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Patriarchi e profeti - Contents
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    Capitolo 32: La legge e le alleanze

    Quando Adamo ed Eva furono creati, Dio fece loro conoscere la sua legge. Essi sapevano che implicava dei doveri: i princìpi su cui si fondava erano impressi nelle loro coscienze. Nel trasgredirli, l’uomo si degradò, ma il valore della legge rimase immutato. Allora fu previsto un piano per la salvezza dell’uomo, che lo avrebbe riportato all’ubbidienza: Dio promise di offrire al mondo un Salvatore e ordinò un sistema di sacrifici simbolici che prefiguravano la morte del Cristo, la vittima per il peccato. Senza la violazione della legge divina, la morte non sarebbe esistita, né sarebbero stati necessari un Salvatore e dei sacrifici.PP 302.1

    Adamo tramandò la legge di Dio ai suoi discendenti, che a loro volta la trasmisero di padre in figlio, per varie generazioni. Tuttavia solo pochi accettarono il piano divino per la salvezza dell’uomo. Il male rese il mondo così corrotto da richiederne la purificazione con il diluvio. Noè e la sua famiglia conservarono la memoria dei dieci comandamenti e li insegnarono ai loro discendenti. Quando gli uomini si allontanarono nuovamente da Dio, il Signore scelse Abramo. Di lui è scritto: “Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservò quello che gli avevo ordinato, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi”. Genesi 26:5. Ad Abramo fu proposto anche il rito della circoncisione: il segno di una personale consacrazione a Dio, un impegno a separarsi dall’idolatria e ubbidire alla legge divina. Ma i discendenti di Abramo non mantennero la sua promessa di fedeltà: ne sono una dimostrazione i ripetuti tentativi di allearsi con popoli pagani e adottarne le abitudini. Il loro soggiorno in Egitto, dove poi furono ridotti in schiavitù, si rivelò un’esperienza negativa. Vivendo insieme a una popolazione pagana, nella condizione di schiavi, alterarono i princìpi divini, introducendovi gli insegnamenti immorali e crudeli della religione egiziana. Il Signore allora li liberò dall’Egitto e nella gloria, circondato da una schiera di angeli, scese sul monte Sinai: in questo scenario maestoso e terribile annunciò la sua legge davanti a tutto il popolo.PP 302.2

    Non affidò le sue prescrizioni alla memoria di un popolo che avrebbe ben presto potuto dimenticarle: le scrisse su tavole di pietra, per eliminare ogni possibilità di confusione con le tradizioni pagane e con gli ordinamenti e i costumi umani. Non si limitò a dare loro i precetti del Decalogo; conosceva la tendenza del popolo a sviarsi con facilità e per questo gli offrì una salvaguardia contro ogni genere di tentazioni.PP 302.3

    Il Signore ordinò dunque a Mosè di stilare giudizi e leggi dettagliate sui doveri degli israeliti nei confronti di Dio, degli stranieri e dei rapporti interpersonali. Si trattava semplicemente di ampliamenti e applicazioni pratiche dei princìpi dei dieci comandamenti destinati a evitare qualsiasi errore. Lo scopo di queste disposizioni era di salvaguardare la sacralità della legge scolpita sulle tavole di pietra.PP 303.1

    Dopo il peccato Dio diede ad Adamo la legge. Noè si mantenne fedele alle norme divine, Abramo le osservò: se ogni uomo avesse ubbidito a questi insegnamenti non sarebbe stato necessario istituire il rito della circoncisione. Se i discendenti di Abramo, infatti, avessero osservato il patto, di cui la circoncisione era solo un segno, i culti pagani non li avrebbero attratti e non avrebbero dovuto affrontare la schiavitù in Egitto. Se gli israeliti avessero sempre ricordato la legge di Dio non sarebbe stato necessario annunciarla al Sinai e inciderla su tavole di pietra. Infine, se il popolo avesse messo in pratica i princìpi dei dieci comandamenti, non sarebbero state necessarie le ulteriori disposizioni che Dio diede a Mosè.PP 303.2

