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Principi di educazione cristiana - Contents
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    Paolo, felice nel servizio

    Il fiero vigore e la forza intellettuale di un dottore della legge di Gerusalemme si unirono, nell’opera del Vangelo, alla fede e all’esperienza dei discepoli galilei. Cittadino romano, nato in una città pagana, giudeo non solo di nascita ma anche e soprattutto per educazione, per ardore patriottico e per fede religiosa, allevato a Gerusalemme dal più eminente dei rabbini, istruito in tutte le leggi e le tradizioni dei padri, Saulo da Tarso rappresentava totalmente l’orgoglio e i pregiudizi della sua nazione. Ancora giovane, diventò membro onorato del Sinedrio e fu da tutti considerato uomo dal grande avvenire, difensore zelante dell’antica fede.PEC 40.3

    Nelle scuole teologiche di Giudea la Parola di Dio era stata messa da parte e sostituita dalle speculazioni umane; era stata defraudata della sua potenza dalle interpretazioni e dalle tradizioni rabbiniche. Quei maestri si vantavano della loro superiorità, non solo sulle altre nazioni, ma anche sulle masse dei propri connazionali. Nel loro odio verso gli oppressori romani, essi nutrivano il proposito di riconquistare con la forza delle armi la loro supremazia nazionale. I seguaci di Cristo, il cui messaggio di pace era così contrario ai loro ambiziosi progetti, erano odiati e messi a morte. In questa persecuzione, Saulo fu uno dei più duri e inflessibili protagonisti.PEC 40.4

    Nelle scuole militari d’Egitto, Mosè aveva imparato la legge della forza. Questo insegnamento aveva avuto una così forte presa sul suo carattere che occorsero quarant’anni di quiete e di comunione con Dio e a contatto con la natura perché fosse reso idoneo a guidare Israele con la legge dell’amore. Anche Paolo doveva imparare la stessa lezione.PEC 40.5

    Alla porta di Damasco, la visione di colui che era stato crocifisso cambiò l’intero corso della sua vita. Il persecutore diventò un discepolo; l’insegnante diventò un allievo. I giorni di tenebre trascorsi a Damasco furono per la sua esperienza come anni interi. Gli scritti dell’Antico Testamento accumulati nella sua mente costituirono l’oggetto dei suoi studi e Gesù fu il suo maestro. Anche per Paolo la solitudine della natura divenne scuola di vita: egli infatti andò nel deserto dell’Arabia per studiarvi le Scritture e imparare da Dio; potè in tal modo svuotare il proprio spirito di tutti quei pregiudizi e di quelle tradizioni che avevano fin a quel momento plasmato la sua vita e attingere la sua istruzione direttamente dalla Fonte della verità.PEC 40.6

    Paolo, il più grande fra i maestri umani, accettò i doveri più umili come pure i più nobili. Egli riconobbe la necessità del lavoro manuale e di quello mentale impegnandosi come artigiano per il proprio sostentamento. Pur predicando ogni giorno il Vangelo nei grandi centri cittadini, egli continuò nel suo consueto lavoro di fabbricante di tende.PEC 41.1

    Paolo, in possesso di grandi doti intellettuali, fornì anche prova di rara saggezza. Nei suoi insegnamenti, come pure nella vita, illustrò princìpi ignorati dalle più eccelse menti del suo tempo. Ascoltate le parole che rivolse ai pagani di Listra, e notate come addita loro Dio rivelato nella natura, fonte di ogni bene, che dà “piogge e stagioni fruttifere, ... cibo in abbondanza e letizia”. Atti 14:17.PEC 41.2

    Osservatelo nel carcere di Filippi dove, nonostante il dolore delle percosse ricevute, il suo canto di lode rompe il silenzio della notte. Dopo che un terremoto ha spalancato le porte del carcere, la sua voce si leva ancora per rivolgere parole d’incoraggiamento al carceriere: “Non farti del male, perché siamo tutti qui”. Atti 16:28. Ogni prigioniero, infatti, è al proprio posto, trattenuto dalla presenza di Paolo. E il carceriere, convinto della realtà di quella fede che sostiene l’apostolo, chiede quale sia la via della salvezza; e con la sua famiglia si unisce alla schiera dei perseguitati discepoli di Cristo.PEC 41.3

