Il coraggio di Miriam era emerso in modo evidente quando, ancora bambina, aveva sorvegliato lungo il Nilo la cesta in cui era stato nascosto il piccolo Mosè. Dio si servì della saggezza e della padronanza di spirito di Miriam per proteggere e liberare il suo popolo. Notevolmente dotata nel campo della poesia e della musica, aveva guidato le donne d’Israele nei canti e nelle danze con cui il popolo aveva festeggiato la sconfitta degli egiziani sulle rive del mar Rosso. Era una donna amata dalla sua gente; il Signore l’aveva posta in una posizione di prestigio, seconda per autorità solo a Mosè e Aronne. Tuttavia, nella mente di Miriam si insinuò lo stesso spirito che molto tempo prima aveva seminato la discordia in cielo: le sue ambizioni non tardarono a trovare l’appoggio di un seguito di simpatizzanti.PP 319.4

    Al momento della nomina dei settanta anziani, Miriam e Aronne non erano stati consultati. Il fatto suscitò il loro risentimento. Quando Iethro si era incontrato con suo genero, durante la marcia verso il Sinai, la prontezza con cui Mosè aveva accettato i consigli del suocero aveva fatto temere ad Aronne e Miriam che il loro ascendente sul capo d’Israele fosse minore del suo. Con l’istituzione del consiglio degli anziani, entrambi pensarono che le loro prerogative e la loro autorità erano state ignorate.PP 320.1

    Miriam e Aronne non dovevano assumersi il peso delle responsabilità che gravavano su Mosè: tuttavia, per il fatto di essere stati chiamati ad aiutarlo, pensavano di essere investiti della sua stessa autorità. L’elezione dei settanta anziani era sembrato loro un provvedimento del tutto superfluo.PP 320.2

    Mosè era profondamente consapevole dell’importanza del grande compito che Dio gli aveva affidato. Cosciente dei propri limiti, fece di Dio la sua guida. Aronne, invece, aveva un’alta opinione di se stesso e contava meno sull’aiuto del Signore. Quando Mosè salì sul Sinai, affidandogli la massima responsabilità nella conduzione d’Israele, Aronne commise un grave errore: la sua debolezza di carattere emerse con evidenza nelle vili giustificazioni con cui tentò di minimizzare le sue responsabilità per l’atto di idolatria compiuto dal popolo. Accecati dall’invidia e dall’ambizione, Aronne e Miriam non comprendevano la gravità del loro errore. Dio aveva posto Aronne in una posizione di grande prestigio, affidando alla sua famiglia la funzione sacerdotale. Purtroppo, l’attribuzione di questo onore aveva alimentato ulteriormente il suo orgoglio. “Essi infatti dissero: L’Eterno ha Egli parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha Egli parlato anche per mezzo nostro?...” Numeri 12:2. Aronne e Miriam si consideravano ugualmente favoriti da Dio e si sentivano investiti della stessa autorità di Mosè.PP 320.3

    Miriam, infine, cedette al malcontento e trovò alcuni pretesti per criticare fatti che in realtà Dio stesso aveva voluto. Ella aveva disapprovato il matrimonio di Mosè, perché riteneva che la scelta di una donna straniera fosse un’offesa per la sua famiglia e per l’orgoglio nazionale. Di conseguenza, Miriam trattava Sefora con malcelato disprezzo.PP 321.1

    Anche se nella Bibbia viene indicata come una “donna cuscita”, la moglie di Mosè era una madianita, e come tale discendente di Abramo. Aveva un aspetto diverso da quello degli ebrei, e una carnagione più scura. Tuttavia, pur non essendo un’israelita, Sefora credeva in Dio. Era una donna timida e riservata, cordiale e affettuosa, molto sensibile alla sofferenza. Per questo motivo Mosè aveva voluto che ritornasse a Madian, quando si era recato in Egitto. Desiderava risparmiarle il dolore di assistere ai castighi che avrebbero colpito gli egiziani.PP 321.2

    In seguito, quando Sefora raggiunse suo marito nel deserto, dopo la liberazione d’Israele, aveva constatato che il peso della responsabilità rischiava di schiacciarlo. La donna aveva condiviso questa preoccupazione con Iethro, suo padre, che aveva dato a Mosè alcuni utili consigli organizzativi. Da questo episodio era nata la profonda antipatia di Miriam per Sefora. Risentita per non essere stata presa in considerazione, insieme ad Aronne, Miriam pensava che Sefora avesse indotto Mosè a escluderli dalle sue decisioni. Anche in questo caso, se Aronne avesse difeso con fermezza la verità, avrebbe potuto impedire una disgrazia. Invece di indicare a Miriam il suo errore, egli l’appoggiò: ascoltò le sue lamentele e finì per condividerne i sentimenti.PP 321.3