    I discendenti di Adamo profanarono anche il sistema dei sacrifici rivelato ad Adamo. Superstizione, idolatria, crudeltà e dissolutezza alterarono i sacrifici semplici e significativi che Dio aveva istituito. Al Sinai, il Signore diede istruzioni precise sul rituale dei sacrifici perché gli israeliti, per molti anni in contatto con una cultura pagana, avevano inserito nel loro culto pratiche religiose estranee. Quando il santuario fu completato, il Signore parlò a Mosè dalla nube di gloria che si manifestava sopra il propiziatorio, e gli diede precise istruzioni riguardanti il rituale delle offerte e del culto che doveva essere osservato nel santuario. In questo modo Mosè ricevette la legge cerimoniale che poi trascrisse in un libro. I dieci comandamenti, annunciati al Sinai, erano stati scritti da Dio stesso su tavole di pietra, che vennero gelosamente conservate nell’arca.PP 303.3

    Molti cercano di confondere questi due sistemi legislativi, riferendo i testi che parlano della legge cerimoniale alla legge morale, per provare che quest’ultima è stata abolita. Ciò significa travisare le Scritture. Tra i due codici vi è una differenza profonda ed evidente. Il sistema cerimoniale era costituito dai simboli che preannunciavano il Cristo, la sua morte e il suo ruolo di sacerdote in cielo. Il rituale e i sacrifici prescritti da queste norme sarebbero stati osservati dagli ebrei finché l’intero simbolismo non fosse stato adempiuto dalla morte del Cristo, l’Agnello di Dio che porta su di sé le colpe dell’umanità. In quel momento, tutte le offerte sacrificali avrebbero dovuto cessare. È questa legge “l’atto accusatore” che il Cristo “ha tolto di mezzo inchiodandolo sulla croce”. Colossesi 2:14. Al contrario, a proposito dei dieci comandamenti il salmista dichiara: “In perpetuo, o Eterno, la tua parola è stabile nei cieli”. Salmi 119:89. Il Cristo stesso dice: “Non pensate ch’io sia venuto per abolire la legge... Io vi dico in verità...”. Questa espressione enfatizza l’affermazione successiva “...che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto”. Matteo 5:17, 18. Gesù affermava così l’importanza della legge di Dio e ne sottolineava la validità permanente. La sua autorità durerà finché esisteranno i cieli e la terra. La legge di Dio è immutabile come la sua sovranità: l’umanità sarà sempre sottoposta alla sua osservanza.PP 303.4

    Nehemia, a proposito della legge proclamata al Sinai, afferma: “E scendesti sul monte Sinai e parlasti con loro e desti loro prescrizioni giuste e leggi di verità, buoni precetti e buoni comandamenti”. Neemia 9:13. Paolo, l’apostolo dei Gentili, dichiara: “La legge è santa e il comandamento è santo e giusto e buono” (Romani 7:12) Egli non può che riferirsi al Decalogo perché questa è la legge che dice: “Non concupire”. Esodo 20:7.PP 304.1

    La morte del Salvatore ha certamente abolito il rituale simbolico profetico, ma non ha annullato assolutamente gli obblighi della legge morale. Al contrario, il fatto che sia stata necessaria la morte del Cristo per espiare la trasgressione della legge, ne prova l’immutabilità.PP 304.2

    Quanti affermano che il Cristo è venuto per abrogare la legge di Dio e per eliminare l’Antico Testamento considerano l’epoca giudaica un periodo oscuro, e la religione degli ebrei un insieme di forme e cerimonie vuote di significato. Questo è un errore. Ogni pagina della Bibbia contiene l’impronta del grande “Io Sono”, attraverso il racconto delle sue relazioni con il popolo eletto. La manifestazione della gloria e della potenza divina non fu mai così evidente come al Sinai, quando gli israeliti riconobbero Dio come Sovrano d’Israele e ricevettero i dieci comandamenti. Non fu una mano umana, a impugnare quello scettro: è impossibile descrivere quanto la grandiosa avanzata del Re degli ebrei attraverso il deserto sia stata imponente e maestosa. Gesù agiva per il Padre, in ognuna di queste dimostrazioni di potenza. Non solo con la nascita del Cristo, ma fin dalla caduta di Adamo e dalla prima promessa di un Redentore, attraverso tutta la storia: “...Iddio riconciliava con sé il mondo in Cristo...”. 2 Corinzi 5:19.PP 304.3