    Guardatelo ad Atene, nell’Areopago, dove oppone scienza a scienza, filosofia a filosofia, logica a logica. Notate con quale tatto, con quanta cortesia, frutto dell’amore di Dio, egli presenta il Signore come il “Dio sconosciuto” che i suoi uditori hanno adorato senza forse rendersene conto; e come, con parole prese da uno dei loro poeti, egli definisce questo Dio il padre del quale essi tutti sono i figli.PEC 41.4

    Uditelo alla corte di Festo, quando re Agrippa, convinto della verità del Vangelo, esclama: “Per poco non mi convinci a farmi cristiano” e con quanta sensibilità e cortesia Paolo, indicando le proprie catene, replica: “Faccio voti a Dio che, presto o tardi, non solo tu ma anche tutti coloro che oggi mi ascoltano, diveniate come appunto sono io, salvo queste catene”. Atti 26:28, 29 (Concordata).PEC 41.5

    Nel servizio egli trovò la gioia, e alla fine della sua vita di duro lavoro, nel rievocare le lotte e le vittorie, potè dire: “Ho combattuto il buon combattimento...”. 2 Timoteo 4:7.PEC 41.6

    Queste storie sono di vitale interesse e di grande importanza soprattutto per i giovani. Mosè rinunciò alla prospettiva del regno; Paolo ai vantaggi della ricchezza e dell’onore fra il suo popolo. A molti la vita di questi uomini può sembrare piena soltanto di rinunce e sacrifici. Fu davvero così? Mosè stimò gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto. Paolo disse: “Ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo. Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo”. Filippesi 3:7, 8.PEC 41.7

    A Mosè furono offerti il palazzo di faraone e il trono; ma presso quelle corti sfarzose c’erano piaceri immorali che portano l’uomo a dimenticare Dio, ed egli preferì “i beni duraturi e la giustizia”. Proverbi 8:18. Anziché legarsi alla grandezza dell’Egitto, Mosè scelse di consacrare la propria vita al programma di Dio; piuttosto che promulgare leggi per l’Egitto, egli diventò uno strumento nelle mani di Dio per dare al mondo quei princìpi che rappresentano la base del benessere per la famiglia e la società, princìpi oggi riconosciuti dai più eminenti uomini del mondo, come l’espressione di quanto di meglio ci possa essere nei governi umani. La grandezza dell’Egitto è nella polvere; ma l’opera di Mosè non può andare distrutta, perché i grandi princìpi di giustizia, ai quali egli consacrò l’esistenza, sono eterni.PEC 42.1

    La vita faticosa e densa di preoccupazioni vissuta da Mosè fu illuminata dalla presenza di colui che “si distingue fra diecimila” e la cui “persona è un incanto”. Cfr. Cantico dei Cantici 5:10; Cantico dei Cantici 5:16. La sua vita fu benefica e benedetta sulla terra, e onorata in cielo.PEC 42.2

    Anche Paolo, nelle sue molteplici attività, fu sorretto dalla forza consolatrice della presenza di Cristo. “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13), egli disse. Era una gioia futura quella alla quale Paolo guardava come ricompensa alle sue fatiche, la stessa che spinse Cristo ad affrontare la croce e a disprezzare l’infamia: la gioia di vedere il risultato dell’opera svolta. Ai credenti di Tessalonica l’apostolo scriveva: “Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand’egli verrà? Sì, certo, voi siete il nostro vanto e la nostra gioia”. 1 Tessalonicesi 2:19, 20.PEC 42.3

    Chi può valutare gli effetti che ebbe per il mondo l’opera di Paolo? Quanto è dovuto alla predicazione di Paolo e dei suoi collaboratori, nei loro viaggi spesso inosservati dall’Asia alle coste d’Europa? Quanti benefici influssi che alleviano le sofferenze, che confortano nel dolore, che frenano il male, che nobilitano la vita sottraendola all’egoismo e alla sensualità ma la glorificano con la speranza dell’immortalità, derivano dal Vangelo del Figlio di Dio? Quale gioia nella vita è maggiore di quella che scaturisce dalla consapevolezza di essere stati strumenti di Dio? Quale gioia, nell’eternità, sarà maggiore di quella di colui che vede il risultato di una simile opera?PEC 42.4

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