    Mosè sopportò le accuse di Miriam e Aronne con pazienza, in silenzio. Nei lunghi anni trascorsi a Madian, lavorando duramente, aveva imparato a essere umile e tollerante. Questa esperienza gli aveva permesso di affrontare con pazienza lo scetticismo e le contestazioni del popolo, l’orgoglio e l’invidia di coloro che avrebbero dovuto essere i suoi collaboratori più fidati. “Mosè era un uomo molto mansueto, più d’ogni altro uomo sulla faccia della terra” (Numeri 12:3): per questo, Dio gli fu accanto offrendogli il suo consiglio e la sua saggezza, più di quanto abbia mai fatto con qualsiasi altro uomo. La Bibbia infatti afferma: “L’Eterno... guiderà i mansueti nella giustizia, insegnerà ai mansueti la sua via”. Salmi 25:8, 9. Il Signore guida le persone miti, perché sono disposte a imparare: desiderano sinceramente conoscere e attuare ciò che Dio vuole per loro. Gesù ha promesso: “Se uno vuol fare la volontà di Lui conoscerà se questa dottrina è da Dio...”. Giovanni 7:17. Attraverso l’apostolo Giacomo, Egli dichiara: “Se alcuno di voi manca di sapienza la chiegga a Dio che dona a tutti liberalmente senza rinfacciare, e gli sarà donata”. Giacomo 1:5. Questa promessa, tuttavia, è rivolta solo a quanti desiderano impegnarsi completamente per seguire il Signore. Dio non forza nessuno e quindi non può guidare coloro che sono troppo orgogliosi per ascoltare i suoi consigli o troppo impegnati a trovare la propria strada. Di tutti quegli individui che simulano coerenza con i princìpi divini, e in realtà perseguono fini egoistici, la Bibbia dice: “Non pensi già quel tale di ricevere nulla dal Signore”. Giacomo 1:7.PP 321.4

    Dio aveva scelto Mosè come capo d’Israele e lo aveva guidato con il suo Spirito. La slealtà di Miriam e Aronne era dunque diretta contro Dio prima ancora che contro il loro fratello. I due contestatori furono convocati nel santuario, dove si trovarono di fronte a Mosè. “E l’Eterno scese in una colonna di nuvola, si fermò all’ingresso della tenda, e chiamò Aronne e Maria...”. Numeri 12:5. Miriam e Aronne rivendicavano legittimamente il dono della profezia: di fatto, Dio poteva rivolgersi a loro attraverso sogni e visioni. Ma Mosè, che Dio dichiarò “fedele in tutta la mia casa”, aveva il privilegio di un contatto più diretto: con lui il Signore parlava a tu per tu. “...Perché dunque non avete temuto di parlar contro il mio servo, contro Mosè? E l’ira dell’Eterno s’accese contro loro ed Egli se ne andò”. Numeri 12:8, 9. La nuvola divina scomparve dal santuario, in segno di disapprovazione. In quel momento Miriam fu punita: divenne “lebbrosa, bianca come neve”. Aronne fu risparmiato, ma la punizione di Miriam costituì un severo avvertimento anche per lui. Il loro orgoglio era stato annientato: Aronne confessò il proprio errore e supplicò che la sorella colpita da una malattia così ripugnante e letale — non fosse abbandonata alla morte. In risposta alla preghiera di Mosè, Miriam fu guarita dalla lebbra, ma fu allontanata dall’accampamento per sette giorni. Solo quando l’ordine venne eseguito Dio fece riapparire la nuvola sul santuario, per rendere visibile la sua protezione sull’accampamento. Tutto il popolo rispettava Miriam per l’importante ruolo che aveva svolto, ed era addolorato per quella punizione. Durante i sette giorni in cui la donna rimase lontana dalla comunità, l’accampamento non si spostò da Hatseroth: tutti attendevano il suo ritorno.PP 322.1

    La malattia di Miriam era un segno della condanna divina, e doveva rappresentare un avvertimento per tutti gli israeliti e arginare il diffondersi di sentimenti di malcontento e ribellione. Se Dio non fosse intervenuto, la gelosia e l’ambizione di Miriam avrebbero provocato gravi conseguenze. L’invidia è il sentimento che rende l’uomo più simile a Satana: le sue conseguenze sono tra le più distruttive. Il saggio autore dei Proverbi sostiene: “L’ira è crudele e la collera impetuosa, ma chi può resistere alla gelosia?” Proverbi 27:4. Prima della creazione, sentimenti come questi provocarono divisioni in cielo; l’uomo ha dovuto subire mali terribili per essersi abbandonato a questo sentimento. “Dove sono invidia e contenzione, quivi è disordine e ogni mala azione”. Giacomo 3:16.PP 322.2

    Non si deve considerare con superficialità l’atteggiamento di chi parla male degli altri e ne giudica le motivazioni e le azioni. “...Chi parla contro un fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei un osservatore della legge, ma un giudice”. Giacomo 3:11. Vi è un unico giudice: “...Il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli de’ cuori...”. 1 Corinzi 4:5. Chiunque si atteggia a giudice e condanna un suo simile, usurpa una prerogativa del Creatore.PP 323.1

    La Bibbia ci invita in modo particolare a guardarci dall’accusare con leggerezza coloro che Dio ha chiamato ad agire in suo nome. L’apostolo Pietro descrive in questi termini una categoria di persone immorali: “...Audaci, arroganti, non hanno orrore di dir male delle dignità; mentre gli angeli, benché maggiori di loro per forza e potenza, non portano contro ad esse, dinanzi al Signore, alcun giudizio maldicente”. 2 Pietro 2:10, 11. E Paolo, tra i consigli diretti a coloro che hanno degli incarichi di responsabilità nella chiesa, inserisce questo avvertimento: “Non ricevere accusa contro un anziano, se non sulla deposizione di due o tre testimoni”. 1 Timoteo 5:19. Dio ha affidato a degli esseri umani la pesante responsabilità di condurre e istruire la sua chiesa. Tuttavia, ogni credente, dovrà rispondere personalmente del modo in cui tratta le persone che svolgono questo importante compito. Dobbiamo onorare chi è stato onorato da Dio. La condanna ricevuta da Miriam dovrebbe costituire un ammonimento per chiunque, spinto dall’invidia, muova critiche ingiuste contro coloro ai quali Dio ha affidato un ruolo così difficile.PP 323.2

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