    Il Cristo era il fondamento e la figura centrale del sistema dei sacrifici, sia all’epoca dei patriarchi sia ai tempi dell’antico Israele. Dal momento in cui i nostri progenitori peccarono, non c’è stata più nessuna comunicazione diretta fra Dio e gli esseri umani. Il Padre ha affidato il mondo nelle mani del Cristo, perché agisse come intermediario. Gesù avrebbe salvato l’uomo e difeso l’autorità e la santità della legge di Dio. Ogni contatto fra il cielo e l’umanità colpevole si fonda sul Cristo. Fu il Figlio di Dio a consegnare ai nostri progenitori la promessa della redenzione; fu lui che apparve ai patriarchi, Adamo, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè che compresero il messaggio del Vangelo. Essi cercarono la salvezza attraverso un sostituto che si sarebbe offerto come garante dell’uomo. Questi uomini giusti e fedeli sono stati in contatto con il Salvatore che sarebbe venuto nel mondo per assumere la natura umana; alcuni di loro parlarono con il Cristo e con gli angeli a tu per tu.PP 304.4

    Il Cristo non fu solo la guida degli ebrei nel deserto — l’Angelo che portava il nome di Yahweh e che, nascosto nella nube, dirigeva la colonna degli israeliti — ma anche colui che comunicò la legge di Dio a Israele.7Il Cristo, la parola — E’ evidente, sulla base delle seguenti osservazioni, che colui che pronunciò la legge, che chiamò sul monte Mosè e parlò con lui, era il nostro Signore Gesù Cristo. Il Cristo è colui attraverso il quale Dio si è sempre rivelato all’uomo: “Nondimeno per noi c’è un Dio solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose e mediante il quale siamo anche noi”. 1 Corinzi 8:6. “Questi è colui che nell’assemblea del deserto fu con l’angelo che gli parlava sul monte Sinai, e co’ padri nostri, e che ricevette rivelazioni viventi per darcele”. Atti 7:38. Egli era l’Angelo della promessa di Dio (cfr. Isaia 63:9), l’Angelo che manifestava il nome dell’Eterno. Cfr. Esodo 23:20-23. Questa espressione può riferirsi soltanto al Figlio di Dio. E’ anche chiamato la Parola di Dio (cfr. Giovanni 1:1-3l) perché Dio si è rivelato all’uomo in tutte le epoche sempre attraverso il Cristo. Fu il suo spirito che ispirò i profeti. Cfr. 1 Pietro 1:10, 11. Egli venne rivelato loro come l’Angelo dell’Eterno, il Capitano dell’esercito del Signore, l’Arcangelo Michele.PP 305.1

    Al Sinai, in una grandiosa manifestazione di gloria, Gesù annunciò a Israele i dieci comandamenti e li consegnò a Mosè, incisi su tavole di pietra. Fu il Cristo a parlare al suo popolo attraverso i profeti. L’apostolo Pietro, scrivendo alla comunità dei primi cristiani, afferma che i profeti “...profetizzarono della grazia a voi destinata. Essi indagavano qual fosse il tempo e quali le circostanze in cui lo Spirito di Cristo che era in loro accennava, quando anticipatamente testimoniava delle sofferenze del Cristo, e delle glorie che dovevano seguire”. 1 Pietro 1:10, 11.PP 305.2

    La voce del Cristo ci parla attraverso l’Antico Testamento. “...La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia”. Apocalisse 19:10.PP 305.3

    Durante la sua vita terrena, nei suoi insegnamenti Gesù cercò spesso di attrarre l’attenzione degli uomini sull’Antico Testamento. Infatti, disse agli ebrei: “Voi investigate le Scritture perché pensate aver per mezzo d’esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendon testimonianza di me”. Giovanni 5:39. All’epoca i libri dell’Antico Testamento costituivano l’intera Bibbia. Gesù affermò anche: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltin quelli” e poi aggiunse: “...Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscitasse”. Luca 16:29, 31.PP 305.4

    Il Cristo diede agli israeliti anche la legge cerimoniale. Nonostante non dovesse più essere osservata, Paolo la presentò agli ebrei nel suo reale valore, spiegandone la funzione all’interno del piano della salvezza e i rapporti con l’opera del Cristo. Il grande apostolo definì questa legge gloriosa, degna del suo autore. Il solenne rituale del santuario rappresentava simbolicamente le grandi verità che sarebbero state rivelate alle generazioni future. La nube d’incenso che saliva ad accompagnare le preghiere d’Israele simboleggiava la giustizia del Cristo, la sola che può indurre Dio ad accettare le richieste degli uomini colpevoli. La vittima sanguinante sull’altare dei sacrifici raffigurava il Redentore futuro; infine, nel luogo santissimo risplendeva il segno visibile della presenza divina. Così attraverso secoli di tenebre spirituali, caratterizzati dall’apostasia, la fede in Dio si è mantenuta viva nei cuori degli uomini fino all’avvento del Messia promesso.PP 305.5

    Gesù era già la guida d’Israele e di tutta l’umanità, molto tempo prima di venire sulla terra, come uomo. Il primo barlume di luce che penetrò nell’oscurità con cui il male aveva avvolto il mondo, venne dal Cristo. Ogni relazione divina che abbia illuminato il cammino degli esseri umani proviene da lui. Nel piano della redenzione il Cristo è l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo.PP 306.1

    Da quando il Salvatore diede la vita per il perdono delle nostre colpe e ascese al cielo “per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi” (Ebrei 9:24), la croce del Calvario e il santuario del cielo hanno offerto agli uomini la visione di una verità meravigliosa. Questo tuttavia non ci dovrebbe indurre a disprezzare il valore dei simbolismi che un tempo prefiguravano il Salvatore. Il messaggio del Vangelo del Cristo ha reso chiaro il significato della religione ebraica e della legge cerimoniale. Quando Dio rivela una nuova conoscenza di sé, ciò che era noto in passato diventa più chiaro: nel suo rapporto con il popolo eletto, Dio esprime la natura del proprio carattere e delle proprie intenzioni. Aumentando la nostra capacità di comprensione spirituale, il Signore ci indica con maggiore chiarezza come in ogni tempo abbia agito per salvare l’uomo. Le parole della Bibbia acquistano così nuova bellezza e forza: studiando quelle pagine, ne siamo profondamente coinvolti.PP 306.2

    Molti ritengono che Dio abbia creato un muro di separazione fra gli ebrei e gli altri popoli: Egli avrebbe rivolto le sue attenzioni e il suo amore solo a Israele, dimenticando tutto il resto dell’umanità. Questo è falso. Il Signore non vuole che i credenti costruiscano una barriera che li separi dagli altri uomini. Il suo amore infinito abbraccia tutti gli abitanti della terra: Dio continua a sforzarsi di raggiungerli, di attrarli con il suo amore e la sua bontà, nonostante i loro rifiuti. Egli benedì il popolo eletto perché a sua volta rappresentasse una benedizione per tutta l’umanità.PP 306.3

    Dio scelse Abramo, ne fece un uomo ricco e stimato: la fedeltà del patriarca offrì un insegnamento per tutti coloro con cui entrò in contatto. Abramo non si isolò dalla gente che lo circondava: coltivò rapporti amichevoli con i re delle nazioni vicine, da cui ricevette segni di grande rispetto. L’onestà, l’altruismo, il coraggio, la benevolenza che dimostrò erano un’espressione del carattere di Dio. In Mesopotamia, in Canaan, in Egitto e perfino fra gli abitanti di Sodoma, il Signore del cielo fu conosciuto attraverso questo suo rappresentante.PP 306.4

    Nello stesso modo, Dio scelse Giuseppe per farsi conoscere in Egitto e in tutte le nazioni alleate con quel regno potente. Perché il Signore decise di affidare a Giuseppe un incarico politico così importante? Poteva seguire un’altra via, nel realizzare i suoi progetti per i figli di Giacobbe. Ma il Signore voleva fare di Giuseppe un suo testimone: l’alta posizione che egli ricoprì alla corte del faraone, doveva ampliare la portata del suo influsso. La saggezza di Giuseppe, il suo senso di giustizia, la sua condotta onesta e generosa, la dedizione dei suoi sforzi in favore degli egiziani — un popolo di religione pagana — rivelavano in lui il carattere del Cristo. In quel benefattore, a cui tutto l’Egitto manifestava riconoscenza, un’intera nazione poteva contemplare l’amore del Dio Creatore e Redentore. Anche Mosè fu una luce che il Signore accese davanti al trono del re più potente della terra, perché la gente del paese potesse conoscere il vero Dio. Il Signore si manifestò più volte agli egiziani, prima di pronunciare su di loro il suo giudizio.PP 307.1

    La liberazione d’Israele dalla schiavitù fu una straordinaria dimostrazione della potenza divina. La bellicosa popolazione della città fortificata di Gerico fu assalita dal panico. “Non appena l’abbiamo udito il nostro cuore s’è strutto” disse Rahab “e non è più rimasto coraggio in alcuno, per via di voi; poiché l’Eterno, il vostro Dio, è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra”. Giosuè 2:11. Alcuni secoli dopo l’esodo, i sacerdoti filistei invitarono il loro popolo a non opporsi al Dio d’Israele, ricordando le piaghe che avevano colpito l’Egitto.PP 307.2

    Dio scelse il popolo d’Israele, lo benedì e lo rese potente e temuto. Tuttavia, Egli non desiderava che gli ebrei ubbidissero alla legge per ricevere dei privilegi e diventare gli esclusivi beneficiari della grazia divina. Attraverso Israele, il Signore intendeva rivelarsi a tutta l’umanità.PP 307.3

    Per realizzare tutto ciò, Egli aveva ordinato agli ebrei di separarsi dalle popolazioni circostanti, dedite a pratiche pagane.PP 307.4

    Il culto degli idoli e i misfatti che accompagnavano questi riti erano ripugnanti per Dio: per questo motivo Egli ordinò agli israeliti di non unirsi ad altre nazioni per fare “quello che esse fanno”, dimenticando l’Eterno. Così, Egli proibì loro di sposarsi con persone di religione pagana, per paura che ciò potesse allontanarli da lui. Oggi, come allora, i credenti devono consacrarsi a Dio, evitando ogni influsso: è necessario che essi rifiutino tutto ciò che si oppone alla verità e alla giustizia. Il Signore respinge chi, nel suo nome, si chiude nell’orgoglio della propria giustizia, creandosi un ghetto da cui non potrà esercitare alcun influsso positivo sugli altri.PP 307.5

    In tutte le epoche, il compito dei discepoli del Cristo è offrire una testimonianza di fede al mondo, secondo l’esempio del loro Maestro. Il Salvatore, infatti, disse: “Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta; e non si accende una lampada per metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul candeliere ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa”, cioè al mondo. E poi aggiunse: “Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”. Matteo 5:14-16. È proprio quello che fecero Enoc, Noè, Abramo, Giuseppe e Mosè; questo è ciò che Dio desiderava dal popolo d’Israele.PP 308.1

    Satana si servì della durezza e dello scetticismo degli israeliti per impedire che diffondessero l’influsso divino sulle nazioni circostanti. Lo stesso spirito bigotto li indusse a seguire i riti perversi dei pagani o a rinchiudersi con orgoglio in un ghetto, nella convinzione che l’amore e le attenzioni di Dio fossero solo per loro.PP 308.2

    Oltre a presentare due leggi, una immutabile ed eterna, l’altra transitoria, la Bibbia parla di due “alleanze”. La prima è fondata sulla grazia, e fu stabilita all’Eden quando, dopo la caduta, Dio promise ad Adamo che la progenie della donna avrebbe schiacciato la testa del serpente. In base a questo patto, Dio offre a tutti gli uomini il perdono e l’aiuto della grazia di Dio. Attraverso la fede in Cristo, per l’uomo diventa possibile ubbidire alla legge divina e ad essa è anche vincolata la promessa della vita eterna. In questo modo, i patriarchi ricevettero la speranza di essere salvati. Lo stesso patto fu rinnovato ad Abramo con la promessa: “Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie”. Genesi 22:18. Queste parole si riferiscono al Cristo. Abramo ne comprese il significato (cfr. Galati 3:8, 16) e sperò in Cristo per il perdono delle sue colpe. Per questa fede egli fu considerato giusto.PP 308.3

    Tuttavia, l’alleanza tra Dio e Abramo non invalidò l’autorità della legge di Dio. Quando il Signore gli apparve, disse: “Io sono l’Iddio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii integro”. Genesi 17:1. La testimonianza che Dio offrì di quest’uomo fedele è riassunta nelle parole: “Abramo ubbidì alla mia voce e osservò quello che gli avevo ordinato, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi”. Genesi 26:5. Il Signore promise ad Abramo: “Fermerò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto perpetuo, per il quale io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie dopo di te”. Genesi 17:7.PP 308.4

    Sebbene Dio avesse già concluso un patto con Adamo, rinnovandone le promesse anche ad Abramo, la conferma definitiva dell’alleanza tra Dio e l’uomo si ebbe solo alla morte del Cristo. L’esistenza di questa alleanza risale al momento in cui il Creatore promise per la prima volta di salvare l’umanità. Nel corso dei secoli, alcuni credettero nella promessa divina: quando Gesù morì sulla croce, offrì la certezza del suo adempimento. Da allora, l’alleanza tra Dio e l’uomo è detta il “nuovo” patto. La legge di Dio ne costituiva il fondamento: tuttavia, essa era soltanto uno strumento destinato a permettere all’uomo di vivere in armonia con i princìpi divini. Quello che le Scritture chiamano il “vecchio” patto, fu stabilito fra Israele e Dio al Sinai, e venne ratificato con un sacrificio cruento. L’alleanza tra Abramo e il Signore, invece, fu definitivamente confermata dal sacrificio del Cristo. Viene detta, però, “secondo” o “nuovo” patto, perché il sangue con cui fu sancita venne versato dopo quello del primo patto. Tuttavia, il secondo patto era valido già ai tempi di Abramo: Dio stesso lo confermò con una promessa e un giuramento, “due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito”. Ebrei 6:18.PP 309.1

    Ma se il patto di Abramo implicava la promessa della redenzione, perché il Signore ne stipulò un altro al Sinai? Durante la schiavitù in Egitto, Israele aveva dimenticato quasi totalmente la fede dei padri e i princìpi su cui Dio aveva fondato la sua alleanza con Abramo. Nel liberare gli israeliti, il Signore tentò di far comprendere loro la sua potenza e il suo amore: desiderava conquistare la fiducia e l’affetto di quel popolo. Lo fece passare attraverso il mar Rosso — dove, inseguito dagli egiziani, sembrava non avesse via di scampo — perché comprendesse la sua totale impotenza e sentisse la necessità dell’aiuto divino e così lo liberò. Quell’intervento riempì gli israeliti di amore e gratitudine per il Signore: finalmente credevano davvero che li avrebbe aiutati. Liberandoli dalla schiavitù, il Signore li aveva uniti a sé.PP 309.2

    Gli uomini però, dovevano imparare una verità ancora più importante. Vivendo in un ambiente pagano, in mezzo alla corruzione, gli ebrei avevano una concezione della santità di Dio completamente alterata: non riuscivano a capire quanto la loro natura fosse corrotta. Erano incapaci di ubbidire alla legge di Dio e non capivano di avere bisogno di un Salvatore. Dovevano imparare tutto ciò.PP 309.3

    Allora Dio li condusse al Sinai. Con una grande manifestazione della sua gloria, diede a Israele i dieci comandamenti. In cambio dell’ubbidienza, promise grandi benedizioni: “Se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto... mi sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Esodo 19:5, 6. Gli israeliti non comprendevano di essere colpevoli: senza il Cristo era impossibile per loro osservare la legge di Dio. Ma pensavano di poter contare sulla loro giustizia e dichiararono: “...Noi faremo tutto quello che l’Eterno ha detto e ubbidiremo”. Esodo 24:7. Tremanti per il terrore, assistettero alla grandiosa proclamazione della legge; solo poche settimane dopo, infrangevano il patto stipulato con Dio e s’inchinavano ad adorare un idolo inanimato. Non potevano sperare nella protezione divina sulla base di un patto che avevano infranto: in quel momento si resero conto del loro stato di colpevolezza e sentirono il bisogno di essere perdonati. Capirono quanto fosse necessario il Salvatore promesso ad Abramo, simboleggiato dalle offerte del sacrificio. Un legame di fede e di amore li univa a Dio, che li aveva liberati dalla schiavitù del peccato: ora potevano apprezzare le benedizioni del nuovo patto.PP 309.4

    I termini dell’antico patto erano “ubbidisci e vivi”. “L’uomo che le metterà in pratica vivrà” (Ezechiele 20:11; cfr. Levitico 18:5); ma “maledetto chi non si attiene alle parole di questa legge, per metterle in pratica”. Deuteronomio 27:26. Il nuovo patto era fondato su “migliori promesse”: la promessa del perdono dei peccati e della grazia di Dio, che avrebbe trasformato la vita degli uomini, in armonia con i princìpi espressi nella legge sacra. “Questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni, dice l’Eterno: io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore... perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato”. Geremia 31:33, 34.PP 310.1

    La stessa legge che fu incisa sulle tavole di pietra viene scritta dallo Spirito Santo nella nostra coscienza. Non possiamo ritenere di essere giusti: dobbiamo fare nostra la giustizia del Cristo. Il suo sacrificio cancella le nostre colpe: Dio ci considera fedeli alla legge grazie all’ubbidienza di Gesù. La nostra coscienza, sotto l’influsso dello Spirito Santo, può dunque portare “i frutti dello Spirito”. Attraverso la grazia del Cristo, ubbidiamo ai princìpi che Dio ha impresso nelle nostre menti. Se abbiamo lo Spirito del Cristo, che per mezzo del profeta affermò: “Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore” (Salmi 40:8), vivremo seguendo il suo esempio. Quando si trovava sulla terra, Gesù disse: “Egli non mi ha lasciato solo, perché fo del continuo le cose che gli piacciono”. Giovanni 8:29.PP 310.2

    L’apostolo Paolo presenta in modo chiaro il rapporto che esiste nel nuovo patto tra la fede e la legge. Egli dichiara: “Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo...”. Romani 5:1. “Annulliamo noi dunque la legge mediante la fede? Così non sia; anzi, stabiliamo la legge”. Romani 3:31. “Poiché quel che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva debole” — cioè non può giustificare l’uomo perché con la sua natura peccaminosa egli non la può osservare, “Iddio l’ha fatto; mandando il suo proprio Figliuolo in carne simile a carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo spirito”. Romani 8:3, 4.PP 310.3

    La natura dell’opera di Dio è la stessa, in tutti i tempi: per quanto vi siano gradi diversi di sviluppo e manifestazioni diverse della sua potenza, essa soddisfa le necessità degli uomini in ogni epoca. La volontà di Dio a proposito della redenzione è stata rivelata in modo progressivo, attraverso l’epoca patriarcale, quella giudaica, fino a oggi. Il Salvatore, prefigurato dai riti e dalle cerimonie della legge ebraica è lo stesso rivelato nel Vangelo. Le nuvole che lo nascondevano agli occhi umani sono svanite, i simboli scomparsi: Gesù, il Redentore del mondo, si è rivelato. Colui che ha annunciato la legge sul Sinai e ha consegnato a Mosè le norme della legge rituale, è lo stesso che ha pronunciato il sermone sul monte.PP 311.1

    Il grande principio dell’amore per il Signore, che costituisce il fondamento della legge e del messaggio dei profeti, è solo una ripetizione di ciò che fu detto tramite Mosè al popolo ebraico: “Ascolta, Israele: l’Eterno, l’Iddio nostro, è l’unico Eterno. Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze”. Deuteronomio 6:4, 5. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Levitico 19:18. Alla base delle due dispensazioni vi è lo stesso Maestro. Le richieste di Dio sono le stesse; i princìpi dell’autorità divina sono gli stessi. Infatti, tutto proviene da lui “presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento”. Giacomo 1:17 (NR).PP 311.2

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